Il 18 febbraio del 1967 nasceva a Caldogno Roberto Baggio, il Divin Codino a cui è dedicato il volume. L’autore ci parla del suo omaggio a giocatore nel giorno del suo 54esimo compleanno
“Roberto Baggio. Il Divin Codino” di Fabio Fagnani, un libro per rendere omaggio al grande campione nel giorno del suo 54esimo compleanno. Pallone d’Oro nel 1993, Roberto Baggio è un campione amato da tutti, indipendentemente dai colori che ha indossato. L’unico nella storia del calcio italiano ad aver segnato in tre mondiali diversi e anche per questo il solo colore che lo rappresenta è l’azzurro della Na-zionale. Il 16 maggio 2004 accarezzava per l’ultima volta il pallone, sfiancato dagli infortuni e dalle incomprensioni con gli allenatori. Ma quello che è stato uno dei fantasisti più forti di tutti i tempi ha lasciato un vuoto che ancora avvertiamo, a livello sportivo e umano. Fabio Fagnani, giornalista e docente, appassionato di racing e di calcio. Crede di esser ancora un discreto giocatore di terza categoria di medio/alta classifica. Gli piacciono le discussioni, il cinema, le serie TV, i fumetti, la tecnologia. Ama la politica e odia i politici, guarda verso il futuro con un occhio sul passato.
Fabio Fagnani ci ha gentilmente concesso un’intervista.
“Roberto Baggio. Il Divin Codino” è il suo nuovo libro, di che cosa si tratta?
È la biografia di Baggio raccontata attraverso i suoi migliori 20 gol (con qualche bonus), disegnati da Cesare Righi. Parto dal provino al Lanerossi Vicenza fino all’ultimo gol con la maglia del Brescia. In mezzo tutta l’essenza di un campione assoluto, senza tempo.
Che cosa ha lasciato secondo lei Roberto Baggio a livello calcistico e umano?
Credo che Baggio sia l’ultimo tesoro italiano. Totti e Del Piero sono “figli” suoi. È stato un calciatore capace di diventare di più di uno sportivo. Come scrivo nel sottotitolo del libro “è diventato un sentimento”. Nonostante tutti gli infortuni e i fraintendimenti tattici dell’epoca, Baggio è stato una leggenda. In pochi possono definirsi tali. Dal punto di vista umano è stato un grande uomo. Basti leggere la lettera dedicata a Borgonovo, presente all’interno del libro, o la sua presenza ad Amatrice nel giorno dei suoi 50 anni per stare vicino alle vittime del terremoto. Non è un caso che sia stato insignito del riconoscimento World Peace Award nel 2010. Un’icona, da ogni punto di vista.
Il calcio attualmente può ancora trovare spazio per i sentimenti come avveniva con il “Divin Codino”?
È difficile, davvero. Però dopo Baggio ci sono stati altri calciatori che sono stati intensamente emozionanti come lui, anche se sono rimasti nelle loro squadre diventando bandiere: Maldini, Zanetti, i già citati Totti e Del Piero. Baggio, nonostante i tanti cambi di maglia, è amato universalmente. Da tutti. Oggi si pensa troppo spesso ai soldi, non che all’epoca non ci fosse questa richiesta, ma c’era tanto altro. Va anche aggiunto che le lacrime di Insigne dopo il rigore sbagliato in Supercoppa mi fanno credere che c’è e ci sarà sempre posto per le emozioni, anche in un calcio spesso troppo drogato e anestetizzato dal denaro.
Qual è il fascino di raccontare il calcio attraverso la scrittura, come ad esempio nel caso di questo libro?
Alla fine del mio secondo libro – “Le Leggende del Motociclismo” (Diarkos, 2020) – scrivo: “La scrittura è come volare con la differenza che sei tu a decidere da che parte soffia il vento”. Credo molto in questa frase. Credo che la bellezza di toccare delicatamente i tasti e veder comporre qualcosa che possa incidere, che possa piacere, che possa provocare una reazione, anche di critica, anche scomoda, sia un’arte che non deve essere sottovalutata e dimenticata. Lo sport è amore e scrivere mi aiuta a mantenere saldo questo sentimento, a renderlo infinito. Perché la gioia per un gol, per un sorpasso, per una schiacciata può passare l’azione dopo, l’evento che ti ha regalato un sorriso, un urlo, una lacrima rimarrà per sempre.