Daurija Campana non è nuova alle patrie lettere. Ha già al suo attivo varie pubblicazioni monografiche di poesia: La casa di paglia (2013), L’ultima campana (2021) e la più recente Sola tra memoria e dolore (2023), con accurato saggio introduttivo di Enzo Concardi.
La presente raccolta rientra in un progetto più articolato di questa Casa Editrice, la collana dedicata al Parallelismo delle Arti: la pittura può risultare poesia muta e la poesia, pittura parlante. Per secoli sono prevalsi i principi dell’arte poetica di Orazio e l’assioma di Simonide di Ceo, riferito da Plutarco. Dalla stagione del simbolismo, che non ha ancora cessato oggi di influenzare e sollecitare tanta parte della letteratura e dell’arte contemporanea, il sodalizio tra artisti e poeti si è ripetuto in vari momenti delle “avanguardie” storiche, in cui l’incidenza del messaggio scritto del poeta risultava in parallelo con l’immagine visiva e ne rivelava, nel linguaggio formale, le più profonde significazioni.
Fino a che punto la presenza di un testo poetico può incidere sull’atteggiamento di un artista e viceversa su parallele e concomitanti fonti di ispirazione? Se da una parte ogni artista e poeta rimane fedele a se stesso, dall’altra non si può ignorare quanto la letteratura del passato e contemporanea abbiano sollecitato e illuminato le motivazioni di tanta ispirazione artistica e letteraria. La collana Parallelismo delle Arti nasce con l’intento di accostare per somiglianza un gruppo di poeti – con la scelta dei testi più significativi – attraverso fonti di ispirazioni parallele con un altrettanto gruppo di artisti contemporanei. L’obiettivo è quello di chiarire la condivisione di comuni intenti tra autore e artista, dove le tematiche del poeta sono messe in parallelo alla fonte di ispirazione del pittore: il tema dell’amore, della natura, della memoria, del dolore, della maternità, degli affetti familiari. Già Mario Praz nel suo studio Mnemosine aveva teorizzato il significato del Parallelismo delle Arti e questa collana intende suggerire una chiave di lettura simultanea, affidata alla sensibilità del lettore: «scopo dell’artista è di fare risplendere una forma sulla materia» (Jacques Maritain).
Se poi il poeta e l’artista figurativo coincidono nella stessa persona come nel caso di Daurija Campana, il percorso assume un significato più intrinseco dove i segmenti poetici offrono una dose di suggestione per cui i vari sentimenti si alternano e si mescolano con sapienti pennellate: la nostalgia per il passato, per l’amore finito che non può ripetersi, la presenza impalpabile del padre ormai scomparso ma sempre presente nella sua vita quotidiana, la liricità della natura sentita fortemente nei suoi palpiti atmosferici, quel senso di angoscia ormai stratificata negli abissi della propria coscienza interiorizzata e che trascende il senso della caducità delle cose e dell’umana esistenza. Come osserva Enzo Concardi: «Una poesia che in generale gioca sul contrasto assenza-presenza di chi non c’è più: assenza fisica, corporale ma presenza spirituale e memoriale. È sempre una condizione esistenziale di dolore che non trova vie d’uscita»: «…E venivo con l’angoscia nel cuore:/ piangendo ti parlavo di mio padre,/ e pregavamo insieme che guarisse…» (Il lago).
La tormentata ricerca interiore di Daurija Campana trova la giusta misura attraverso un intimo richiamo alla poesia ma anche alla pittura, che si anima come fonte di vita. Diventa espressione di un’anima che lotta tra sentimento e ribellione, sofferenza e recuperi di pensiero e spiritualità ai margini del rifiuto, ma anche amore per la vita, nonostante le difficoltà che essa propone come elemento purificativo. C’è il desiderio di trascendere gli elementi stessi dell’esistenza per giungere a dare di questi elementi la parte più intima del loro senso. Si legga la lirica Cade la pioggia: «Il cielo è sereno, cade la pioggia,/ oggi il sorriso è turbato dal pianto,/ il viso riga scendendo la goccia,/ l’animo giace perduto ed affranto…».
