L’ascolto di tutte le energie che si muovono intorno all’essere umano, quelle più sottili e silenziose che si insinuano nelle pieghe della realtà ma poi lentamente si scoprono inducendo l’individuo a un’analisi e una riflessione più profonde, è una caratteristica di quel gruppo di artisti che necessita andare oltre l’osservato, che ha bisogno di lasciarsi trasportare dalle sensazioni percepite in maniera spontanea e quasi inconsapevole attraverso cui comprendere implicazioni e significati completamente differenti da quelli che emergono a un primo sguardo. Il protagonista di oggi mostra una spiccata sensibilità che lo conduce a compiere un cammino di costante esplorazione delle sfaccettature umane, delle implicazioni di causa ed effetto, attraverso un tipo di pittura apparentemente tradizionale ma in realtà frutto di un costante studio e sperimentazione evolutiva.
Il Diciannovesimo secolo ha visto diffondersi alcuni movimenti pittorici in cui l’individuo, con la sua intuizione e interazione con l’ambiente circostante, era messo al centro di un inizio di approfondimento che poco dopo avrebbe mostrato un interesse sempre maggiore nei confronti dell’emozione e della psicologia umana. Fu proprio il Romanticismo a mostrare la possibilità di lasciar entrare in un’opera d’arte quel sentire spesso messo in secondo piano di fronte alla perfezione formale e alla perfetta riproduzione della realtà; da un lato l’inglese William Turner e il russo Ivan Ajvazovskij, con i loro paesaggi tumultuosi dove l’essere umano è presente più nelle sensazioni ricevute dalla maestosità dalla natura e dalla consapevolezza della propria esiguità che non in una raffigurazione reale e predominante, e dall’altro il tedesco Caspar David Friedrich, che con la tendenza a riprodurre panorami intrisi di atmosfera quasi magica che circonda i personaggi riflessivi e intenti all’ascolto di tutto ciò che si muove intorno a loro. Questi tre maestri del Romanticismo segnarono un punto di svolta nell’interpretazione dell’arte accademica e soprattutto un punto di partenza sia per il poco seguente movimento del Simbolismo, che si proponeva di esplorare l’occulto e il mistero presenti all’interno della natura e della realtà in cui l’essere umano viveva così come gli enigmi percettivi che solo dopo un’attenta osservazione fuoriuscivano, sia per i successivi Surrealismo e Metafisica che invece segnarono una completa attenzione nei confronti della psiche, degli incubi, dei sogni, delle percezioni e di tutto ciò che affiorava solo in virtù dell’approfondimento dell’inconscio, della fase onirica o della riflessione più meditata sul rapporto tra passato e presente, tra lo spazio e il modo in cui riempirlo. Malgrado alla loro nascita i due movimenti, capitanati dall’eccentrico Salvador Dalì e dallo scontroso Giorgio De Chirico, fossero assolutamente separati soprattutto per la distanza che il secondo volle mantenere dalle assurdità surrealiste, di fatto in Belgio si creò una contaminazione, una fusione tra queste correnti dando vita al Surrealismo Metafisico di René Magritte e Paul Delvaux, dove le atmosfere enigmatiche di luoghi solitari e spesso lunari venivano abitate da personaggi appartenenti al sogno, non più all’incubo come nelle tele di Dalì, Tanguy ed Ernst, e che creavano l’inganno ottico attraverso cui gli autori davano all’osservatore l’opportunità di riflettere sulla concretezza di quanto osservato, di meditare sui concetti espressi. L’attenzione all’essere umano, al suo sentire, alle sue fragilità e debolezze è stato invece approfondito dall’Espressionismo di Egon Schiele, e poi ampliato da Lucien Freud e dallo svedese Odd Nerdrum, in cui i corpi nudi non erano che l’allegoria della necessità di mettere a nudo la propria anima, la propria essenza, aggrappandosi a essa. L’artista brasiliano Renato Sniecikoski sembra in qualche modo raccogliere l’eredità espressiva di tutti questi movimenti, il Romanticismo, il Surrealismo Metafisico e l’Espressionismo, per dar vita a un linguaggio pittorico assolutamente personale e morbido nell’apparenza formale, ma di fatto molto orientato all’introspezione, alla ricerca filosofica sul senso dell’esistenza, dell’interazione tra individui, delle metafore che ogni giorno l’uomo si trova di fronte senza a volte essere in grado di coglierne il significato reale.
I numerosi viaggi compiuti nel suo percorso professionale e di vita gli hanno permesso di assorbire non solo la bellezza ma anche il magico equilibrio tra uomo e natura che dovrebbe essere sempre mantenuto; le sue opere appaiono dunque come una vera e propria unione tra il suo mondo interiore e tutto ciò che i suoi occhi hanno visto generando atmosfere di grande suggestione da cui emerge l’influenza del Romanticismo al quale attinge sia dal punto di vista stilistico che da quello esecutivo. La formazione da autodidatta infatti non gli impedisce di continuare a studiare, consolidando l’approccio curioso verso la storia dell’arte che aveva contraddistinto la sua infanzia, e di appassionarsi alle tecniche più tradizionali in cui immette un tocco personale, quello emotivo, quello affine al suo sguardo sulla realtà che lo circonda.
