A volte, malgrado la spinta espressiva di un artista sia orientata verso il determinismo visivo inducendo a restare all’interno di un rassicurante equilibrio narrativo, emerge in ogni caso una tendenza a spingersi verso un’interpretazione differente, quasi sorprendentemente in grado di ammorbidire il senso di quella rigidità formale per entrare in un mondo più possibilista dove ogni linea, ogni angolo, perdono il loro aspetto rigoroso e assumono una tridimensionalità o un senso di movimento che ne svelano una natura più cangiante e legata alle tematiche contemporanee. La protagonista di oggi appartiene esattamente a questo gruppo di artisti per cui non può esistere rigorosità senza una sottile morbidezza, non può esistere la regolarità senza la possibilità che essa possa essere modificata dall’attitudine al fluire inevitabile della realtà, e questo approccio fuoriesce dalla rivisitazione di uno stile pittorico tradizionalmente statico e inflessibile.
Nel primo ventennio del Novecento nacquero correnti artistiche che avevano come scopo principale quello di provocare una rottura netta con tutte le regole espressive ed esecutive del passato e di dare un punto di vista diverso sul valore dell’atto plastico che doveva essere più al passo con i tempi, con la modernità e con la nuova società che stava emergendo in quel periodo dinamico. Il principio espressivo alla base della ricerca di molti di questi movimenti fu quella scomposizione dell’immagine effettuata alla fine del secolo precedente con le teorie dell’Impressionismo, del Puntinismo e del Divisionismo, da cui si svilupparono le analisi sul movimento del Futurismo, quelle sulla simultaneità temporale e sulla prospettiva del Cubismo per giungere infine l’estremizzazione dell’Astrattismo che rinunciò completamente alla rappresentazione del reale per entrare in una dimensione in cui il gesto pittorico, l’atto plastico, doveva prevalere su qualsiasi riferimento all’osservato per sottolineare quanto l’arte fosse sufficiente a se stessa. Fu sulla base di questo concetto che nacque il più rigoroso dei movimenti informali, il De Stijl, altrimenti detto Neoplasticismo, in cui appunto alla forma geometrica pura del rettangolo, del quadrato e della linea retta veniva associata la completezza dei soli colori primari come il rosso, il giallo, il blu, il bianco e il nero. L’opposizione di Piet Mondrian all’introduzione di qualsiasi forma da lui definita impura, come il cerchio o la diagonale, provocò una scissione tra lui e Theo Van Doesburg, che invece avvertiva il limite di una rigorosità tanto netta, e una naturale estinzione del movimento a cui però si ispirarono alcuni artisti lombardi per dar vita all’Astrattismo Geometrico, decisamente più elastico sia nella scelta di un cromatismo più ampio, e sia nell’accoglienza di una maggiore gamma di figure geometriche in cui veniva accettata anche la forma circolare tanto osteggiata da Mondrian. La Scuola di Como e gli artisti della Galleria Il Milione di Milano mostrarono una morbidezza e delicatezza cromatica che andava quasi in opposizione al rigore delle forme, affascinando però un numero maggiore di appassionati dello stile. La geometricità fu poi essenziale per la ricerca sulle illusioni ottiche della Op Art in cui venne introdotta una tecnica innovativa in virtù della quale il ridimensionamento o l’ingrandimento di alcune figure e l’utilizzo dei colori in scala cromatica infondevano nell’osservatore la sensazione di movimento delle opere. L’artista mantovana Antonella Bertoni, raccogliendo l’eredità dei suoi predecessori, sviluppa un approfondimento sull’Astrattismo Geometrico a cui mescola le teorie dell’Op Art personalizzandole e adattandole al suo personale approccio verso l’arte, dunque mitigando gli eccessi del movimento degli anni Sessanta ma trattenendo quella sensazione di leggera fluttuazione funzionale a mostrare possibilità altre rispetto alla fermezza della geometria che appartiene a questa sua serie di opere.
