ROMA – Oggi ricorre il quindicesimo anniversario della morte di Giovanni Paolo II. Erano le 21,37 del 2 aprile del 2005 quando Papa Woiyjla ci lasciò dopo giorni di intense sofferenze.
Karol Wojtyla è stato uno dei pontefici più amati dei tempi moderni. Nacque in Polonia, a Wadowice, il 18 maggio del 1920. Ordinato sacerdote nel 1946, a Roma conseguì un dottorato in teologia. Nel 1948 tornò in Polonia e dieci anni dopo, Papa Pio XII lo nominò Vescovo Ausiliare di Cracovia. Fu Arcivescovo di Cracovia nel 1964; partecipò al Concilio Vaticano II. Cardinale nel 1967 e fu eletto Papa nel 1978. “Se sbaglio mi corriggerete”. Cominciò on queste parole l’avventura al soglio pontificio di Karol Wojtyla. Durante il suo Pontificato si effettuò 146 visite pastorali in Italia e sopravvivere a un grave attentato il 13 maggio del 1981 in piazza San Pietro. Il 27 aprile 2014, Papa Francesco lo ha proclamato Santo, iniseme a Giovanni XXIII.
In una intervista rilasciata a Vatican News Monsignor Comastri, vicario del Papa per la Città del Vaticano ha definito Giovanni Paolo II “un credente convinto, coerente, illuminato dalla Fede”.
“Sapeva che la vita è una veloce corsa verso la Grande Festa: la Festa dell’abbraccio con Dio -ha proseguito-. Per questo, anche nei momenti più duri, come il momento dell’attentato, non aveva mai perso la serenità, perché aveva sempre davanti la meta della vita. Oggi molti non credono più nella meta della vita. Per questo motivo vivono il dolore con disperazione: perché non vedono al di là del dolore. Il dolore indubbiamente fa paura a tutti, ma quando è illuminato dalla fede diventa una potatura dell’egoismo, delle banalità e delle frivolezze. Giovanni Paolo II è stato un vero maestro del dolore redento dall’Amore e trasformato in antidoto dell’egoismo e in redenzione dell’egoismo umano. Ciò è possibile soltanto aprendo il cuore a Gesù”.
Comastri ha ricordato come l’ultima Pasqua di Giovanni Paolo II fu segnata dalla malattia. “L’ultimo Venerdì Santo di Giovanni Paolo II, ormai privo di forze, teneva il Crocifisso con le sue mani e lo guardava con stringente amore e si intuiva che diceva: “Gesù, anch’io sono in croce come te, ma insieme a te aspetto la Risurrezione”. I santi sono vissuti tutti così”.
Alla domanda se Giovanni Paolo II gli avesse rivolto una parola che oggi può essere vista come un segno di speranza per le persone nel mondo che soffrono, Comastri ha ricordato quando nel marzo 2003, Giovanni Paolo II lo invitò a predicare gli Esercizi Spirituali alla Curia Romana. Al termine degli Esercizi, gli donò una croce e aggiunse: “Anche lei avrà la sua croce: la trasformi in amore. Questa è la saggezza che illumina la vita”.
Noi vogliamo ricordare San Giovanni Paolo II con la preghiera pronunciata nel corso della Santa Messa nel Capitol Mall di Washington il 7 ottobre 1979, nel corso della sua visita pastorale celebrata negli Stati Uniti.
Una preghiera che oggi, in tempo di Pandemia, é attuale più che mai.
“Ci alzeremo in piedi ogni volta che
la vita umana viene minacciata…
Ci alzeremo ogni volta che la sacralità della vita
viene attaccata prima della nascita
Ci alzeremo e proclameremo che nessuno ha
l’autorità di distruggere la vita non nata…
Ci alzeremo quando un bambino viene visto
come un peso
o solo come un mezzo per soddisfare un’emozione
e grideremo che ogni bambino
è un dono unico e irripetibile di Dio…
Ci alzeremo quando l’istituzione del matrimonio
viene abbandonata all’egoismo umano…
e affermeremo l’indissolubilità del vincolo coniugale…
Ci alzeremo quando il valore della famiglia
è minacciato dalle pressioni sociali ed economiche…
e riaffermeremo che la famiglia è necessaria
non solo per il bene dell’individuo
ma anche per quello della società…
Ci alzeremo quando la libertà
viene usata per dominare i deboli,
per dissipare le risorse naturali e l’energia
e per negare i bisogni fondamentali alle persone
e reclameremo giustizia…
Ci alzeremo quando i deboli, gli anziani e i morenti
vengono abbandonati in solitudine
e proclameremo che essi sono degni di amore,
di cura e di rispetto”
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