Non va in scena il ‘bis’ dello strappo avvenuto in Europa, col partito spaccato in due e la leader Pd che per un solo voto non è finita in minoranza, una ‘ferita’ che Schlein e i suoi fedelissimi hanno voluto sanare inserendo nella risoluzione il cuore dell’intervento che la segretaria aveva tenuto alla direzione Pd del 27 febbraio: “Sì alla difesa europea, no al riarmo dei singoli Stati” e, appunto, quel piano di riarmo da cambiare “radicalmente”. Il livello di scontro raggiunto nei giorni scorsi ha pesato, l’evocazione di un congresso anticipato ha probabilmente convinto la minoranza a non cercare un’altra rottura, che a questo punto rischiava di essere non sanabile. Tanto più che Antonio Decaro, il possibile candidato da opporre a Schlein, è uscito con una dichiarazione in cui l’ha definita “segretaria autorevole, pienamente titolata a terminare il suo mandato”.
Una precisazione, ha voluto chiarire, necessaria “perché da qualche giorno, come è successo in altre occasioni, si fa il mio nome come possibile candidato alla segreteria del partito”. Fatto sta che la minoranza stavolta preferisce vedere il bicchiere mezzo pieno, valorizza gli apprezzamenti al ‘Libro bianco’, come pure la sostanziale presa d’atto che ci saranno “aumenti” della spesa militare – nel passaggio in cui si precisa che i fondi di coesione non possono essere usati per questo scopo. E sul quel piano di riarmo da cambiare “radicalmente” si sorvola: “Un avverbio non si nega a nessuno”, minimizza un dirigente della minoranza. “Però non c’è scritto che impegniamo il governo a dire no”, aggiunge un altro.
Qualcuno, a microfoni spenti, non nasconde l’insofferenza: “Abbiamo fatto quella sparata a Bruxelles e ora ci accontentiamo di questo”, si sfoga un parlamentare. La maggioranza è soddisfatta, perché anche se il documento contiene un po’ di tutto alla fine la segretaria può rivendicare di avere mantenuto il passaggio che le stava più a cuore. “Per noi va bene. La minoranza ha capito che eravamo a un centimetro dalla rottura…”, commenta un esponente della maggioranza. Si vedrà quanto reggerà la tregua. Resta il nodo della linea da tenere sulle mozioni degli altri partiti di opposizione. Il Pd darà indicazione di astenersi, ma diversi già fanno sapere che le cose non sono così semplici: tra i riformisti molti potrebbero votare no almeno su qualche passaggio del documento M5s e lo stesso potrebbe accadere tra le file della maggioranza sui testi di Azione e Iv.
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