Non solo, la scelta cromatica è luminosa, chiara, lascia entrare tonalità pastello, legandosi così alla delicatezza espressiva di Manlio Rho; nello stile di Antonella Bertoni però la sfumatura non è utilizzata per dare minore rigorosità alle linee e alle forme geometriche, bensì è funzionale a infondere il senso della consistenza, della profondità e del leggero movimento, quasi impercettibile che appartiene a ogni manifestazione della realtà. In qualche modo la sua è una visione aperta, quasi quantica su tutto ciò che si lega all’esistenza, perché in fondo le sue figure mostrano sempre possibilità differenti a seconda del punto di osservazione e si collegano a quel pantha rei eracliteo secondo cui lo scorrere delle energie riesce a modificare forme e situazioni apparentemente rigide includendo all’interno di esse il seme della trasformazione.
Questo forse è l’aspetto più sorprendente dell’Astrattismo Geometrico di Antonella Bertoni, quel mutare costante che fuoriesce dalle sue tele come se in qualche modo, ma diversamente dall’Op Art, si compisse una comunicazione ipnotica nei confronti dell’osservatore che ha la sensazione di entrare in un mondo parallelo dove il rigore può convivere con il possibilismo, con la flessibilità di tutto ciò che appartiene alla vita.
Le opere geometriche sono tutte intitolate Forme in movimento ma poi vengono contraddistinte da un numero per identificare la singola tela proprio per espandere il significato della relatività della realtà, del non determinismo che si nasconde anche laddove non si sospetta vi possa essere e questo perché i suoi dipinti sono in qualche modo una metafora della vita contemporanea, in costante evoluzione al punto che anche laddove si possa credere di aver trovato una base, una stabilità, ci si trova frequentemente a fare i conti con la consapevolezza che subito dopo tutto possa essere messo in discussione, trascinato dalle correnti energetiche alle quali, malgrado la necessità di resistervi, non ci si può che adattare modificando dunque se stessi e le proprie convinzioni.
La tela Forme in movimento 24 rappresenta perfettamente questo concetto poiché dallo sfondo viola scuro sottostante il rombo sembra voler emergere una solidità che viene subito dopo messa in discussione dalla figura geometrica, contraddistinta dal colore lilla, all’interno della quale si trovano ombreggiature che sembrano suggerire un ulteriore fluttuare, una instabilità che appartiene all’essere umano tanto quanto il desiderio di non perdere mai l’equilibrio; la gamma cromatica in gradazione di viola evoca l’interiorità, il percorso intimo delle sensazioni che avvolgono l’animo e che riescono a mantenersi salde solo ammettendo la possibilità dell’instabilità, come parte del medesimo cammino evolutivo.
In Forme in movimento 16 Antonella Bertoni racconta invece della poliedricità delle personalità che compongono il mondo che ruota intorno all’individuo, apre lo sguardo dell’osservatore a quella moltitudine cromatica di individui, ciascuno con il proprio punto di vista e con il proprio approccio alla quotidianità che, pur essendo diverso, non dovrebbe mai entrare in contrasto con l’altro piuttosto divenire uno spunto di accettazione attraverso cui convivere rispettando le reciproche differenze. D’altro canto però non si può non considerare un’altra lettura, quella cioè che le forme colorate siano concetti, sensazioni, emozioni appartenenti alle profondità dell’essere umano e che vagano all’interno dello scrigno interiore assumendo maggiore consistenza sulla base del vissuto e della memoria legata alla singola circostanza. La divisione a metà dei rombi, compiuta dalla diversa gradazione cromatica, infonde l’illusione di una convessità che di fatto non esiste, mostrando ancora una volta l’importanza che per l’artista riveste la comunicazione visiva attraverso la quale condurre l’osservatore verso l’approfondimento psicologico e interiore che il suo Astrattismo Geometrico sollecita.
