Dopo il misterioso omicidio notturno della botanica Stella, un altro incubo si abbatte sull’Istituto Agrario Betelguese: aggressioni e bugie non sono terminate… Coinvolgeranno tutti, fino all’epilogo, dove i rimasti non avranno molto tempo a disposizione per capire davvero. Di seguito la seconda parte del racconto di fantasia di Alice Brunner.
Finalmente dopo mezz’ora Mazze raggiunse trafelato i due investigatori. Era un uomo di mezz’età, col camice bianco e grandi occhiali da miope:
“Una tragedia! Una tragedia! L’ho saputo solo adesso…”.
“Buongiorno dottor Mazze, sono il Comandante della Gendarmeria locale. Dove possiamo parlare con calma?”.
“Certo prego accomodatevi nella mia stanza. Povera Stella! Non mi capacito io…”.
“Eravate molto amici?”.
“Amici, colleghi, collaboratori! Tutto! Ci mancherà maledizione. Ma cosa è successo?”.
“Troppo presto per sapere chi l’ha uccisa, le indagini sono appena avviate. Piuttosto, in che rapporti eravate? Su cosa stavate lavorando?”.
“In rapporti ottimi io e Stella. Da cinque anni portavamo avanti grazie allo sponsor Bradley il progetto FitoAli. Un’impresa faraonica, che consiste nello sfruttare piante fiori cereali per
l’alimentazione umana. Un principio antichissimo, ma Stella, Betelguese ed io abbiamo apportato una rivoluzione. Anni fa siamo riusciti a sintetizzare una molecola vegetale. Grazie a questa molecola del tutto naturale, abbiamo elaborato un composto alimentare superlativo: ricchezza di vitamine e proteine, e soprattutto un sapore molto gradevole. Da qui l’idea di Irina Betelguese: una nuova merenda per bambini. Uno snack a basso costo ma d’ altissima qualità. Il manager sponsor Bradley era entusiasta: stiamo già producendo la merendina su vasta scala. Dopo un’opportuna campagna pubblicitaria, il fatturato della nostra Azienda sarà triplicato! Un trionfo per la FitoAli”.
“Bene dottor Mazze, è stato chiaro. Ma Stella Fittus aveva di recente litigato con qualcuno di voi? Infatti ci hanno riferito che fosse stata minacciata…”.
“Non mi risulta. Con me nessuno screzio. Forse con la direttrice Betelguese… qualche contrasto, qualche piccola discussione”.
Ma non potevano interrogare la direttrice: Irina si trovava a Parigi già da una settimana, specificò Mazze. Un Congresso di specialisti ed azionisti, fra i quali anche Bradley.
Elena ed il Comandante si congedarono. Prima di uscire dal complesso Agrario dettero un’occhiata al laboratorio della Fittus. La Scientifica aveva fatto per ore il sopralluogo, senza trascurare nessun dettaglio. I tavoli e gli appoggi erano pieni di rami, petali, terriccio per le analisi ed i test, i computer i monitor ed i microscopi spenti e sigillati.
Quando i due Investigatori tornarono alla Gendarmeria, trovarono pronto il referto medico sulla povera Stella. La botanica era stata afferrata violentemente alle braccia, poi al collo. Aveva opposto molta resistenza, le unghie erano spezzate nel tentativo di liberarsi. Era stata strangolata con un laccio di fibre vegetali, forse una corda. Non si rilevavano altre tracce di violenza, a parte il trascinamento nel cespuglio per occultarne il corpo. Il fascicolo fu trasferito al Giudice di competenza. Elena collaborò con il Capo per buttar giù un piano di lavoro.
Non è che il Comandante odiasse essere svegliato da una telefonata. Infatti non dormiva molto. Sapeva che di notte succedevano cose che non sarebbero mai accadute di giorno.
Cose di un’altra natura – quella cupa e ferrigna del buio. Quindi appena suono’ il cellulare alle tre e venti, lui pensò: ecco una bega colossale. Dall’altro capo parlò il Giudice in persona: si vesta Comandante voli! Venga all’Istituto Betelguese! Terribili fatti…e così via.
All’arrivo del Capo all’Istituto Agrario, si presentò il mondo nonostante fosse piena notte: Elena, il Giudice, il Medico legale e un furgone funebre.
Il Giudice l’apostrofo’ con malgrazia: “Ecco altro lavoro per la vostra squadra. Che tragedie infernali!”.
Gli fece strada fino alla Serra Calda: “Osservi che macello. Il centralino delle emergenze riceve poco dopo l’ una di notte una chiamata d’ aiuto. L’operatore percepisce poche parole tipo non respiro mi uccidono, rintracciano il luogo della chiamata ed il resto lo vedete da voi”.
