L’artista di cui voglio parlarvi oggi appartiene a quella categoria particolare di creativi per cui la pittura diviene non solo mezzo espressivo per raccontare la realtà davanti ai propri occhi, ma anche il canale privilegiato per lasciare un significato più profondo che spinge l’osservatore alla riflessione.
Le sue opere infatti conquistano subito raccontando immagini di vita, di quella che si può scorgere agli angoli delle strade, o passeggiando in un parco, oppure in un paesaggio innevato, ma poi hanno l’effetto di calamitare l’attenzione verso un simbolo, una storia dentro l’immagine, un concetto espresso sottovoce che l’artista decide di svelare solo in un secondo momento, quando lo sguardo si è lasciato prima attrarre da ciò che è abituato a vedere.
A quel punto parla alle corde emotive, quelle che stimolano la meditazione e suggeriscono un concetto filosofico che desidera entrare nella mente poco a poco, quasi con timidezza fino poi a manifestarsi in tutta la sua intensità.
Ecco dunque che un anziano apparentemente addormentato su di una panchina, si trasforma nel concetto dell’Abbandono, come espresso dal titolo, all’età che avanza, a un’epoca in cui la stanchezza e la rassegnazione nei confronti di ciò che si è vissuto rendono l’uomo consapevole che non si può tornare indietro, e che ogni scelta effettuata, ogni strada intrapresa, hanno costituito il percorso nel quale ci si viene a trovare poi, e niente si può fare per cambiare quel passato se non accettare il presente che ha generato, nel bene e nel male.
Oppure nel dipinto Dentro e fuori, premiato dalla commissione del B&20 Contest on line e per cui riceverà la targa commemorativa il 19 settembre durante l’evento Fashion in the City che avrà luogo presso il locale FiftyFive di Milano, in cui l’uomo e la donna appaiono distanti eppure vicini, non in contrapposizione bensì all’interno dello stesso mondo emotivo, del medesimo ciclo di vita e di sensazioni che li rendono come rette parallele di un binario che non possono far altro che correre insieme lungo l’esistenza, l’uno affiancato all’altro senza però mai perdere la loro differente identità, simbolo delle due metà che si completano, nel sogno e nella realtà, tra le vicissitudini di un vivere che non può mai farci dimenticare, prima di tutto, di essere.
E poi ancora la dolcezza del dipinto Ricordo, in cui la protagonista è avvolta dalla memoria di un momento indimenticabile, poco importa sapere se ne stia aspettando il ripetersi o solo rimpiangendolo, ciò che appare chiaro è la magia di quell’attimo che si trasforma in eterno, perché in fondo è così che sono le emozioni più intense, tatuaggi sull’anima che ci seguono ovunque e che avvolgono il nostro scrigno emotivo a prescindere da quanto lontane siano nello spazio o nel tempo.
O ne L’inverno della vita, dove la giovane età della donna in primo piano, in posizione raccolta quasi a voler proteggere se stessa da un dolore o da una momentanea solitudine forse necessaria per meditare, sembra essere volutamente in contrasto con i rami spogli dell’albero alle sue spalle, come se rappresentassero il declino di una vita che però il sole alle spalle scalda per generare quella rinascita, quel riaprirsi alla vita che segna il ciclo della natura così come dell’essere umano.
E di rinascita ne sa qualcosa Elisabetta Basile, costretta da una malattia a rinunciare alla sua inclinazione naturale, al sogno coltivato fin da piccola di fare dell’arte il suo mondo al punto di studiare per diventare scenografa.
L’interruzione degli anni in cui le fu impossibile esercitare la pittura non fece altro che accrescere la sua grinta nel vincere quella battaglia personale per ricominciare a prendere in mano il pennello. La sofferenza della rinuncia emerge dai suoi dipinti, così come la gioia di avere una seconda possibilità che le permette di apprezzare, e dunque mettere in evidenza, ogni piccolo dettaglio, ogni particolare che contribuisca a rendere la vita un viaggio unico e irripetibile.
Dopo la guarigione il suo stile diventa più forte, più istintivo ma più simbolico, proprio a sottolineare quel risorgere, riprendere a sognare dopo un periodo buio, riempiendo i suoi lavori non solo di colori e luci e ombre sapientemente mescolati, ma anche di storie dietro il quadro, di racconti brevi all’interno di un’immagine che non è solo ciò che si vede bensì diviene anche ciò che si sente, quella sottile voce narrante che rende ogni opera unica.
Attualmente è nel Cavalletto, la più famosa associazione artistica del Piemonte, è coordinatrice di un gruppo di pittori del canavese, è membro del Grande Evento, importante associazione di Ivrea e dell’associazione culturale Carlin Bergoglio di Cuorgnè. Nella sua carriera ha partecipato a molte mostre collettive e le sue opere sono inserite in diverse riviste e libri d’arte, come Ars&Arte International e in uno dei volumi di Accademia dei Bronzi col suo San Giovanni Bosco. Nel 2017 ha vinto il quarto posto al concorso La finestra Eterea. Alcuni suoi lavori sono apparsi anche in trasmissioni televisive, come nel caso del video di Massimo Castelli in cui è protagonista assoluta.
Negli ultimi tempi si sta dedicando a un importante progetto per far sì che nessun artista debba pagare per esporre, creando un gruppo dove l’aiuto e il sostegno reciproci sono fondamentali. Un’artista a tutto tondo che ha compreso l’importanza di tenere stretti a sé i propri sogni e progetti perché da un momento all’altro potrebbero sfuggire via dalle mani; è questo l’importante messaggio che traspare dalle opere di Elisabetta Basile.
ELISABETTA BASILE
Email: elisab55@libero.it
Sito web: http://elisab55.wixsite.com/elisab
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