La tendenza a trovare una quadratura, un bilanciamento tra positivo e negativo, tra certezza e destabilizzazione, tra ragione e sentimento, è innata negli artisti di ogni epoca sia che essi abbiano scelto o scelgano un approccio pittorico ed esecutivo più immediato, più impulsivo ed emozionale, sia che invece la ricerca sia più razionale, logica, misurata su un piano mentale e meditativo. Il protagonista di oggi approda, dopo una lunghissima carriera in cui ha sperimentato stili differenti, a quest’ultimo modulo espressivo per manifestare la propria visione delle cose.
A partire dai primi anni del Novecento il panorama artistico europeo ha subìto un vero e proprio stravolgimento in virtù di quella necessità di prendere le distanze dai canoni classici e da quella riproduzione puramente estetica della realtà che aveva caratterizzato i secoli precedenti. Già con la fine dell’Ottocento il Divisionismo aveva ipotizzato una scomposizione dell’immagine per studiarne in modo migliore la luce, il movimento e, non ultima, la capacità dell’arte di trovare un metodo differente di riprodurre la realtà anche per distaccarsi dall’emergente fotografia che, attraverso un procedimento tecnologico, riusciva nell’intento seppur non mantenendo l’emozione e l’intenzione dell’arte. Tuttavia quell’esigenza di allontanamento da un metodo tanto meccanico così come la trasformazione che l’umanità stava affrontando in virtù della velocità del tempo moderno, delle scoperte scientifiche e tecnologiche, stimolarono negli artisti un desiderio via via maggiore di approfondimento interiore, di esplorazione del mondo e della realtà che riuscisse ad andare più dentro all’essenza del visibile. Movimenti come il Futurismo, il Cubismo e il Surrealismo, soprattutto quello più segnico e Astratto di Joan Mirò, furono coevi ma anche anticipatori di quella grande corrente definita genericamente Astrattismo che sotto di sé racchiuse differenti modi di intendere e di affrontare l’espressione artistica. In particolar modo il Suprematismo, il Neoplasticismo e la Bahuaus, intendevano affermare la supremazia della forma e dei colori sull’attinenza alla realtà e sulla rappresentazione di oggetti che in qualche modo rubavano all’arte il concetto di purezza, di incontaminata forma intellettiva e di sentimento artistico. L’arte dunque come distacco dall’emozione pur non rifiutando invece il concetto di ricerca intellettiva, filosofica, misurata dalla mente razionale che, nella sua astrazione dalla destabilizzazione delle emozioni, è in grado di esprimere il sentimento più elevato, meno inquinato da interessi personali e più plasticamente astratto dal contesto nel quale si manifesta.
Il cammino artistico di Renzo Eusebi, cominciato negli anni Settanta, lo ha condotto ad avvicinarsi a uno stile in cui sono evidenti le forme del Suprematismo, pur escludendo l’ambiguità del circolo e prediligendo forme lineari come rettangoli, quadrati e triangoli, e la scelta cromatica più tipica invece del Neoplasticismo o De Stijl, in cui la parola è lasciata ai colori primari come il nero, il rosso, l’azzurro, il giallo e il bianco.
Inoltre la sua ricerca va oltre l’immagine bidimensionale e si aggancia anche alla materia, i volumi si espandono nello spazio e ritrovano quella terza dimensione tanto allontanata dalle linee guida dell’Astrattismo Geometrico ma che, nella nuova veste che le dà Eusebi, non entra in conflitto con la purezza razionale dell’opera bensì la arricchisce di una ricerca esistenziale sugli equilibri del vivere.
Ricerca che necessita di fuoriuscire dalla propria base per combinare se stessa con le opzioni cromatiche, in questo caso nette e ben definite perché legate alla concezione di una realtà approcciata in modo mentale, perché in fondo sono le emozioni, è l’irrazionalità ad avere bisogno di sfumature, mentre la meditazione logica, seppur mediata dalla sensibilità personale, si muove su binari più netti, più specifici, meno destabilizzanti.
Eppure Renzo Eusebi, attraverso il suo stile rigoroso non manca di mettere davanti all’osservatore le infinite combinazioni, che rappresentano in fondo le innumerevoli possibilità, che nella vita stessa possono verificarsi; dunque il rigore dell’equilibrio non può prescindere dalla coscienza delle opzioni, l’ordine non può negare l’esistenza del disordine che può giungere a scomporre le carte e modificare l’assetto di una realtà in continua evoluzione.
Così come l’accostamento dei colori, inquadrati e contenuti da basi di tonalità diverse e in contrasto con le forme geometriche che si muovono plasticamente al loro interno, raccontano molteplici stati d’animo e interrogativi su ciò che ogni giorno si apre allo sguardo dell’artista mutandone la prospettiva.
Le opere di Renzo Eusebi sono bassorilievi geometrici così come le pittosculture si appropriano dello spazio riprendendo e sottolineando l’importanza della terza dimensione, quella dell’Essere inteso come entità filosofica e razionale.
L’ultima produzione artistica della fase dell’Astrattismo Geometrico, che lo ha visto prima con la materia su supporto in legno, è eseguita in smalto su cartoncino ed è proprio questa parte a infondere nell’osservatore quel senso di mobilità instabile che suggerisce l’esigenza interiore di trovare un equilibrio proprio all’interno della continua destabilizzazione a cui l’uomo contemporaneo è sottoposto. Artista da sempre, nel corso dei decenni Renzo Eusebi si è misurato con sfide pittoriche differenti, dagli inizi figurativi all’avvicinamento al Surrealismo Astratto, dall’Informale Materico fino allo stile attuale. Ha all’attivo 170 mostre tra personali e collettive e le sue opere sono state esposte nelle fiere internazionali delle principali città italiane e del mondo: Art Basel di Miami nel 1980 e poi Chicago, Los Angeles, New York, Bari, San Francisco, Tokio, Bologna, Philadelphia, Atlanta, Dallas, Gand, Padova, Verona e Art Fair Hangzhou (Cina).
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