In Forme in movimento 12 invece ciò che emerge è il senso di staticità, un ossimoro rispetto al titolo, sottolineato dalla bordatura dei rombi singoli che ne vanno a comporre uno più grande e che danno una sensazione di consistenza, come se dopo tanto fluttuare si potesse giungere al proprio centro, a quell’equilibrio che si può conquistare solo dopo aver compiuto una scomposizione a cui seguirà una ricomposizione naturale. Eppure anche in quest’opera fuoriesce la sensazione che quel bilanciamento sia temporaneo, le figure geometriche non sono infatti saldate le une alle altre bensì mantengono una minima distanza, come se fossero pronte a mettere di nuovo tutto in discussione qualora le circostanze lo richiedessero.
L’Astrattismo Geometrico di Antonella Bertoni mostra dunque la morbidezza dello sguardo femminile sul mondo, sia dal punto di vista coloristico che da quello espressivo, e al contempo si lega fortemente a quel vivere attuale in cui tutte le certezze possono essere sradicate da nuove realtà che sopraggiungono e si susseguono velocemente. Antonella Bertoni partecipa regolarmente a mostre collettive e fiere d’arte su tutto il territorio nazionale sia presso gallerie private che presso palazzi istituzionali, e vanta anche partecipazioni all’estero come la Fiera d’arte Contemporanea di Marsiglia e la Mostra d’Arte Contemporanea Fiera di Monaco in Francia e la Fiera d’Arte Contemporanea – Beaulieu a Losanna in Svizzera.
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Formal rigour meets movement in Antonella Bertoni’s Geometric Abstractionism
Sometimes, despite the fact that an artist’s expressive drive is oriented towards visual determinism, inducing one to remain within a reassuring narrative equilibrium, there emerges a tendency to push towards a different interpretation, almost surprisingly able to soften the sense of that formal rigidity in order to enter a more possibilistic world where every line, every angle, lose its rigorous aspect and take on a three-dimensionality or a sense of movement which reveal a more iridescent nature linked to contemporary themes. Today’s protagonist belongs precisely to this group of artists for whom rigorousness cannot exist without a subtle softness, regularity cannot exist without the possibility that it can be modified by the inevitable flow of reality, and this approach emerges from the revisitation of a traditionally static and inflexible painting style.
The first two decades of the 20th century saw the birth of artistic currents whose main aim was to provoke a clean break with all the expressive and executive rules of the past and to give a different point of view on the value of the plastic act that had to be more in step with the times, with modernity and with the new society that was emerging in that dynamic period. The expressive principle underlying the research of many of these movements was that decomposition of the image carried out at the end of the previous century with the theories of Impressionism, Pointillism and Divisionism, from which developed the analyses over the movement of Futurism, those on temporal simultaneity and perspective of Cubism to finally reach the extremes of Abstractionism, which completely renounced the representation of reality to enter a dimension in which the pictorial gesture, the plastic act, had to prevail over any reference to the observed in order to emphasise how art was sufficient in itself. It was on the basis of this concept that was born the most rigorous of the informal movements, De Stijl, also known as Neoplasticism in which precisely the pure geometric form of the rectangle, the square and the straight line was associated with the completeness of primary colours such as red, yellow, blue, white and black.
Piet Mondrian‘s opposition to the introduction of any form he defined as impure, such as the circle or the diagonal, caused a split between him and Theo Van Doesburg, who instead felt the limit of such a clear-cut strictness, and a natural extinction of the movement which, however, inspired some Lombard artists to give birth to Geometric Abstractionism, decidedly more elastic both in the choice of a broader chromaticism and in the acceptance of a greater range of geometric figures in which even the circular form so opposed by Mondrian was accepted. The School of Como and the artists of the Galleria Il Milione in Milan displayed a softness and delicacy of colour that was almost in opposition to the rigour of the forms, yet fascinated a greater number of fans of the style. Geometricity was then essential for the research on optical illusions of Op Art in which an innovative technique was introduced whereby the resizing or enlargement of certain figures and the use of colours on a chromatic scale infused the viewer with the sensation of movement in the artworks. The Mantuan artist Antonella Bertoni, picking up the legacy of her predecessors, develops an in-depth study of Geometric Abstractionism to which she mixes the theories of Op Art personalising and adapting them to her personal approach to art, thus mitigating the excesses of the 1960s movement but retaining that sensation of slight fluctuation functional to show possibilities other than the firmness of geometry that belongs to her series of artworks. Not only that, the choice of colour is bright, clear, letting in pastel tones, thus tying in with Manlio Rho‘s expressive delicacy; in Antonella Bertoni‘s style, however, nuance is not used to give less rigour to geometric lines and shapes, but is functional to instil a sense of consistency, depth and the slight, almost imperceptible movement that belongs to every manifestation of reality. In a way, hers is an open, almost quantum vision on everything that is linked to existence, because after all, her figures always show different possibilities depending on the point of observation and are connected to that Heraclitean pantha rei according to which the flow of energies manages to modify apparently rigid forms and situations by including within them the seed of transformation.
