“Il nuovo singolo estratto dal mio ultimo album, lo trovo in qualche modo in sintonia con i tempi che stiamo vivendo, pur essendo un brano scritto almeno quattro anni fa”
Da venerdì 11 dicembre è disponibile in rotazione radiofonica “Pianeta meraviglioso”, il nuovo singolo di Marco Sanchioni, estratto dal suo ultimo album “La pace elettrica”. Racconta di quando da bambini viviamo la vita con innocenza ma anche con ingenuità, ed è da adulti che cominciamo a comprendere dove siamo capitati e quali dinamiche regolano la vita degli umani nel mondo. Viviamo dunque si, su un pianeta bellissimo, ma anche pieno di paure, incomprensioni, contraddizioni ed ipocrisie volte a deprimerci e disorientarci, ma soprattutto a dividerci.
Marco Sanchioni ci ha gentilmente concesso un’intervista.
“Pianeta Meraviglioso” è il tuo nuovo singolo, come nasce?
Ho scritto questo brano circa quattro anni fa. E’ una delle tante riflessioni che faccio tramite mio modo di percepire gli altri ed il mondo e che amo riportare nelle canzoni che scrivo. In questo caso andava di porre attenzione a quanto, lungo il cammino della vita, ci accorgiamo del senso di compromesso a cui spesso dobbiamo sottostare, ma senza mai abbandonare la speranza che la connessione con la vita, quella vera, sia sempre possibile.
Quale messaggio vuoi far trasparire da questo brano?
A seguito di ciò che dicevo prima, direi prendere atto di un mondo percepito in età acerba come bellissimo ma che poi crescendo rivela tutti i suoi lati oscuri
Il videoclip ufficiale del brano è diretto da Raffaele Filippetti e Mirco Cancellieri. Come si caratterizza?
Non avevo le idee molto chiare inizialmente su come sviluppare l’idea. Poi ho pensato che una diatriba sul mondo tra una bimba ed un adulto fosse una buona metafora da trasporre al brano. Mi sono affidato a Raffaele e Mirco che hanno saputo ben trasporre le idee che avevo dentro il videoclip
Come nasce la tua passione per la musica?
Canto fin da bambino, per la musica ho di fatto avuto un’attrazione naturale; il mio giocattolo preferito era il mangiadischi. Poi quando ho cominciato a strimpellare la chitarra e inventarmi le prime acerbe composizioni, ho compreso quanto lo strumento della scrittura potesse diventare importante, ed ho cominciato a scrivere con impegno e dedizione facendo tesoro di tutto il bagaglio musicale e letterario che avevo immagazzinato e su cui ho improntato il mio stile.