ROMA – “Che l’ape mellifera non sia domestica, né domesticabile, lo sanno persino i bambini, basti pensare all’incontrollabile fenomeno della sciamatura! Ma che per la salvaguardia delle api italiane la comunità scientifica abbia scelto di scartare proprio le Organizzazioni nazionali degli apicoltori lo troviamo un gesto di pessimo gusto, di scarsa lungimiranza e persino in contrasto con la legislazione vigente”.
Questo il commento di Raffaele Cirone, presidente della FAI-Federazione Apicoltori Italiani, sigla storica dell’apicoltura nazionale e da sempre mobilitata in favore dell’Ape italiana, della sua difesa e della sua diffusione nel mondo. Un commento che trova sponda nella corale presa di posizione delle principali rappresentanze dell’apicoltura nazionale.
“La Carta di San Michele all’Adige – precisa il presidente della FAI – mette in discussione la legislazione apistica italiana ed europea e trascura il fatto che se l’Italia vanta un patrimonio apistico di oltre 1 milone di alveari e 50 miliardi di api, lo si deve a generazioni di apicoltori che si sono battuti contro calamità d’ogni genere, compresa l’indifferenza verso questa complicata professione”.
Polemica di cui, in un momento storicamente difficilissimo per l’apicoltura italiana, non c’era francamente bisogno.
“Questa sembra più la carta di chi – ricorda il presidente della Federazione Apicoltori – vorrebbe opzionare i ricchi finanziamenti che l’ape, a dispetto dei suoi allevatori ed estimatori, ha convogliato e ancora convoglierà alla ricerca scientifica italiana e internazionale”.
Visione miope, che merita di essere al più presto corretta.
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