“Per i ragazzi si tratta di un duro colpo, e l’onda lunga delle conseguenze di questo ulteriore stop all’attività didattica in presenza è un’incognita che spaventa sia loro che le famiglie. Ancora una volta i nostri figli sono stati completamente abbandonati dalle istituzioni, che né durante il primo lockdown né durante il secondo hanno adottato misure idonee ad assicurare un minimo di continuità delle attività non solo scolastiche, ma anche sportive e sociali, indispensabili nel percorso di crescita e di sviluppo personale ed emotivo dei ragazzi”, spiega Nan Coosemans, family coach che da vent’anni lavora nel mondo dello sviluppo personale a contatto con bambini e adolescenti, aiutandoli nel percorso di crescita personale, autrice del libro ‘Quello che i ragazzi non dicono’ (Sperling & Kupfer) nonché fondatrice di Younite, azienda di formazione per le famiglie e adolescenti, e di Yada, una scuola di formazione per chi desidera diventare Youth Trainer o Family Coach.
I dati appena diffusi dalla Società Italiana di Neuropsicofarmacologia evidenziano che un italiano su tre ha sviluppato sintomi di depressione legati all’epidemia causata dal Covid-19. In uno studio coordinato dal Dipartimento di Salute Mentale dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” finalizzato a valutare le aree del funzionamento psicosociale, tra cui la presenza di sintomi dello spettro ansioso-depressivo, ossessivo-compulsivo e post-traumatico da stress, i risultati, ottenuti da un campione di 20.720 partecipanti, evidenziano che durante il lockdown sono aumentati i livelli di ansia, depressione e sintomi legati allo stress, soprattutto nei soggetti di sesso femminile. (Fonte ISS https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-salute-mentale).
Il reparto Neuropsichiatria infantile dell’ospedale Regina Margherita della Città della Salute di Torino ha denunciato nei giorni scorsi un incremento preoccupante dei ricoveri per tentato suicidio nella fascia adolescenziale e pre adolescenziale. I Ts, la sigla con cui vengono registrati secondo i protocolli sanitari, nel 2020 sono aumentati di cinque volte rispetto alla media degli ultimi dieci anni.
Ai disturbi mentali si sommano quelli legati alle dipendenze: se nel 2019 gli italiani che consumavano alcol erano 36 milioni (66% della popolazione), di cui 8.700.000 a rischio dipendenza, alla fine 2020 si stima che il totale abbia superato i 10 milioni di persone (Dati Istat). La Società Italiana di Alcologia ha lanciato un allarme dopo avere stimato un aumento del 15% nelle dipendenze da alcol, nella metà dei casi associati a serie manifestazioni psico-patologiche. Non solo: il 20% dei pazienti che erano usciti dal tunnel della dipendenza da alcol, con il lockdown e relativo isolamento sono ricaduti nella dipendenza. E se nel 2019 i minorenni bevitori erano circa 800mila, nel 2020 hanno ampiamente superato il milione.
“La stra-grande maggioranza dei ragazzi che seguono i miei percorsi, e che hanno fra gli 8 e i 21 anni si è comportata correttamente e ha seguito le regole senza troppe lamentele. Ciononostante, dopo l’estate, quando le maglie dei divieti si sono allargate e i ragazzi hanno ritrovato un minimo di libertà, le accuse di leggerezza e di mancanza di senso di responsabilità sono arrivate puntuali, proprio da chi aveva concesso loro di tornare ad aggregarsi, pur nel rispetto delle misure per contenere i contagi”, spiega Coosemans.
A tutto ciò si aggiunge l’incertezza sulla riapertura delle scuole, che non fa che ingenerare ulteriore senso di precarietà e instabilità nei ragazzi. “Questi messaggi discontinui e contraddittori possono causare ansia e stati di depressione, che i genitori si ritrovano a dover gestire spesso senza poter contare su nessun tipo di supporto professionale. Ma non è tutto: l’energia creativa che i ragazzi non possono convogliare nelle attività a cui normalmente si dedicherebbero trova come unico canale di sfogo quello della rabbia, che si traduce in risse (lo abbiamo letto più volte nelle cronache nei giorni scorsi, ndr), aggressività costante e conseguenti stati depressivi. È quindi fondamentale essere preparati a riconoscere i segnali e a reagire affinché la situazione possa essere contenuta e controllata”.
Alcuni di questi segnali, secondo Coosemans, sono inequivocabili e rappresentano chiari indicatori di stati depressivi, soprattutto se superano la durata delle due settimane:
Ma esistono azioni concrete da mettere in campo con un figlio adolescente per incentivarlo realmente a riprendere a vivere senza che l’insofferenza dovuta alle restrizioni o le paure abbiano il sopravvento?
“Ricorda prima di tutto il tuo ruolo di genitore. Tu sei l’esempio. Stai attento a come parli anche in questa circostanza così particolare: può suonare scontato ripeterlo, ma la verità è che i nostri figli sono come spugne, assorbono tutto e parleranno come noi”, sottolinea la Family Coach.
“E infine ricordate: essere genitori è l’avventura nella vita più emozionante e audace! Abbiate il coraggio di essere gli adulti che vorreste i vostri figli diventassero”, conclude Coosemans.
Nan Coosemans, formatrice e mamma di due adolescenti, lavora da vent’anni nel campo della crescita personale. Nel 2010 ha fondato Younite®, un’organizzazione di formazione che opera a livello nazionale e internazionale sviluppando programmi scolastici, workshop e campus dedicati agli adolescenti e alle famiglie. È co-fondatrice di Youth Awareness Development Academy (YADA), un master in NLP, TLT, VT® e Family Therapy. Insieme alla squadra di Younite® ha lavorato con migliaia di ragazzi di età compresa fra i dieci e i vent’anni.
È autrice del libro “Quello che i ragazzi non dicono” (Sperling & Kupfer, 2018).
Nel 2020 ha pubblicato il libro “Adolescenti e quarantena: sette passi per guidare tuo figlio durante e dopo questo periodo”, in vendita, anche in versione ebook, su Amazon.
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