“L’invito all’astensione venuto dal governo rimane una brutta pagina nella storia della nostra democrazia”
Greenpeace prende atto del mancato quorum, osservando però che a determinare questo risultato hanno contribuito i tempi contratti della campagna referendaria, il rifiuto del governo di indire un Election Day e una strategia politico-mediatica che a lungo ha tenuto sotto silenzio il tema del referendum sulle trivelle. Greenpeace ritiene comunque che la partecipazione alla consultazione non debba essere ignorata.
«Non siamo riusciti a raggiungere il quorum, ma non tutti hanno giocato pulito in questa partita. L’invito all’astensione venuto dal governo rimane una brutta pagina nella storia della nostra democrazia», commenta Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace. «Crediamo che Renzi e il suo governo dovrebbero invece ascoltare il segnale che viene dalle urne. Hanno votato, infatti, circa 15-16 milioni di italiani, quasi il doppio di quanti votarono nel 2013 per il PD e – come emerge dai primi dati – in maniera massiccia contro le trivelle. Parliamo dunque di una maggioranza nettissima rispetto al voto che ancor oggi legittima la premiership di Renzi”.
Greenpeace chiede al governo di prendere onestamente atto che un gran numero di italiani ha partecipato a questa consultazione per chiedere un futuro energetico diverso e una politica indipendente dalle lobby fossili. Un governo attento alla democrazia, all’indomani di un esito referendario come questo, aprirebbe un serio dibattito pubblico sul futuro energetico del Paese.
Greenpeace, inoltre, ha deciso di dare immediato seguito all’impegno referendario. La norma che assegna ai petrolieri concessioni senza una precisa scadenza, infatti, viola lo spirito e la lettera della Direttiva 94/22/CE, recepita dall’Italia con D.Lgsl. 625/96, secondo la quale “l’estensione delle aree costituenti oggetto di autorizzazioni e la durata di quest’ultime devono essere limitate”. Greenpeace si appresta quindi a inviare un atto di denuncia alla Commissione Europea per segnalare questa e altre violazioni che denotano sistematici aggiustamenti delle norme e dei principi del Diritto comunitario a favore degli interessi dei petrolieri.
L’impegno di Greenpeace per la tutela dei mari e la rivoluzione sostenibile del sistema energetico non si ferma dunque qui. Si tratta solo di una battuta d’arresto sulla strada verso l’eliminazione dei combustibili fossili, obiettivo irrinunciabile se si vuole proteggere il clima e garantire alle prossime generazioni un Pianeta ospitale.
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