A volte l’arte contemporanea è capace, attraverso un linguaggio semplice seppure non immediatamente comprensibile perché lontano da quella figurazione che l’occhio umano già conosce, di far sentire in modo inequivocabilmente chiaro la voce interiore dell’artista. Roberta Betti rientra nella tipologia di creativi in grado di trasformare le sue opere in racconti dell’anima.
Non si può distaccare il percorso creativo della Betti da quello che è il suo sentire più profondo, quel legame con la propria essenza che le permette di trasformare il silenzio nello sfondo ideale e fondamentale per lasciar parlare, attraverso la sua mano e i pennelli, i colori che di volta in volta sceglie per il racconto dell’istante che sta vivendo. L’alternanza delle tonalità calde o fredde dipende dalla sensazione che desidera esprimere, da ciò che l’ambiente circostante le suggerisce, dalla fase emotiva in cui si trova, ed è fondamentale per trascinare l’osservatore dentro un mondo in cui l’atmosfera ovattata e avvolgente del silenzio, rappresentata dal nero del fondo, si amalgama perfettamente con quel canto emozionale che ne rompe la staticità e la quiete per descrivere note intense, vitali, vulcaniche laddove in altri casi invece sono più meditative, più riflessive e moderate.
L’impetuosità del rosso travolge e al tempo stesso irrompe dalla tela come se volesse arrivare all’esterno, oltre i confini delineati, oltre quello spazio limitato che sembra essere troppo piccolo per contenerne la forza; la luce intensa del giallo
sembra essere invece un faro nel buio, una guida rassicurante verso l’incertezza dell’inconoscibile, il disegno circolare, il vortice, avvolge e protegge l’insicurezza rendendo il viaggio verso l’evoluzione meno nebbioso e confuso.
E poi ancora le voci dell’azzurro conducono l’osservatore verso una modalità rasserenante, una pausa in cui prendere fiato e farsi delle domande pur senza l’urgenza impellente di trovare le relative risposte, il ritmo sembra essere più lento, meno incalzante, meno esplosivo, e la mente riesce a entrare quindi in collegamento più diretto con l’anima.
Ogni opera comunica in maniera diretta con chi guarda le tele, ne tocca le corde emotive e lo prende per mano, suggerendogli di ascoltare la voce della non figurazione, quella che gli permette, a lui come all’artista stessa, di esprimersi con un linguaggio più spirituale, meno chiaro ma senza alcun dubbio più vibrante. Per Roberta Betti l’Arte Informale non è un punto di partenza bensì un punto di arrivo, un luogo superiore al quale è giunta dopo aver sperimentato, fin dagli anni Novanta, stili decisamente più figurativi dedicandosi in particolar modo ai paesaggi; solo in un secondo tempo, e quando già la pittura era diventata protagonista assoluta della sua vita e del suo lavoro, è approdata al genere attuale, seguendo non tanto un impulso quindi, ma piuttosto un imperativo profondo di una sensibilità che necessitava di trovare la strada migliore per liberarsi.
Da quel momento in avanti la sua carriera artistica segna un’accelerazione: nel 2010 apre il suo atelier, Il punto di fuga, in pieno centro di Chiusi, nel 2012 una sua opera riceve una menzione in una mostra collettiva presso la Galerie Thuillier di Parigi, e nel 2013, presso la AmArtgallery di Bruxelles, nel 2014 ad espone nuovamente a Parigi nell’ambito di una collettiva presso il prestigioso Salone della Torre Eiffel. Il suo marcato dinamismo creativo la porta a dedicarsi anche alla moda riproducendo a mano, con la raffinata tecnica della pittura su stoffa, suoi disegni su tessuti di alto pregio come la seta che danno vita a bellissime tuniche e foulard, e poi anche borse, cornici spatolate con l’utilizzo e la modellazione di malte, portafotografie realizzati a tema sia dipinti che spatolati, lampade, con basi di legno o altri materiali corredate da cappelli, anch’essi decoratitutti a loro volta decorati a mano.
Per la moda e l’oggettistica predilige i fiori e tonalità che sembrano essere più lievi, più serene, più discrete se vogliamo, rispetto alle intensità delle tele, forse perché il momento interiore è quello che si dovrebbe vivere con se stessi, sembra suggerire Roberta Betti, faccia a faccia con le proprie debolezze e nella riservatezza di luoghi che ci facciano sentire al sicuro, quelli in cui possiamo liberarci dalle maschere che indossiamo per nascondere la nostra fragile essenza e fare i conti con le nostre paure, insicurezze, dubbi. Solo dopo aver compiuto il percorso introspettivo siamo capaci di rivolgerci all’esterno attraverso la serenità e la leggerezza sorridente di chi ha trovato il proprio equilibrio. Ecco che quindi, nei decori predilige lo stile figurativo, per le stoffe in particolare sceglie i fiori, leggeri e impalpabili, meraviglie della natura tanto quanto può esserlo il momento in cui possiamo indossare un capo unico e di gran classe.
Nei tessuti le tonalità non sono definite bensì tendono a sfumare, proprio per sottolineare l’eleganza della semplicità, della stoffa che deve avvolgere morbidamente le forme senza mai essere eccessiva, come un ornamento che deve esaltare la luce interiore che rappresenta e rivela la vera bellezza. Un’artista dinamica, eclettica, Roberta Betti, una sognatrice che ha trasformato la sua passione in un vero e proprio lavoro.
ROBERTA BETTI-CONTATTI
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