Le riflessioni, le ispirazioni, i paesaggi, le persone, tutto entra nel mondo interiore di Renato Sniecikoski che fa sue quelle sensazioni e poi le libera sulla tela, come se non esistesse realtà senza la possibilità di essere interiorizza e successivamente filtrata dalle profondità del sentire o dall’analisi filosofica che ne scaturisce; sembra volersi distanziare dalla corsa verso l’estetica e la superficialità, che appartengono incontestabilmente al vivere contemporaneo, effettuando un percorso differente, un cammino più orientato a prendere in considerazione tutto ciò che non viene visto bensì resta all’interno delle maglie di ciò che è silenzioso e può essere percepito solo attraverso la sensibilità.
La sua nuova serie pittorica si spinge a osservare le inquietudini dell’uomo contemporaneo, ed è qui che la pittura si avvicina al Surrealismo Metafisico e all’Espressionismo, verso scenari in cui l’essere umano è ingabbiato, realmente o metaforicamente, all’interno di regole e condizionamenti a cui la società lo sottopone limitando di fatto la sua capacità di arbitrio, di scegliere autonomamente senza manipolazioni. Il tempo perde la sua funzione primaria e si fa da parte per lasciare spazio a concetti e considerazioni che vanno oltre e si estendono a un’immobilità perpetua in grado di infondere nell’osservatore la sensazione che tutto in realtà si muova con un ritmo differente rispetto a quello contingente.
Le tonalità usate da Sniecikoski sono polverose, quasi con un approccio intimista, e gli sono necessarie per trovare quel contatto con l’interiorità che poi si materializza sulla tela divenendo mezzo per indurre all’introspezione chiunque si trovi davanti ai suoi dipinti, a riflettere sulla grandezza della natura e sull’interazione dell’uomo verso di essa, in alcuni casi introducendo figure che restano irrisorie rispetto al resto della tela, come se vi entrassero timidamente consapevoli del loro essere soltanto un minuscolo frammento dell’eternità che invece permane nei panorami che osservano, in altri casi mostrando i resti di costruzioni eseguite proprio dalle civiltà del passato di cui sono visibili solo accenni nel presente che appaiono come monito all’individuo contemporaneo.
Questo concetto è particolarmente evidente nell’opera Stelae Human and Symbols, dove alle rovine eterne di primitivi edifici si contrappone la transitorietà della vita umana che inizia e finisce velocemente mentre al contrario, il prodotto del lavoro, della creatività dell’individuo e della società permane per sempre.
Attraverso gli strati pittorici, il sovrapporsi di tonalità l’una sull’altra per giungere al risultato finale partendo dallo sfondo e poi giungendo ad apporre i dettagli e i particolari, Sniecikoski affronta un percorso di consapevolezza, quasi una catarsi tra la nebulosità iniziale e la chiarezza che man mano emerge fino a giungere all’immagine definitiva, come nella tela The way, dove il viaggio che le figure si apprestano a compiere appare quasi un tentativo di salvezza, la presa di coscienza di dover effettuare uno spostamento, allegoria di un necessario cambio di direzione della società e dell’umanità, per poter scongiurare il pericolo sempre più evidente generato dall’incapacità dei grandi della terra di avere un approccio umano, privato degli interessi e delle avidità che invece nella contemporaneità di fatto li muovono.
Renato Sniecikoski, di formazione autodidatta, negli ultimi anni si è dedicato esclusivamente alla sua carriera artistica e ha al suo attivo mostre personali e collettive sia in Brasile che all’estero.
Renato Sniecikoski, the path of knowledge to find his artistic self between Romanticism and Metaphysics
Listening to all the energies that move around the human being, the more subtle and silent ones that creep into the folds of reality but then slowly reveal themselves, inducing the individual to deeper analysis and reflection, is a characteristic of that group of artists who need to go beyond the observed, to let themselves be carried away by the sensations perceived in a spontaneous and almost unconscious manner through which they can understand implications and meanings that are completely different from those that emerge at first glance. Today’s protagonist shows a marked sensitivity that leads him on a path of constant exploration of human facets, of the implications of cause and effect, through a type of painting that is apparently traditional but in reality the result of constant study and evolutionary experimentation.
The 19th century saw the spread of a number of pictorial movements in which the individual, with his intuition and interaction with his surroundings, was placed at the centre of a beginning that would shortly afterwards show an increasing interest in human emotion and psychology. It was precisely Romanticism that showed the possibility of allowing that feeling, often sidelined in the face of formal perfection and the perfect reproduction of reality, to enter into a work of art; on the one hand, the English William Turner and the Russian Ivan Ajvazovsky, with their tumultuous landscapes where the human being is present more in the sensations received from the majesty of nature and the awareness of his own meagreness than in a real and predominant depiction, and on the other hand, the German Caspar David Friedrich, with his tendency to reproduce landscapes imbued with an almost magical atmosphere surrounding thoughtful characters intent on listening to everything that moves around them. These three masters of Romanticism marked a turning point in the interpretation of academic art and, above all, a starting point for both the shortly following movement of Symbolism, which set out to explore the occult and mystery present within nature and the reality in which human beings lived, as well as the perceptive enigmas that only emerged after careful observation, and the later Surrealism and Metaphysics, which instead marked a complete focus on the psyche, of nightmares, dreams, perceptions and all that emerged only by virtue of the deepening of the unconscious, the dream phase or the more meditated reflection on the relationship between past and present, between space and how to fill it.
