La preghiera andrà in onda dalla Cappella della Madonna del Sacro Cingolo della Cattedrale di Prato e sarà presieduta dal vescovo, mons. Giovanni Nerbini.
È il simbolo religioso e civile di Prato. La Sacra Cintola, o Sacro Cingolo, è conservata nella cappella omonima della basilica cattedrale di Santo Stefano. La sottile striscia di lana – quasi un presagio per una città che sul tessile ha costruito la sua fortuna – è appunto la cintura che, secondo antiche tradizioni, la Vergine donò a san Tommaso al momento della sua assunzione. Questo prezioso simbolo di unione tra cielo e terra, tra l’umano e il divino, ha costituito per secoli non solo il fulcro della religiosità pratese, ma anche l’elemento simbolico-devozionale che ha connotato la “pratesità”, giustificando e sostenendo le istanze di autonomia in campo civile, oltre che religioso, di Prato nei confronti delle vicine città di Firenze e Pistoia.
La Storia della Cintola trae origine da antiche tradizioni del V-VI secolo; vi si narra che un angelo annunciò alla Vergine la morte, tre giorni prima dell’evento, e subito portò presso di lei da località diverse, prodigiosamente, tutti gli apostoli, escluso san Tommaso. Essi assitettero la Vergine fino al suo trapasso [da Museo, Niccolò del Mercia, Dormitio], quindi ne trasportarono il corpo nella valle di Giosafat e lo posero in un sepolcro chiuso da una grossa pietra. Subito dopo gli apostoli furono accecati da una forte luce, e nello stesso momento san Tommaso venne portato prodigiosamente dall’India sul Monte degli Ulivi. Di qui egli vide, dentro una luminosissima nube, la Vergine che veniva assunta in Cielo: la invocò e la Madonna gli gettò la propria cintura, in segno di benevolenza e a testimonianza dell’evento miracoloso.
La tradizione pratese (le cui versioni più antiche risalgono probabilmente al Duecento, basate su racconti tramandati oralmente) prosegue il racconto, riferendo che san Tommaso lasciò la Cintola ad un sacerdote, perché fosse venerata in una chiesa da costruire in onore della Madonna. Per timore dei Giudei, però, l’edificio non fu mai edificato, e per secoli la reliquia venne tramandata dai discendenti del sacerdote.
Intorno al 1140 Michele, un devoto pratese di modeste condizioni (la tradizione lo dice pellicciaio), giunse in pellegrinaggio a Gerusalemme, dove si innamorò di una fanciulla, Maria. La sposò in segreto all’insaputa del padre di lei, un sacerdote di rito orientale, e dovette perciò fuggire, dopo aver ricevuto in dono dalla madre di Maria un canestrino di giunchi marini che conteneva la reliquia. Michele, tornato per nave in Italia, quindi a Prato nel 1141, non fece parola con nessuno della Cintura, e solo in punto di morte – intorno al 1172 – la donò a Uberto , proposto della pieve di Santo Stefano, svelandogliene l’origine. Le storie narrano poi dei dubbi del proposto e del prodigioso manifestarsi della reliquia, portata infine nella Pieve e esposta da allora alla venerazione del popolo.
Fin dalle origini – ma soprattutto dal Cinque-Seicento – oltre che nelle ostensioni solenni la Cintola fu spesso mostrata a papi, prelati, principi o personaggi della corte (la tradizione accenna anche alla presenza di san Francesco; sicuramente la venerò san Bernardino), ma fu anche esposta in caso di epidemie, maltempo, siccità, per supplicare l’aiuto della Madonna.
Se il culto popolare si mantenne fortissimo, la devozione della corte fiorentina diminuì notevolmente nel granducato lorenese; Pietro Leopoldo a fine Settecento riteneva il culto della Cintola una superstizione, e con lui concordava il vescovo di Pistoia e Prato Scipione dei Ricci. Ma bastò il sospetto che il vescovo volesse far demolire l’altare della Cintola a provocare nel 1787 un grave tumulto popolare; pochi anni dopo il Ricci si dimise dal suo incarico.
Nel corso dell’Ottocento non mancarono ostensioni straordinarie per ospiti illustri (Pio VII, Pio IX), e anche dopo l’Unità di Italia non venne meno il concorso dei magistrati cittadini alle ostensioni pubbliche, fino alla frattura del 1901, quando l’amministrazione pubblica, di sinistra, rifiutò di presenziarvi, e nel 1904 rese le chiavi dell’altare alla chiesa (le richiese solo nel 1931, dopo i Patti Lateranensi).
Ma ancora nel Novecento la religiosità pratese che si esprimeva nella pietà popolare è stata incentrata sulla sacra Cintola, come mostrano i due congressi mariani diocesani (1937, 1949), la grande processione del 1945, al termine della II Guerra mondiale, la Peregrinatio Mariae del 1949 o le recenti celebrazioni dell’anno mariano (1988), del 1995 (VI centenario della traslazione della Cintola nell’attuale cappella), del grande Giubileo del 2000, fino alle celebrazioni (2003-2004) per il 350° dell’istituzione della Diocesi di Prato, che sottolineano la persistente capacità della Cintola di legare, di stringere la comunità pratese alla Vergine, evidenziando il legame ancora saldo tra valori e simboli della storia civile e della tradizione religiosa pratese.
Cenni storici tratti dal sito della Diocesi di Prato
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