Ravenna, sequestrati 26 mila maglioni con falso “Made in Italy”

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Ravenna, falso made in ItalyIndagati due imprenditori italiani e due cittadini di origine cinese

RAVENNA – La Guardia di Finanza di Ravenna ha individuato e sequestrato il contenuto di 2 container, di cui uno importato dalla Cina al porto della città romagnola, con 26.000 maglioni messi in commercio, dopo la mera sostituzione dell’etichetta, come capi d’abbigliamento di produzione italiana anche in ignare boutique.

Quattro gli indagati: A. Z., imprenditore bolognese di 61 anni, L. S., imprenditore carpigiano di 30 anni e due cittadini di origine cinese, M.B. di 42 anni e X.Z. di 48 anni. Secondo le verifiche dei finanzieri avevano acquistato dalla Cina due lotti di maglie per un prezzo medio di circa 13 euro cadauno. I prodotti, una volta giunti in Italia, sono stati poi abilmente “trattati” con la sola sostituzione dell’etichetta di origine (al prezzo di 80 centesimi a maglione) e messi in vendita a prezzi variabili da 60 euro (prezzo rilevato in outlet), a 90 euro (in un negozio d’abbigliamento della Provincia di Ravenna), fino a 150 euro (in una boutique di Roma nei pressi dei Parioli).

Il valore stimato della merce all’importazione era di circa 350.000 euro; la vendita sul mercato avrebbe fruttato circa due milioni e mezzo di euro. Tutto si è innescato quando, durante il controllo di un container i militari della Guardia di Finanza hanno voluto verificare l’operazione commerciale dichiarata: l’importazione prevedeva l’acquisto di circa 13.000 maglioni composti da lana (al 50%), viscosa (al 40%) e cachemire (al 10%) contenuti in un container. Il riscontro sulle merci in importazione confermava quanto dichiarato nonché la corretta indicazione d’origine – “Made in China” – riportata sull’etichetta cucita sul collo.

A quel punto la curiosità dei finanzieri è stata però attirata dal filo di cotone che si estendeva oltre la cucitura dell’etichetta, quasi fosse un difetto di produzione. Tirando la parte in eccedenza sembrava poi che l’etichetta si sfilasse, come si staccasse dal collo del maglione. Da quel momento, grazie anche alle banche dati informatiche a disposizione della Guardia di Finanza, è stata ricostruita la filiera di consegna della merce e tracciati tutti i passaggi commerciali.

Riferiti i preliminari riscontri sul disegno truffaldino scoperto, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ravenna ha disposto prima le perquisizioni nelle aziende coinvolte – una nota società di capitali della provincia di Bologna da sempre operante nel settore della produzione di maglieria “Made in Italy” ed una società a responsabilità limitata di finissaggio di Carpi – e poi il sequestro dei capi distribuiti e messi in vendita su tutto il territorio nazionale (con esclusione del solo Molise) con la falsa indicazione di provenienza.

Le indagini, svolte in stretta collaborazione con i Reparti della Guardia di Finanza di Bologna e Carpi, hanno permesso di ricostruire anche un’altra importazione di analogo tipo – circa 13.000 maglioni “Made in China” trasformati abilmente “Made in Italy” – avvenuta dalla Cina tramite la Dogana di Cavenago di Brianza (MB). Per questa ulteriore fattispecie illecita, gli indagati sono stati deferiti alla Procura della Repubblica di Bologna.

La falsa indicazione del “Made in Italy” e, in generale, l’errata informazione sull’origine delle merci danneggiano il mercato, l’imprenditore onesto e il cittadino ingannato sulla reale provenienza delle cose acquistate. Il contrasto a questi illeciti inoltre tende a tutelare anche la corretta informazione sulla sicurezza dei prodotti stessi e sulla loro genuinità.

L’importazione a fini di commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza o di origine viola il comma 49 dell’articolo 4 della legge n. 350/2003, costituisce reato ed è punito, ai sensi del codice penale, con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a ventimila euro.