Nella Serra Calda, già riempita di rilevatori della Scientifica, troneggiava al centro un grande cactus, un Saguaro. Mazze giaceva supino ai bordi della pianta. Uno dei grossi rami era spezzato, legato con una fune di canapa che arrivava fino al collo dell’uomo. Accanto gli occhiali rotti ed un cellulare.
Il Comandante scosse la testa: “Omicidio? Suicidio?”.
“Ucciso di sicuro. Gli assassini l’hanno letteralmente sollevato con violenza dalle braccia e dato un colpo sulla tempia. Così stordito gli hanno passato la corda intorno al collo e poi sopra il cactus. Il Medico legale ha già refertato gli ematomi”.
Convennero che perlomeno due persone avrebbero potuto compiere un’ azione così violenta e complicata: Mazze era corpulento, ed i due rami del Saguaro si trovavano ad una notevole altezza. Quindi perlomeno due assassini.
Elena intervenne molto scossa: “Così l’hanno messo a tacere, disgraziato. Qualsiasi altra cosa avesse da raccontare…”.
Poi accadde uno di quei fenomeni frequenti quando tutto è disperato e veloce: un fatto ancora più drammatico. Fu l’autista del furgone funebre che, non potendo passare col mezzo attraverso lo stretto cancello di servizio, andò a cercare la casiera. Provò a svegliarla col campanello e bussando alla foresteria. Miriam dormiva già da molte ore, e per sempre.
Sia l’Istituto Betelguese che la Gendarmeria erano in piena fibrillazione. Di prima mattina si dipanò la lista degli omicidi: tre nell’arco di quarantotto ore. Stella, Mazze, Miriam.
La vecchia casiera era stata aggredita in casa, nella mattinata precedente; così aveva ricostruito la Scientifica. La porta della casetta non era chiusa a chiave: lei aveva aperto all’assassino, lo conosceva?
Anche Miriam strangolata, con una specie di laccio. E massima aberrazione…l’assassino aveva infierito su di lei, infilandole a forza in gola delle nocciole. Prese sicuramente dal nocciolo dell’Orto Botanico, albero che distava una decina di metri dalla casetta.
Nella sala riunioni dell’Istituto Agrario si attendeva l’arrivo da Parigi dei responsabili del progetto FitoAli: Irina Betelguese ed il manager Bradley. Il Giudice aveva convocato un summit d’ urgenza. I locali dei laboratori e l’Orto Botanico erano stati fotografati e sigillati, il personale registrato ed interrogato.
Nel primo pomeriggio giunsero di fretta e con un aspetto decisamente sconvolto i due responsabili della FitoAli. Furono accolti mestamente dal giovane assistente Remo – stagista all’’Orto Botanico – ed il gruppetto raggiunse la sala consiliare.
La Betelguese chiaramente aveva pianto: viso ed occhi gonfi, sguardo perso: “Fratelli, per me tutti fratelli erano… povera Stella, e Miriam?”.
Il Giudice convenne che la Direttrice fosse ancora sotto shock dopo la notizia di quelle morti. Allora la congedarono con delicatezza e si concentrarono su Bradley e Remo, che si occupava delle visite didattiche all’Orto Botanico.
I detective ottennero da uno scorbutico manager e dallo stagista conferme e nessuna novità: la FitoAli era proprietaria del nuovo prestigioso brevetto per lo snack-merenda, la ricerca sulle piante era stata portata avanti da Stella insieme ai dirigenti, ed i superiori di Stella – quelli a cui si era riferita lei poco prima di essere uccisa e riportato da Michi- dovevano essere Betelguese e Bradley.
Ma tutti e due si trovavano sicuramente a Parigi durante gli omicidi. Il Comandante dopo le testimonianze si allontanò deluso. Non erano venuti a capo di niente. Domani le indagini ripartiranno da zero, disse tra sé.
Ma chi? Michi? La Betelguese? Perché Bradley? Stella temeva che una volta divenuti superiori… Mah. Non tornava nulla.
Uscendo dall’ Orto incrociò una piccola aiuola di calle bianche. Si fermò davanti al giardiniere che raspava vicino: “Ehi, oggi è il compleanno di mia moglie. Guardi la pago, può comporre un mazzo di queste bellissime calle?”.
“Non si preoccupi, venga con me. Le do forbici adatte e le recide da sé” rispose cortese il giardiniere. Poco dopo il Comandante tornò con un cestino e grosse forbici da giardinaggio. Ma le calle bianche si erano già ben organizzate, e lo stavano aspettando.
Il Padre Vento passò sul Cespuglio, sul Nocciolo, sul Saguaro, sulle Calle, e chiese loro: “Perché avete fatto queste cose terribili contro Esseri Umani? Perché avete ucciso?”.
E loro risposero in coro: “Perché Noi non siamo cibo né schiavi, ma Figli del Vento”. Il Padre Vento annuì e li saluto’ fremendo sotto muro dei cirri. Poi ripartì. Aveva ancora tanti Figli da visitare, sparsi per tutta la Terra.