La capacità di un creativo di trasformare in arte tutto ciò che la sua sensibilità lo spinge a osservare, è una qualità innata che traspare in qualunque sia il mezzo espressivo di cui si avvale per manifestare la propria personale narrazione, il proprio punto di vista su ciò che costituisce una realtà che solo in virtù della sua interpretazione può assumere un ruolo di primo piano. Nel caso della fotografia, mezzo persino fin troppo abusato nella quotidianità della vita contemporanea, la capacità di qualcuno di trasformare in visione poetica quei dettagli che da un occhio meno delicato sarebbero trascurati e perduti nella visione globale emerge in maniera fortemente evidente al punto di conquistare l’osservatore che si sente così trasportato in una dimensione sognante e lirica da cui è completamente avvolto. Questo è l’effetto che si riceve osservando le opere fotografiche del protagonista di oggi il quale rivela particolari e scenari incantevoli proprio per la sua capacità di trasformare tutta la realtà in idillio narrativo da cui si vorrebbe non dover mai uscire.
Intorno ai primi decenni del Novecento, la fotografia cominciò ad assumere un ruolo via via più importante nel mondo dell’arte visiva, poiché da mezzo per semplificare l’esecuzione del ritratto e renderlo più economico rispetto a un dipinto e di conseguenza accessibile a un pubblico più vasto, si trasformò in splendido strumento interpretativo della poesia che poteva essere colta nelle strade e in ogni angolo cittadino tanto quanto le immagini scattate dai grandi fotografi dell’epoca furono documenti della vita quotidiana ma anche della situazione sociale e degli eventi che si susseguirono in Europa. Man Ray, sperimentatore ed esponente del Surrealismo dunque proiettato a sottolineare l’enigma, l’inquietudine e l’irrealtà nella realtà, Robert Doisneau fotografo romantico e in grado di evidenziare il bello all’interno dei frammenti di vita della società Parigina della prima metà del Ventesimo secolo, Henri Cartier-Bresson il cui sguardo poetico traduceva in magia ogni dettaglio colto per caso durante le passeggiate nelle città, Ansel Adams magnifico paesaggista in grado di evidenziare il sublime della natura allo stesso modo in cui era evidenziato nell’Ottocento pittorico dal Romanticismo, furono tutti celeberrimi esponenti della fotografia in bianco e nero di cui seppero esaltare l’approccio realista ma anche trascendente la semplice oggettività. Qualche decennio dopo questi grandi maestri furono affiancati da una nuova generazione di fotografi che diedero al colore una forte accezione rappresentativa, seppur ciascuno con la propria naturale tendenza, più documentarista quella di Steve McCurry, che trasportò gli appassionati in paesi lontani mostrandone la quotidianità e la semplicità del vivere, più quotidiano e rappresentativo della vita nelle piccole cittadine rurali statunitensi Stephen Shore, divertente nella sua osservazione ironica e critica delle abitudini della società degli anni Ottanta e Novanta l’inglese Martin Parr e infine il poetico e quasi metafisico paesaggista italiano Luigi Ghirri che seppe avvicinare la fotografia alla pittura in virtù della sua capacità di sfumare le ambientazioni cogliendone il lato più sottilmente enigmatico. Nell’attualità, grazie al costante progresso e alla tecnologia sempre più avanzata, le persone hanno facilmente accesso alla possibilità di realizzare scatti di ottima qualità e definizione, ritoccandone il risultato ma spesso senza avere quell’approccio artistico, quello sguardo particolare in grado di avvolgere ogni dettaglio di lirica visiva che fa la differenza e converte lo scatto in un un’opera d’arte.
Il fotografo croato Siniša Strčić va a fondere le atmosfere magiche di Luigi Ghirri al paesaggismo romantico di Ansel Adams dando così vita a narrazioni affascinanti dell’osservato dove qualunque scorcio, qualsiasi dettaglio, sono trasformati da lui in splendida occasione per lasciarsi andare alle sottili energie che circondano la realtà, per riflettere sull’immensa bellezza della natura e sull’irrilevanza dell’uomo se paragonato all’immensità del mondo che lo accoglie. In qualche modo la riflessione compiuta da Siniša Strčić non è molto lontana da quella di William Turner che sottolineava nelle sue magistrali opere proprio l’aspetto sublime dei panorami raccontati dove l’essere umano era per lo più assente, perché la sua presenza era trascurabile.
Anche nei paesaggi di Siniša Strčić la figura umana non viene rappresentata, come se egli dovesse porsi come mero osservatore del fascino silenzioso della natura, come se la sua presenza potesse in qualche modo disturbare la magica armonia che emerge guardando gli scorci narrati attraverso la sensibilità dell’artista; nelle poche opere fotografiche in cui lo sguardo si sposta sull’essere umano invece, il coinvolgimento è totale, talmente è rapito dall’immagine immortalata da generare un’emanazione che sembra propagarsi all’ambiente circostante, irradiando l’energia verso l’esterno da sé.