Although at their birth the two movements, led by the eccentric Salvador Dali and the surly Giorgio De Chirico, were absolutely separate, above all because of the distance the latter wanted to maintain from Surrealist absurdities, in fact in Belgium was created a contamination, a fusion between these currents, giving rise to the Metaphysical Surrealism of René Magritte and Paul Delvaux, where the enigmatic atmospheres of lonely and often lunar places were inhabited by characters belonging to the dream, no longer to the nightmare as in the canvases of Dali, Tanguy and Ernst, and who created the optical deception through which the authors gave the observer the opportunity to reflect on the concreteness of what was seen, to meditate on the concepts expressed. The focus on the human being, on his feelings, his frailties and weaknesses, on the other hand, was deepened in Expressionism by Egon Schiele, and then extended by Lucien Freud and the Swede Odd Nerdrum, in which naked bodies were merely the allegory of the need to bare one’s soul, one’s essence, clinging to it. The Brazilian artist Renato Sniecikoski somehow seems to collect the expressive inheritance of all these movements, Romanticism, Metaphysical Surrealism and Expressionism, to give life to a pictorial language that is absolutely personal and soft in its formal appearance, but in fact very much oriented towards introspection, towards philosophical research on the meaning of existence, of the interaction between individuals, of the metaphors that man is faced with every day without sometimes being able to grasp their real meaning. The numerous journeys he has made in his career and life have allowed him to absorb not only beauty but also the magical balance between man and nature that should always be maintained; his artworks therefore appear as a true union between his inner world and all that his eyes have seen, generating highly suggestive atmospheres from which emerges the influence of Romanticism, from which he draws both stylistically and in terms of execution.
In fact, his self-taught training did not prevent him from continuing to study, consolidating the curious approach to art history that had marked his childhood, and becoming passionate about more traditional techniques into which he injected a personal touch, the emotional one, the one akin to his view of the reality around him. The reflections, inspirations, landscapes, people, everything enters Renato Sniecikoski‘s inner world. He makes those sensations his own and then releases them onto the canvas, as if reality did not exist without the possibility of being internalised and subsequently filtered by the depths of feeling or by the philosophical analysis that ensues; he seems to want to distance himself from the race towards aesthetics and superficiality, which unquestionably belong to contemporary living, by taking a different path, a path more oriented towards taking into consideration everything that is not seen but remains within the meshes of what is silent and can only be perceived through sensitivity. His new pictorial series goes towards observing the anxieties of contemporary man, and it is here that painting approaches Metaphysical Surrealism and Expressionism towards scenarios in which the human being is caged, truly or metaphorically, within rules and conditioning to which society subjects him, effectively limiting his capacity for arbitrariness, for autonomous choice without manipulation. Time loses its primary function and steps aside to leave room for concepts and considerations that go beyond and extend to a perpetual immobility capable of instilling in the observer the sensation that everything actually moves at a different pace from the contingent one.
The tones used by Sniecikoski are dusty, almost with an intimist approach, and they are necessary for him to find that contact with interiority that then materialises on the canvas, becoming a means to induce introspection in anyone who stands in front of his paintings, to reflect on the greatness of nature and man’s interaction with it, in some cases introducing figures that remain insignificant in relation to the rest of the canvas, as if they were entering it timidly aware of their being only a tiny fragment of the eternity that instead persists in the panoramas they observe, in other cases showing the remains of constructions made by past civilisations of which only hints are visible in the present that appear as a warning to the contemporary individual. This concept is particularly evident in the artwork Stelae Human and Symbols, where the eternal ruins of primitive buildings are in contrast with the transience of human life, which quickly begins and ends, while on the contrary, the product of the work, the creativity of the individual and society remains forever. Through the pictorial layers, the overlapping of tones one on top of the other to get the final result, starting from the background and then arriving at the details and particulars, Sniecikoski faces a path of awareness, almost a catharsis between the initial nebulosity and the clarity that gradually comes out until reaching the final image, as in the canvas The way, where the journey that the figures are about to undertake appears almost as an attempt at salvation, the realisation that they must make a shift, an allegory of a necessary change in the direction of society and humanity, in order to ward off the ever more evident danger generated by the inability of the earth’s great ones to have a human approach, deprived of the interests and greed that in fact move them in contemporary times. Renato Sniecikoski, self-taught painter, has dedicated himself exclusively to his artistic career in recent years and has solo and group exhibitions both in Brazil and abroad to his credit.