Se in alcune liriche le immagini autobiografiche denotano particolari stati d’animo in altre assumono valori che rivelano una lucidità intellettuale di chi non si scoraggia. Daurija Campana costruisce la sua arte utilizzando tematiche di estrazione classica: l’amore, la morte, l’eterno, la natura, la memoria che però ella arricchisce con la sua sensibilità squisitamente femminile. Così anche i dipinti presi in rassegna in questa monografia assurgono a una maggiore incisività del suo dettato artistico. A titolo di esempio si notino i vari dipinti dove l’autrice sembra prediligere la figura umana femminile: La verità (che poi è anche la copertina del volume Sola tra memoria e dolore) ma anche Sentieri, Autoritratto, Timidezza, La lettura, Primavera, Il broncio. Figure umane nella loro plasticità, colori caldi e pastosi, tratti ben delineati dove la morbidezza e la sensualità di alcune forme rimandano a una realtà liricamente sentita, che trascende la determinazione fisica.
Arte come vita per Daurija Campana, in simbiosi con un atteggiamento e attitudine riflessiva, la quale si traduce spesso in una visione pessimistica ma seppure non frequentemente, lascia aperto lo spiraglio alla via della speranza. Il disegno sicuro e robusto, coagulato nell’impasto cromatico, nella sua stessa intrinseca lucidità intellettuale, che dell’opera sostiene gli equilibri e i rapporti spaziali, riappare nella tensione psicologica dell’immagine, nella sua sintetica espressività. Così la Campana si fa testimone dell’anima delle cose, in una pittura che segue in parallelo l’ispirazione letteraria in un’arte che si rinnova non in maniera esternamente clamorosa, bensì nell’interno: nell’accostarsi cioè con amore all’oggetto, al paesaggio, alla natura, alla persona. E lo fa in modo silenzioso e delicato. Si guardino ad esempio le pitture: Odette, Il lago, Alba sul viale dove la morbidezza delle forme, il caldo luminismo che unisce e fonde le tenui immagini della natura e delle cose rapiscono il lettore.
Emblematica e significativa è la suddivisione in quattro parti della presente monografia come a indicare quattro fasi ben distinte del proprio percorso interiore ma anche artistico: Qualcosa di nuovo, Qualcosa di vecchio, Qualcosa di blu, Qualcosa di prestato, una raccolta di liriche inedite ma anche una miscellanea di testi già pubblicati in precedenza. Dove ad esempio il colore Blu rappresenta lo stato d’animo dell’autrice: «Ti ho scelto tra tutti i colori/ per dipinger la mia anima/ e le ferite del mio cuore/ ancora non cicatrizzate. // Ti ho preferito perché prezioso, / da usar con sobria parsimonia/ pregiato e non sostituibile./…/ Rendi profondo il mare calmo,/ infinito un pezzo di cielo,/ angosciato il mio piccolo mondo» (Blu), come anche tutto in Blu è il quadro Timidezza.
Numerose sono le composizioni dedicate al padre, in generale nella produzione letteraria della nostra autrice e nel dipinto Mio padre, lo raffigura alla guida del suo trattore mentre coltiva la sua terra.
E per lo scrivente prefatore accomunato dallo stesso destino dell’autrice, non può rimanere immune da tanta “elegiaca sofferenza”. Daurija Campana crede nella vita perché crede nella poesia. Per dirla alla Umberto Saba, un autore che credeva nella poesia e nella vita, e credeva nella poesia perché credeva nella vita: «… d’ogni male/ mi guarisce un bel verso…» (U. Saba, Finale).
Michele Miano
L’AUTRICE
Daurija Campana, nata a Meldola (Forlì), si è laureata con lode in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Bologna. Poetessa e pittrice, vive ed insegna a Cesena. Ha pubblicato le raccolte di poesie La casa di paglia (2013), L’ultima campana (2021), Sola tra memoria e dolore (2023) e il saggio Gli ebrei a Forlì tra il XIV e il XVI secolo (2013).
SCHEDA DEL LIBRO
Daurija Campana, Qualcosa di nuovo, qualcosa di vecchio, qualcosa di blu, qualcosa di prestato, prefazione di Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 80, isbn 979-12-81351-41-7, mianoposta@gmail.com.