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Regeni: pm Roma, “Andiamo avanti”. E l’Egitto risponde: “Prove insufficienti”

ROMA – La Procura di Roma va avanti ed è pronta a chiudere le indagini a carico di cinque appartenenti ai servizi segreti egiziani accusati del sequestro di Giulio Regeni. E’ quanto comunicato dal procuratore Michele Prestipino al procuratore generale d’Egitto, Hamada al Sawi, nel corso di un incontro svolto in videoconferenza.

“Il procuratore generale egiziano – si legge in una nota congiunta – nel prendere atto della conclusione delle indagini preliminari italiane, avanza riserve sulla solidità del quadro probatorio che ritiene costituito da prove insufficienti per sostenere l’accusa in giudizio. In ogni caso la procura generale d’Egitto rispetta le decisioni che verranno assunte, nella sua autonomia, dalla procura della Repubblica di Roma”. Dopo cinque anni “la Procura Generale d’Egitto ritiene che l’esecutore materiale dell’omicidio di Giulio Regeni è ancora ignoto”. Il procuratore Hamada al Sawi ha comunicato di “avere raccolto prove sufficienti nei confronti di una banda criminale accusata di furto aggravato degli effetti di Regeni che sono stati rinvenuti nell’abitazione di uno dei membri della banda criminale”.

Questa la reazione di Paola e Claudio Regeni e dell’avvocato Alessandra Ballerini: “Prendiamo atto dell’ennesimo incontro infruttuoso tra le due procure. Le strade tra le due procure non sono mai state cosi divise. In questi anni abbiamo subito ferite e oltraggi di ogni genere da parte egiziana, ci hanno sequestrato, torturato e ucciso un figlio, hanno gettato fango e discredito su di lui, hanno mentito, oltraggiato e ingannato non solo noi ma l’intero Paese. Se da un lato apprezziamo la risoluta determinazione dei nostri procuratori che hanno saputo concludere le indagini, senza farsi fiaccare ne’ confondere dai numerosi tentativi di depistaggio, dalle interminabili dilazioni e dalle mancate risposte egiziane, d’altra parte non possiamo che stigmatizzare una volta di più la costante e plateale assenza di collaborazione da parte del regime che continua a non rispondere alla rogatoria del 29 aprile 2019 e non ha neppure voluto fornire l’elezione di domicilio dei 5 funzionari della National Security iscritti nel registro degli indagati due anni fa”.

“Oggi – si legge – i procuratori egiziani hanno avuto la sfrontatezza di “avanzare riserve” sull’operato dei nostri magistrati ed investigatori e di considerare insufficienti le prove raccolte. Crediamo che il nostro governo debba prendere atto di questo ennesimo schiaffo in faccia e richiamare immediatamente l’ambasciatore. Un’assoluta mancanza di rispetto nei confronti non solo della nostra magistratura ma anche della nostra intelligenza. Non solo non rispondono alle rogatorie e non sono in grado di fornire cinque indirizzi, ma persino si permettono di giudicare il quadro probatorio delineato dalla nostra procura, insistendo nel rifilarci il vecchio sanguinario depistaggio dei 5 rapinatori che costò la vita a degli innocenti fatti spacciare per gli assassini di Giulio”. Per i genitori del ricercatore italiano “serve un segnale di dignità perché nessun Paese possa infliggere tutto il male del mondo ad un cittadino e restare non solo impunito ma pure amico. Lo dobbiamo a Giulio e a tutti i Giuli e le Giulie in attesa ancora di verità e giustizia”.

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Redazione L'Opinionista

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