“Bevo per lavarmi da questa nottataccia. Un’altra nottataccia. Adesso vado a casa per cercare di dormire qualche ora. Ma fatico ad addormentarmi dopo tutte le facce che ho visto passare qua”.
Perché fatichi?
“Perché qui c’è tutta gente che non sopporto. I più simpatici sono quelli che non faccio entrare. I disgraziati senza soldi. Quelli che pensano che là dentro ci si diverta come pazzi. Chissà cosa sognano in quelle teste. Io ci vado ogni tanto dentro, vedo quelle facce. Tutti bluastri coi riflettori addosso. Sudano e bevono, fumano e gridano frasi senza senso. C’è troppa musica. Al massimo. Lasciano al guardaroba quasi tutto. Rimangono a torso nudo, o con delle camicette leggere, che poi si bagnano di sudore. Non c’è una coppia sana. Io li vedo i giochi che fanno. Si scambiano i compagni, le mogli. Ma senza farsi accorgere. La loro preoccupazione principale è il telefonino che non prende.
Allora ogni tanto escono e parlano con chissà chi. Non importa se fa freddo, se sono sudati: devono usare il telefonino, contattare gente lontana, viziata come loro. E questi qua fuori li guardano come fossero dei personaggi importanti. Non sanno che là dentro si stanno annoiando tutti. Anche il proprietario, anche i camerieri. Però non si può dire. Il primo che lo dice devono sbatterlo fuori dal locale. Là dentro tutto è bello, tutto funziona, tutto costa. Dopo mezzanotte arrivano gli attori della televisione o del cinema. Allora mi tocca bloccare i fotografi. Scattano flash come pazzi. E quelle foto le vedo il giorno dopo sui quotidiani, o sui settimanali. In copertina… E la gente qua fuori arriva ad applaudire. Chiede l’autografo. Impazzisce. Io ci vado là dentro, e vedo quello che fanno gli attori. Si siedono ai tavoli, bevono gratis e s’annoiano.
Non mangiano mai. Bevono soltanto e parlano di contratti, d’ingaggi. E intanto la gente qua fuori sogna chissà che cosa. Io ne conosco tanti d’attori. E’ gente vuota. In tanti anni avrei potuto anche fare lo spiritoso con qualche attrice. Ma ho sempre preferito la guardarobiera. Una ragazza di Fregene, che arriva ogni sera qui a Roma in motorino. Meglio lei di quelle attrici di nome, che puzzano di profumo. Di lei rischi anche d’innamorarti, perché è pulita, perché ha capito che quelle attrici non valgono niente, e che i soldi li rubano ai produttori. Per tutta la gente qua fuori la guardarobiera è una ragazza qualsiasi. Non c’è bisogno d’autografo. Quando lei esce nessun fotografo scatta un flash. Anche il proprietario ha capito tutto. Quando fa le cene per questi attori, fa servire un primo piatto di pasta, e poi alcol. Quelli non mangiano perché devono dimagrire, e bevono soltanto. E si dimenticano di dove sono, forse di chi sono”.
Distruggi proprio tutti…
“No, io difendo la gente che resta fuori… E poi una notte ho salvato un’attrice molto giovane. Una ragazza del Nord, che era venuta qua dentro accompagnata dal produttore d’un film. Avevano fatto tardi, erano rimasti soli nel locale. Lui voleva provarci. Quando sono andato dentro lei mi ha dato uno sguardo disperato, mi ha fatto capire d’aiutarla. Allora ho rischiato il posto. Mi sono messo a mezzo metro dal produttore, e ho cominciato a fissarlo. Quello non sapeva che fare: ha anche provato a chiamare il proprietario. Ha protestato, voleva farmi licenziare. Ma ero deciso, e anche il proprietario ha dovuto cedere le armi.
Si è allontanato, e m’ha lasciato solo col produttore e l’attrice. Dopo mezz’ora, dopo che si sono bevuti altre due, tre coppie di champagne, lui mi ha chiesto di chiamargli un taxi, e se ne è andato via da solo. Io ho accompagnato fuori l’attrice…era l’alba, come adesso. Non finiva mai di ringraziarmi. Poi è scoppiata a piangere. Accompagnami a casa, mi diceva. Non la smetteva mai di piangere. L’avevo salvata. E non ero stato licenziato. Quando il padrone è uscito, m’ha dato una pacca sulla spalla, e ha dato un bacio in fronte a lei. Una scena che non dimentico mai. E forse se sono ancora qua a lavorare, è perché ho salvato quella ragazza. E’ lì, che il proprietario ha capito chi sono. É lì che io ho capito chi è il proprietario. Un uomo come noi due. Che deve tirare a campare”.
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