Questo è il caso di Mother’s Love dove è rappresentato il tema della maternità descritta in modo carezzevole, morbido, collocando la giovane donna e la sua bambina in un contesto incantato che le avvolge quasi a volerle proteggere; lo sguardo di Siniša Strčić è totalmente rapito dalla bellezza davanti ai suoi occhi così come dall’interazione magica tra la purezza della presenza umana e l’ambiente che circonda la mamma con la sua piccola. In questa fotografia si può sicuramente parlare di Romanticismo poiché la tematica della connessione tra natura e individuo, in grado di influenzarsi vicendevolmente, è esattamente uno dei temi centrali del movimento pittorico del Diciannovesimo secolo.
In Park invece lo stile tende più verso un sottile Simbolismo poiché lo scorcio immortalato appare misterioso, nascosto, evoca quasi una sensazione di inquietudine in quel non sapere cosa possa nascondersi oltre i rami del salice; la mente è così chiamata a compiere uno sforzo intuitivo, ad andare oltre per immaginare tutto ciò che pur non essendo chiaramente rappresentato può appartenere a quella realtà che però sembra sfuggire, come se il fotografo avesse voluto lasciare tutto in sospeso per dare vita a un’atmosfera indefinibile dove ciascuno, sulla base della propria sensibilità o del proprio unico percorso conoscitivo, può sentirsi coinvolto, attratto oppure respinto qualora il timore dell’ignoto sia l’emozione preponderante. Anche in questo lavoro i colori sono tenui, sfumati perché per Siniša Strčić la fotografia è momento creativo, capacità di raccontare una storia che la realtà non riesce a mostrare, rendendo dunque necessaria una dissolvenza che equivale alle sensazioni di cui desidera avvolgere la scena.
Nell’opera The Spider invece il riferimento più evidente è quello Surrealista Metafisico perché l’aracnide descritto e messo in primo piano al centro della scena sembra quasi volersi trasformare in altro, nascondere la sua vera essenza, rifugiarsi all’interno di un foro dal quale sentirsi solo falsamente protetto perché di fatto il resto del suo corpo è visibile; in qualche modo questa fotografia è un’allegoria della società contemporanea costituita da individui che preferiscono celare la propria vera essenza salvo poi trovarsi completamente isolati per non essere stati capaci di essere se stessi. Molto spesso, sembra suggerire Siniša Strčić, è meglio farsi vedere per come si è senza omettere nulla perché solo così sarà possibile trovare la persona che sarà in grado di apprezzare tutto, il lato negativo come quello positivo; nella società dell’apparire forse la scelta migliore è quella di essere. Dal punto di vista più strettamente realizzativo l’opzione macro utilizzata per mettere in risalto la bellezza inquietante del ragno, rende il resto dell’ambientazione decisamente surreale, come se appartenesse a un mondo parallelo o post-apocalittico costituito da creature misteriose e, ancora una volta, dall’assenza dell’essere umano.
In Christmas Time invece Siniša Strčić attinge stilisticamente alle geometrie e alle simmetrie del grande fotografo italiano Gabriele Basilico, di cui riprende l’impostazione perfettamente centrata di un soggetto che però è tutto tranne che razionale e schematico, piuttosto è pittoresco poiché appartiene alla tradizione cattolica ed evoca automaticamente la gioia delle festività, il calore degli addobbi che rende meno gelido il clima e le strade innevate infondendo nell’osservatore il desiderio di trovarsi esattamente lì, sotto quella costruzione in legno che scalda il cuore.
Siniša Strčić vive e svolge la sua attività di fotografo professionista a Zagabria e ha al suo attivo la partecipazione al BIAF 2023-2024 che ha avuto luogo a Busan, in Corea del Sud, e all’International Painting and Photography Salon 2024 patrocinato dall’UNOTA e dall’UNESCO.
SINIŠA STRČIĆ-CONTATTI
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The ability of a creative to transform into art everything that his sensitivity prompts him to observe is an innate quality that shines through in whatever expressive medium he uses to manifest his personal narrative, his point of view on what constitutes a reality that can only take a leading role by virtue of its interpretation. In the case of photography, a medium that is even too abused in the everyday life of today, someone’s ability to transform into a poetic vision those details that would be overlooked and lost in the overall vision by a less delicate eye emerges in a strongly evident manner to the point of conquering the observer who thus feels transported into a dreamy and lyrical dimension by which he is completely enveloped. This is the effect one receives when observing the photographic works of today’s protagonist, who reveals enchanting details and scenarios precisely because of his ability to transform all of reality into a narrative idyll from which one wishes one never had to leave.
Around the first decades of the 20th century, photography began to take on an increasingly important role in the world of visual art, as from being a means of simplifying the execution of a portrait and making it cheaper than a painting and consequently accessible to a wider public, it turned into a splendid interpretative tool of the poetry that could be captured in the streets and in every corner of the city, just as the images taken by the great photographers of the time were documents of everyday life but also of the social situation and events that took place in Europe. Man Ray, an experimenter and exponent of Surrealism, thus projected to emphasise the enigma, the disquiet and the unreality in reality, Robert Doisneau a romantic photographer capable of highlighting the beauty within the fragments of life in Parisian society in the first half of the 20th century, Henri Cartier-Bresson whose poetic gaze translated into magic every detail caught by chance during walks in the cities, Ansel Adams, a magnificent landscape painter who was able to highlight the sublime in nature in the same way as it was underlined in 19th century Romantic painting, were all celebrated exponents of black and white photography, whose realist approach they were able to exalt but also transcend simple objectivity.
