Lo sguardo con cui viene osservata la realtà contemporanea, con tutti i suoi automatismi e la necessità dell’individuo di chiudersi all’interno della propria zona sicura, viene rappresentato dagli interpreti dell’arte contemporanea attraverso linguaggi personali, spesso intimisti, e in ogni caso concentrati a evidenziare un esistenzialismo che emerge in maniera discreta, senza mostrare gli eccessi narrativi del secolo scorso ma sicuramente più orientato a esplorare l’interiorità moderna rapportata a tutto ciò che la vita attuale comporta. Questo è il punto di osservazione da cui parte il protagonista di oggi, il quale non solo mostra chiaramente le influenze a cui si ispira per realizzare la sua particolare e unica cifra stilistica, bensì mescola e unisce due tipi di linguaggio raramente associati insieme, per raccontare gli approfondimenti che dalla sua analisi della società fuoriescono.
Nel periodo tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, mentre l’arte europea cominciava a mostrare quella vivacità avanguardista che ebbe inizio con la scomposizione dell’immagine impressionista e con il rifiuto della rinuncia alle emozioni degli espressionisti, negli Stati Uniti al contrario i grandi autori diedero una loro versione di quel Realismo ormai abbandonato nel vecchio continente che però permise a interpreti di grande livello come George Bellows, Robert Henri ed Everett Shinn di immortalare scene e spaccati di vita della società americana di quel periodo. Il Realismo Americano, perdendo la funzione di denuncia politica e sociale che aveva avuto in altri paesi, si limitava a tratteggiare e osservare la vita nelle città, le preferenze di intrattenimento della classe medio borghese che cominciava ad acquisire potere economico costituendo un tessuto importante nella comunità.
Gli incontri di pugilato raccontati da Bellows e i balletti e musical di Shinn erano significativi del desiderio di spensieratezza che c’era nel periodo pre bellico e che infondeva sicurezza e serenità; lo scoppio della prima guerra mondiale cambiò tutti gli equilibri, molti giovani andarono al fronte cambiando non solo il volto dell’Europa ma anche degli stessi Stati Uniti, inducendo anche i creativi a spostare il loro punto di partenza per l’osservazione della realtà. Fu infatti dopo la fine della prima guerra mondiale che nacque il Precisionismo, dove lo sguardo degli artisti come anche una Georgia O’Keeffe agli albori della sua carriera, coniugò la regolarità geometrica del Cubismo alla narrazione delle zone industriali, degli edifici e delle fabbriche che da un lato stavano rendendo grande l’America mentre dall’altro sembravano spersonalizzare l’individuo sempre assente dalle opere di questo movimento. Edward Hopper, ritenuto uno dei maggiori esponenti del Realismo Americano, assorbì le linee pulite e regolari del Precisionismo arricchendo le sue tele di una profonda osservazione della società statunitense dei sobborghi dove il ceto medio si trasferiva per fuggire al caos delle città, evidenziandone tuttavia il senso di solitudine, di malinconia che avvolgeva le loro vite malgrado, o forse a causa, di un benessere che non era sufficiente a dare la felicità.
Non solo, anche quando dipingeva scorci delle metropoli, Hopper preferiva narrare istanti in cui il caos abbandonava le strade per concentrarsi sui personaggi perché ciò che contava davvero era interpretare le scene attraverso il sentire, le sensazioni spiate dai volti e dagli atteggiamenti dei suoi protagonisti che lo resero di fatto il più esistenzialista dei realisti. Impossibile non legare le atmosfere di Edward Hopper a quelle del Realismo Magico italiano, sebbene in quest’ultimo tutto il focus fosse centrato sulle persone e sul senso di straniamento che fuoriusciva dai loro sguardi, più che dall’ambiente che li circondava. L’artista romano Fabrizio Angeli attinge alle esperienze pittoriche del Realismo Americano e le reinterpreta escludendo completamente l’essere umano, come nel Precisionismo, ma al contempo riprende da Hopper la tendenza a sottolineare la quotidianità, la straordinarietà di quelle piccole cose e di quegli ambienti familiari che inducono lo sguardo a sentirsi rassicurato, a calarsi all’interno di qualcosa di conosciuto dentro cui ritrovarsi, sentendosi a casa.
