Esistono artisti che lasciano un profondo segno nell’anima di chi osserva le loro opere, in virtù di una rara capacità di andare a muovere quelle corde profonde che vibrano nel silenzio della contemplazione, nell’intimità di un momento di correlazione, di congiunzione, con quanto lo sguardo riceve. Paolo Salvati, con la sua facoltà di trasformare i colori in accordi lirici, come se fossero delicate parole in prosa che si susseguono l’una a l’altra per raccontare i suoi attimi di immersione in quella interiorità che doveva avere una voce, traccia un segno indelebile nella pittura della seconda metà del Novecento.
La natura creativa di Paolo Salvati si pone a metà tra Impressionismo ed Espressionismo, due movimenti artistici apparentemente ben distinti e separati, quanto meno nell’intenzione del gesto creativo, realtà esteriore ed esterna che pervade l’interiorità caratterizzante l’Impressionismo, talmente veloce nella gestualità da necessitare piccoli tocchi di colore per dare poi la sensazione finale, mentre impulso emotivo puro, dall’interno verso l’esterno, l’Espressionismo, dove la realtà era filtrata e rappresentata attraverso lo sguardo dell’anima, del senso, dell’interno di sé che voleva esprimersi sulla tela. Colori che nell’immagine finale erano il più fedeli possibile a quelli reali, nel caso dell’Impressionismo, opposti a quelli intensi, denaturati e riletti con l’impeto interiore quelli dell’Espressionismo, a volte forti e aggressivi proprio per non mettere confini al sentire.
La sintesi di questi due importanti movimenti pittorici sembra materializzarsi nelle poetiche opere di Paolo Salvati, dove la bellezza, la luce, l’estetica della natura, di quei paesaggi cari all’artista, vengono raccontati come se fossero una manifestazione irresistibile del suo animo delicato, morbido, meditativo ma al tempo stesso vivace e appassionato.
I suoi paesaggi sono scorci emotivi, scrigni di ricordi di istanti vissuti e al tempo stesso rappresentazioni di una natura rasserenante, avvolgente, soffice perché in perfetta armonia tra ciò che il suo occhio osservava e ciò che lo spirito riceveva sotto forma di emozionante palpito, di carezza a quell’amore per le cose semplici che rendono la vita più bella.
È un percorso volto al positivo quello di Paolo Salvati, un’innata capacità di vedere il lato migliore delle cose per esprimere la quale la gamma di tonalità è lieve e luminosa, avvolgente, a volte tenue, come nell’opera Sogno di donna, in cui l’emozione non ha confini, dove la dimensione magica del sogno, termine che torna spesso nei titoli dell’artista, ha bisogno di trovarsi sospesa in un indefinito senza spazio né tempo, immersa nella calma delle sfumature del rosa, silenziosa nell’atmosfera riflessiva che il dipinto suscita.
Il blu è altro colore primario nelle sue tele, tono che racconta con incalzare lirico le sensazioni di quiete che si imprimono nelle riproduzioni di angoli di quel mondo familiare, di quei luoghi indimenticabili, in cui tutto è sensazione, suggestione, memoria e pace interiore; Albero blu, forse la sua opera più celebre, è un racconto per immagini della poesia di un attimo, un paesaggio realistico per descrivere il quale è stato necessario modificare l’oggettività di ciò che lo sguardo normalmente vede per filtrarlo e manifestarlo con ciò che il senso riceve e interpreta.
Non si può parlare delle opere di Salvati senza agganciarsi alla soggettività, all’interpretazione melodica che egli stesso ne fa, perché in fondo, sembra suggerire l’artista, ciò che ci ruota intorno si modifica in base a come lo riceviamo, a come lo guardiamo attraverso la nostra anima, e di conseguenza diviene nostra la scelta di come affrontare quell’incredibile cammino che è la vita. Dedicata completamente, anzi per meglio dire messa al servizio dell’arte la sua di vita, lui che ne ha sperimentato le varie derivazioni anticipando ciò che oggi rappresenta il futuro della creatività, quella capacità trasversale di misurarsi con varie tecniche – dal ritratto al disegno, dalla miniatura al restauro per cornici su base lignea e argento in foglia, fino a diventare maestro liutaio per chitarra classica da concerto -. La sua poliedricità, la capacità di rialzarsi dalle cadute che l’esistenza gli ha imposto, ne hanno accresciuto la grandezza espressiva, simbolo di un sentire profondo, di un interiorizzare e riflettere sull’inevitabile realtà delle cose e sull’esigenza di accettarle e apprendere a danzare secondo il loro ritmo, di guardare oltre il momento presente per intravedere il positivo che arriverà a cambiare tutto. Il cammino segnato da Paolo Salvati è una traccia indelebile nell’arte italiana del Novecento, un artista grande, intenso, voce solista e protagonista dell’amata città eterna che gli ha dato i natali e che ha assistito, dopo il ritorno dalla Sardegna, all’esplosione creativa, che lo ha ignorato, poi intravisto e infine celebrato come cittadino illustre ed emblema di un Espressionismo più intimo, più delicato, più morbido ma decisamente incisivo e certamente unico.
Così tanto unico da essere il solo artista ad aver avuto l’onore di vedere una sua opera sul muso della Ferrari F430, il ritratto dal titolo Isabò della serie UNICA prodotto per il progetto Bottiglie d’Autore creato dall’imprenditore italiano Ivo Lenci.
Dalla sua scomparsa avvenuta nel 2014, gli eredi Andrea e Francesca curano la certificazione e catalogazione dell’opera del Maestro Paolo Salvati, Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, Cavaliere del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio ramo di Spagna; dal 2009 a oggi le sue opere sono presenti sul Catalogo dell’Arte Moderna Giorgio Mondadori Gli Artisti Italiani dal Primo Novecento ad Oggi, e dal 2013 su Enciclopedia d’Arte Italiana.
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