A few decades later, these great masters were joined by a new generation of photographers who gave colour a strong representational meaning, albeit each with their own natural tendency: Steve McCurry was more documentary, transporting enthusiasts to distant countries and showing the everydayness and simplicity of life; Stephen Shore was more representative of everyday life in small rural towns in the United States, amusing in his ironic and critical observation of the habits of society in the 1980s and 1990s the Englishman Martin Parr, and finally the poetic and almost metaphysical Italian landscape photographer Luigi Ghirri, who was able to bring photography closer to painting by virtue of his ability to blur the settings by capturing their more subtly enigmatic side. In today’s world, thanks to constant progress and ever more advanced technology, people easily have access to the possibility of taking shots of excellent quality and definition, retouching the result but often without having that artistic approach, that special look capable of enveloping every detail in visual lyricism that makes the difference and converts the shot into a work of art. Croatian photographer Siniša Strčić blends the magical atmospheres of Luigi Ghirri with the romantic landscapes of Ansel Adams, thus creating fascinating narratives of the observed, where any glimpse, any detail, is transformed by him into a splendid opportunity to let oneself go to the subtle energies that surround reality, to reflect on the immense beauty of nature and the irrelevance of man compared to the immensity of the world that welcomes him. In some ways, the reflection made by Siniša Strčić is not far removed from that of William Turner, who emphasised in his masterly artworks precisely the sublime aspect of the landscapes depicted where human beings were mostly absent, because their presence was negligible.
Even in Siniša Strčić‘s landscapes, the human figure is not represented, as if he were to pose as a mere observer of the silent charm of nature, as if his presence could somehow disturb the magical harmony that emerges when looking at the views narrated through the artist’s sensitivity; in the few photographic artworks in which the gaze shifts to the human being, on the other hand, the involvement is total, so enraptured is he by the immortalised image that he generates an emanation that seems to spread to the surrounding environment, radiating energy outwards from himself. This is the case in Mother’s Love where the theme of motherhood is portrayed in a caressing, soft way, placing the young woman and her child in an enchanted context that envelops them almost as if to protect them; Siniša Strčić‘s gaze is totally enraptured by the beauty before his eyes as well as by the magical interaction between the purity of the human presence and the environment surrounding the mother with her little one.
In this photograph, one can definitely speak of Romanticism, as the theme of the connection between nature and the individual, capable of influencing each other, is precisely one of the central items of the 19th century painting movement. In Park, on the other hand, the style tends more towards a subtle Symbolism as the immortalised view appears mysterious, hidden, evoking almost a feeling of disquiet in that we do not know what may lie hidden beyond the branches of the willow tree; the mind is thus called upon to make an intuitive effort, to go beyond in order to imagine everything that, although not clearly represented, may belong to that reality that seems to elude, as if the photographer had wanted to leave everything in suspense in order to give life to an indefinable atmosphere where everyone, on the basis of his own sensitivity or his own unique cognitive path, may feel involved, attracted or repelled if fear of the unknown is the preponderant emotion.
In this work, too, the colours are soft, muted because for Siniša Strčić photography is a creative moment, the ability to tell a story that reality cannot show, thus necessitating a fading that is equivalent to the feelings with which he wishes to envelop the scene. In the work The Spider, on the other hand, the most obvious reference is the Surrealist Metaphysical one, because the arachnid described and placed in the foreground at the centre of the scene almost seems to want to transform itself into something else, to hide its true essence, to take refuge inside a hole from which it only feels falsely protected because in fact the rest of its body is visible; in some ways this photograph is an allegory of contemporary society, made up of individuals who prefer to conceal their true essence only to find themselves completely isolated because they have not been able to be themselves.
Very often, Siniša Strčić seems to suggest, it is better to show oneself as one is without omitting anything because only in this way will it be possible to find the person who will be able to appreciate everything, the negative as well as the positive side; in the society of appearances perhaps the best choice is to be. From a more strictly realist point of view, the macro option used to emphasise the spider’s disturbing beauty makes the rest of the setting look decidedly surreal, as if it belonged to a parallel or post-apocalyptic world made up of mysterious creatures and, once again, of the absence of a human being. In Christmas Time, on the other hand, Siniša Strčić draws stylistically on the geometries and symmetries of the great Italian photographer Gabriele Basilico, of which he takes the perfectly centred approach to a subject that is, however, anything but rational and schematic, rather, it is picturesque because it belongs to the Catholic tradition and automatically evokes the joy of the festivities, the warmth of the decorations that make the climate less icy and the snow-covered streets instilling in the observer the desire to be right there, under that heart-warming wooden construction. Siniša Strčić lives and works as a professional photographer in Zagreb and has to his credit the participation in the BIAF 2023-2024 in Busan, South Korea, and the Painting and Photography Salon 2024 Croatia under the auspices of UNOTA and UNESCO.
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