1 Calma apparente – acrilico su tela e legno, 50x30cm
Al contempo però l’artista rompe gli argini, destabilizza l’equilibrio visivo associando al lato realista un elemento inedito, una materia costituita da legno di pino che va a creare un reticolo sovrapposto di volumi alternati tra pieni e vuoti in virtù dei quali il punto di vista cambia a seconda della luce, e che per questo sono denominate da lui Pittosculture di luce, determinando la potenziale perdita di quelle certezze date per acquisite. Dal punto di vista filosofico le opere di Fabrizio Angeli si inseriscono perfettamente nell’osservazione esistenzialista di Edward Hopper e del primo David Hockney, lasciando che la perfezione esecutiva di quegli interni decontestualizzati e in alcuni casi aperti verso l’esterno, costituisca un luogo sicuro dentro cui l’uomo sceglie di chiudersi per evitare di affrontare ciò che potrebbe costituire una destabilizzazione;
2 Riflessi – acrilico su tela e legno, 40x25cm
eppure quella necessità rischia di divenire una gabbia, un impedimento alle possibilità e alle opportunità che al di fuori delle certezze potrebbero generarsi, ecco il motivo della presenza del reticolo materico in legno, esso rappresenta quello schema che solo in apparenza è rassicurante mentre osservandolo con uno sguardo più ampio costituisce invece un limite. La gamma cromatica della parte più prevalentemente pittorica è piena, realistica e intensa, e l’artista alterna la luce alle ombre per delimitare gli spazi in cui l’individuo si sente protetto al punto di voltare le spalle a tutto il resto, mentre al di fuori tutto è avvolto dalla luce del giorno, dalla luminosità invitante che in molti casi resta semplicemente un’opzione. L’opera più simbolica di questo processo di rifiuto del mondo esterno è Hikikomori,
3 Hikikomori – acrilico su tela e legno, 50x30cm
definizione giapponese che descrive la tendenza adolescenziale sviluppatasi dopo la pandemia a rimanere rinchiusi in casa anche laddove non vi è più necessità di farlo; la poltrona posizionata verso l’interno della stanza, piuttosto che in contemplazione della bellezza del mare e del panorama alle sue spalle, racconta senza parole il disagio vissuto dai ragazzi affetti da affezione psicologica e la materia del lato destro dell’opera sembra allungare le sue ramificazioni per intensificare la sensazione di confinamento che emerge in maniera chiara ed emozionale dalla parte pittorica. Nella tela Segreti nascosti
4 Segreti nascosti – acrilico su tela e legno, 50x30cm
invece tutto è alla luce del giorno, la luminosità della scena indica l’abitudine a mantenere un’apparenza pulita e ordinata all’interno delle mura domestiche, mentre appena dietro l’angolo spesso vengono celati segreti, allegoria di tradimenti, di comportamenti inconfessabili che minerebbero gli equilibri familiari, in qualche modo funzionali proprio a infondere quel senso di proibito in cui si ha a volte bisogno di immergersi. È proprio questo il senso della scala appoggiata al muretto di recinsione, quello di spingere l’essere umano a trovare un modo per coltivare e manifestare le esigenze più profonde e al contempo inconfessabili, più per volontà di avere qualcosa da nutrire soli con se stessi, più che per un vero e proprio eccesso inconfessabile, di cui il lato materico in questo caso diviene complice guardiano. In Attese familiari
5 Attese familiari – acrilico su tela e legno, 50x30cm
l’atmosfera è serale, gli interni dell’appartamento infondono nell’osservatore il senso di solitudine quando manca una parte importante della famiglia, l’aspettativa di un ritorno a casa in grado di rendere l’attesa più dolce in virtù della consapevolezza che di lì a poco si concretizzerà; oppure al contrario la poltrona e la luce accesa potrebbero sottolineare la nostalgia, il vuoto lasciato da qualcuno che se ne è recentemente andato e che non tornerà per molto tempo. Fabrizio Angeli avvolge così l’opera di una delicata malinconia, lasciando al fruitore l’interpretazione più affine alla propria indole, come se l’invito fosse di permettere all’emozionalità di entrare all’interno dei contesti da lui raccontati avvicinandosi attraverso le sensazioni al messaggio che dalle tele fuoriesce. In questo dipinto, dove a predominare è l’ombra, il reticolo in legno chiaro costituisce la luce, lascia filtrare una luminosità che sembra voler rasserenare l’impressione di tristezza che ne fuoriesce, quasi a voler riempire il tempo che manca al ricongiungimento con la persona mancante. In Social time
6 Social time – acrilico su tela e legno, 50x30cm
al contrario, l’artista racconta una sala da bagno che sembra appena essere stata lasciata dal protagonista invisibile della tela che, come in tutte le case contemporanee, la usa per mantenere i contatti con il mondo impedendosi così di prendersi quella pausa di distacco necessaria ad ascoltare i propri pensieri; il cavetto di ricarica di un cellulare, ancora attaccato alla presa elettrica, sembra essere testimone del senso della tela, e anche dello sguardo realista di Fabrizio Angeli che non rinuncia, seppur in modo lieve e delicato, ad arricchire i suoi dipinti delle riflessioni profonde e dei messaggi attraverso cui stimola la meditazione silenziosa dell’osservatore.
