Oggi negli Stati Uniti si celebra il “National Intern Day”, una giornata interamente dedicata ai tirocinanti, il cui futuro lavorativo è stato fortemente influenzato dagli effetti della pandemia: secondo uno studio del website Glassdoor, infatti, solo negli USA il 50% dei programmi di stage è stato cancellato nella primavera del 2020. Ulteriori conferme a tal proposito giungono da un sondaggio, di portata globale, condotto dall’International Labour Organization in collaborazione con la Commissione Europea: 6 tirocinanti su 10 (58%) hanno visto interrompere il proprio periodo formativo in azienda in tempo di pandemia. Da segnalare che l’indagine ha coinvolto oltre 900 aziende e la percentuale più alta di interruzioni, pari al 64%, è stata registrata all’interno delle grandi imprese e delle multinazionali.
Anche l’Italia si dimostra sulla stessa lunghezza d’onda: a ottobre 2020, infatti, stando ai dati forniti dal Ministero del Lavoro, gli stage extracurricolari, retribuiti e svolti al di fuori del percorso scolastico si sono ridotti del 48%, passando da 185mila a poco più di 96mila. Queste interruzioni e riduzioni hanno spinto sempre più giovani e potenziali stagisti a lavorare sulla loro crescita personale, in particolar modo, in ottica soft skills che, come indicato da USA Today, sono sempre più ricercate dai datori di lavoro. Le prime conferme a riguardo giungono dalla rivista economica statunitense Fast Company, secondo la quale molti giovani si sono messi in gioco, identificando ben tre modalità con cui poter apprendere le competenze desiderate: seguire i consigli dei più esperti, partecipando a eventi di networking o facendo interviste informative, scaricare dei contenuti video, oppure vivere delle esperienze di volontariato.
A tal proposito è importante citare anche PR Newswire: entro il 2024, infatti, il mercato globale della formazione proprio sulle competenze trasversali dovrebbe crescere di ben 15 miliardi con un tasso composto di crescita annuale dell’11%. E ancora, University World News ha realizzato un approfondimento ad hoc secondo cui l’insegnamento delle soft skills diventa fondamentale a tal punto che diversi datori di lavoro in Ruanda hanno contribuito all’inclusione di competenze come la comunicazione, l’imprenditorialità e l’alfabetizzazione informatica nell’istruzione superiore, in modo tale da formare nella maniera più completa possibile i nuovi giovani lavoratori ormai prossimi a terminare gli studi.
In merito agli insegnamenti e allo sviluppo delle soft skills è intervenuto Massimo De Donno, fondatore di GenioNet e ideatore di Genio in 21 Giorni, il corso di formazione sul metodo di studio personalizzato che viene distribuito in oltre 50 sedi tra Italia, Spagna, Svizzera, Inghilterra e Stati Uniti.
“Per imparare le soft skill non è sufficiente leggere o studiare, sono necessari un percorso educativo e formativo di qualità e, allo stesso tempo, anche un ambiente positivo ricco di esempi o modelli da cui poter apprendere queste nuove competenze o abilità – spiega Massimo De Donno, ideatore di Genio in 21 Giorni – La messa in pratica di queste soft skill, all’interno di un vero e proprio laboratorio applicativo, ci consente di crescere in modo tale da consolidare le competenze stesse poi nel quotidiano. Per approfondire quanto affermato in precedenza, noi di Genio abbiamo istituito la Soft Skills Academy, un percorso grazie al quale i nostri corsisti hanno l’opportunità di costruire il loro futuro, partendo proprio da pilastri di assoluto spessore e importanza come le competenze trasversali”.
Restando in tema soft skills, un recente sondaggio pubblicato da HR Executive ha rivelato le 5 competenze più richieste dai datori di lavoro: l’abilità più richiesta è la tendenza al teamwork (57%), seguono la comunicazione efficace (55%), il time management (46%), il problem solving (45%) e, infine, la creatività (44%). A queste vanno aggiunte quelle indicate da Best Colleges, ovvero la flessibilità, la capacità di collaborare, di organizzarsi, quindi anche di rispettare le scadenze, di essere reattivi ai feedback e, infine, l’attitudine alla gestione dei conflitti all’interno del workplace.
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