This is perhaps the most surprising aspect of Antonella Bertoni‘s Geometric Abstractionism, that constant change that emerges from her canvases as if somehow, but unlike Op Art, an hypnotic communication is made to the observer who has the sensation of entering a parallel world where rigour can coexist with possibilism, with the flexibility of everything that belongs to life. The geometric artworks are all entitled Forme in movimento (Forms in Motion) but are then marked with a number to identify the individual canvas precisely in order to expand the meaning of the relativity of reality, of the non-determinism that lurks even where one does not suspect it might be, and this is because her paintings are in some way a metaphor for contemporary life, constantly evolving to the point that even when one may believe to have found a basis, a stability, frequently comes to terms with the awareness that soon afterwards everything may be called into question, swept along by energy currents to which, despite the need to resist them, one cannot but adapt, thus modifying oneself and his convictions. The canvas Forme in movimento 24 perfectly represents this concept, as from the dark violet background below the rhombus there seems to emerge a solidity that is immediately challenged by the geometric figure, marked by the colour lilac, within which there are shadings that seem to suggest a further fluctuation, an instability that belongs to the human being as much as the desire to never lose balance; the chromatic range in shades of violet evokes interiority, the intimate path of sensations that envelop the soul and that only manage to hold firm by admitting the possibility of instability, as part of the same evolutionary path.
In Forme in movimento 16 Antonella Bertoni tells instead of the multifaceted nature of the personalities that make up the world revolving around the individual, she opens the observer’s gaze to that chromatic multitude of individuals, each with their own point of view and their own approach to everyday life which, although different, should never come into conflict with the other but rather become a cue for acceptance through which to coexist while respecting mutual differences. On the other hand, however, it is impossible not to consider another interpretation, namely that the coloured shapes are concepts, sensations, emotions belonging to the depths of the human being and wandering inside the inner treasure chest, taking on greater consistency on the basis of the experience and memory linked to the individual circumstance. The division into halves of the rhombuses, achieved by the different colour gradation, gives the illusion of a convexity that in fact does not exist, once again showing the importance for the artist of visual communication through which to lead the observer towards the psychological and inner deepening that her Geometric Abstractionism solicits.
In Forme in movimento 12, on the other hand, what emerges is a sense of staticity, an oxymoron with respect to the title, underlined by the edging of the single rhombuses that compose a larger one and give a feeling of consistency, as if after so much floating one could reach one’s own centre, that equilibrium that can only be achieved after having accomplished a decomposition followed by a natural recomposition. Yet even in this work emerges the feeling that this balancing act is temporary, as the geometric figures are not welded to each other but maintain a minimum distance, as if they were ready to question everything again should circumstances require it. Antonella Bertoni‘s Geometric Abstractionism therefore shows the softness of the female gaze on the world, both from a colouristic and expressive point of view, and at the same time is strongly linked to that current living in which all certainties can be uprooted by new realities that come and go quickly. Antonella Bertoni regularly participates in group exhibitions and art fairs throughout Italy, both at private galleries and institutional venues, and also boasts participation abroad, such as the Marseille Contemporary Art Fair and the Monaco Contemporary Art Fair in France and the Beaulieu Contemporary Art Fair in Lausanne, Switzerland.