7 Tenacia – acrilico su tela e legno, 50x30cm
Fabrizio Angeli ha al suo attivo diverse mostre personali a Roma e a Firenze e la partecipazione a rassegne e premi d’arte principalmente sul territorio laziale; a ottobre 2024 ha esposto come artista ospite alla 122° edizione della mostra dell’Associazione Cento Pittori di via Margutta.
FABRIZIO ANGELI-CONTATTI
Email: fabrizio.angeli2@virgilio.it
Instagram: www.instagram.com/fabrizio.angeli.faros/
The gaze with which contemporary reality is observed, with all its automatisms and the individual’s need to enclose himself within his own safe zone, is represented by the interpreters of contemporary art through personal languages, often intimist, and in any case concentrated on highlighting an existentialism that emerges in a discreet manner, without displaying the narrative excesses of the last century but certainly more oriented towards exploring modern interiority in relation to everything that current life entails. This is the point of observation from which today’s protagonist starts, who not only clearly shows the influences he draws inspiration from to create his particular and unique style, but also mixes and unites two types of language that are rarely associated together, to tell the in-depth analysis that emerge from his research on society.
In the period between the end of the 19th and the beginning of the 20th century, while European art was beginning to show that avant-garde vivacity that started with the decomposition of the Impressionist image and the rejection of the Expressionists’ renunciation of emotion, in the United States, on the contrary, the great authors gave their own version of that Realism by then abandoned in the old continent, which however allowed great interpreters such as George Bellows, Robert Henri and Everett Shinn to immortalise scenes and slices of life in American society at that time. American Realism, losing the function of political and social denunciation that it had had in other countries, limited itself to sketching and observing life in the cities, the entertainment preferences of the middle-class that was beginning to acquire economic power, constituting an important fabric in the community. The boxing matches recounted by Bellows and the ballets and musicals of Shinn were significant of the desire for light-heartedness that existed in the pre-war period and that infused security and serenity; the outbreak of the First World War changed all the balances, many young people went to the front changing not only the face of Europe but also of the United States itself, inducing even the creative people to shift their starting point for the observation of reality. It was in fact after the end of the First World War that was born Precisionism where the gaze of artists such as a Georgia O’Keeffe at the beginning of her career, combined the geometric regularity of Cubism with the narration of the industrial areas, of the buildings and factories that on the one hand were making America great while on the other seemed to depersonalise the individual always absent from the paintings of this movement.
Edward Hopper, considered to be one of the greatest exponents of American Realism, absorbed the clean and regular lines of Precisionism, enriching his canvases with a profound observation of American society in the suburbs where the middle class moved to escape the chaos of the cities, highlighting however the sense of loneliness, of melancholy that enveloped their lives despite, or perhaps because of, a well-being that was not sufficient to give happiness. Not only that, even when he painted glimpses of metropolises, Hopper preferred to describe moments in which the chaos left the streets to concentrate on the characters because what really mattered was interpreting the scenes through feeling, the sensations spied by the faces and attitudes of his protagonists that made him the most existentialist of realists. It is impossible not to link Edward Hopper‘s atmospheres to those of Italian Magic Realism, although in the latter all the focus was on the people and the sense of estrangement that emerged from their gazes, rather than from their surroundings. The Roman artist Fabrizio Angeli draws on the pictorial experiences of American Realism and reinterprets them by completely excluding the human being, as in Precisionism, but at the same time he takes from Hopper the tendency to emphasise the everyday, the extraordinariness of those small things and familiar environments that induce the gaze to feel reassured, to immerse oneself in something known within which to find oneself, feeling at home.
