Le strategie messe in campo per riuscire a trovare l’amato o per convolare a nozze sono una miriade nella costellazione dei piccoli paesi del nostro stivale. In Lombardia, per non rimanere senza marito, una ragazza doveva conteggiare fino a 100 uomini che portassero la barba e, così, poter conoscere l’identità del futuro pretendente guardando in uno specchio. In Liguria, al contrario, si dovevano conteggiare 20 donne in stato di gravidanza.
Nelle terre marchigiane le ragazze dormivano per tre notti consecutive con un confetto sotto il cuscino perché, in sogno premonitore, potessero capire chi sarebbe stato il pretendente. Stesso leit motiv nelle terre venete con l’unica differenza che dovevano contare per 9 sere di fila 9 stelle e, sotto il cuscino invece del confetto c’era lo specchio.
Spostandoci nel Sud Italia e, precisamente, In Puglia nella notte fra il 23 e 24 giugno (chiamata notte di S. Giovanni) le ragazze “zitelle” che desideravano avere qualche dato sul consorte interpretavano la forma assunta da piombo liquefatto e fatto cadere in un po’ d’acqua.
Ad esempio a Milazzo il vestito è celeste e, poi la sposa non deve guardarsi allo specchio a meno che non si tolga un guanto o un orecchino; per scongiurare liti con la futura suocera la nuora le dona un rametto d’ulivo. Nelle terre sarde, al passaggio degli sposi, si fanno cadere alcuni piatti che devono rompersi per essere di buon auspicio! Mai piantare un oleandro nelle vicinanze dell’abitazione perché porta ostacoli nella strada per arrivare alle nozze, come pure mai aggiungere del vino nel bicchiere già pieno dell’ospite.
Nell’isola siciliana e in alcuni paesi dell’Italia del Sud viene apostrofata “cunzata” l’usanza di allestire il letto degli sposi, da svolgersi rigorosamente il giovedì prima del fatidico sì. Nella notte più lunga dell’anno (quella di S. Lucia), il 13 dicembre, le ragazze di Forlì usavano cucire la camicia che avrebbero poi indossato la prima notte di nozze.
A cura di Mariacristina Salini
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