At the same time, however, the artist breaks the boundaries, destabilising the visual balance by combining the realist side with an unusual element, a material made of pine wood that creates an overlapping network of volumes alternating between solids and voids, by virtue of which the point of view changes according to the light, and which he calls Pictosculptures of light, leading to the potential loss of those certainties taken for granted. From a philosophical point of view, Fabrizio Angeli‘s works fit perfectly into the existentialist observation of Edward Hopper and the early David Hockney, letting the executive perfection of those decontextualised interiors, in some cases open to the outside world, constitute a safe place within which man chooses to close himself to avoid facing what could constitute destabilisation; and yet that necessity risks becoming a cage, an impediment to the possibilities and opportunities that outside certainty might generate, hence the reason for the presence of the material network in wood, it represents that pattern which only in appearance is reassuring, while observing it with a broader gaze it instead constitutes a limitation. The chromatic range of the more predominantly pictorial part is full, realistic and intense, and the artist alternates light and shadow to delimit the spaces in which the individual feels protected to the point of turning his back on everything else, while outside everything is enveloped in daylight, in the inviting brightness that in many cases remains simply an option.
The most symbolic artwork of this process of rejection of the outside world is Hikikomori, a Japanese definition describing the adolescent tendency that developed after the pandemic to remain locked in the house even when there is no longer any need to do so; the armchair positioned towards the interior of the room, rather than in contemplation of the beauty of the sea and the panorama behind it, wordlessly recounts the discomfort experienced by teenagers suffering from this psychological affection, and the material on the right side of the work seems to stretch its ramifications to intensify the feeling of confinement that emerges clearly and emotionally from the pictorial part. In the painting Segreti nascosti (Hidden secrets), on the other hand, everything is in daylight, the brightness of the scene indicates the habit of maintaining a clean and orderly appearance within the domestic walls, while just around the corner are often concealed secrets, allegories of betrayals, of unmentionable behaviour that would undermine the family equilibrium, in some way functional precisely to instil that sense of the forbidden in which one sometimes needs to immerse oneself. This is precisely the meaning of the ladder leaning against the little wall, that of pushing the human being to find a way to cultivate and manifest the deepest and at the same time unconfessable needs, more out of a desire to have something to nourish alone with oneself, rather than of a real unconfessable excess, of which the material side in this case becomes an accomplice guardian. In Attese familiari (Family expectatances) the atmosphere is nocturnal, the flat interiors instil in the observer the sense of loneliness when an important part of the family is missing, the expectation of a return home capable of making the wait sweeter in virtue of the knowledge that it will soon be realised; or on the contrary, the armchair and the lit light could emphasise nostalgia, the emptiness left by someone who has recently left and who will not return for a long time.
Fabrizio Angeli thus envelops the artwork in a delicate melancholy, leaving the viewer to interpret it in the way that best suits his own temperament, as if the invitation was to allow emotionality to enter the contexts he recounts, approaching the message that emerges from the canvas through sensations. In this painting, where shadow predominates, the light-coloured wooden network constitutes the light, allowing a luminosity to filter through that seems to want to soothe the impression of sadness that emerges, almost as if to fill the time that is missing until the reunion with the missing person.
In Social time, on the contrary, the artist depicts a bathroom that seems to have just been left by the invisible protagonist of the canvas who, as in all contemporary homes, uses it to maintain contact with the world, thus preventing himself from taking that necessary break to listen to his own thoughts; the recharging cable of a mobile phone, still attached to the electrical socket, seems to bear witness to the meaning of the canvas, and also to Fabrizio Angeli‘s realist gaze that does not renounce, albeit in a light and delicate way, to enrich his paintings with the profound reflections and messages through which he stimulates the observer’s silent meditation. Fabrizio Angeli has several solo exhibitions in Rome and Florence and participation in art exhibitions and prizes mainly in the Lazio region to his credit. In October 2024, he exhibited as a guest artist at the 122nd edition of the exhibition of the Association Cento Pittori di Via Margutta.
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