Cultura

Schifezzestories e il Giardino Dona

Come può un modesto redattore scrivere la notizia boom? Obbedendo agli ordini di un capo sciagurato. Ubaldo lo farà, e dato che cosa porta cosa… non sarà solo lui a scrivere la storia, ma anche una catena di eventi incredibili.

“Il mondo va male perché ci sono troppi gatti e troppe donne con i gatti!”.

Il direttore di Schifezzestories sbocconcellava una radice di liquirizia mentre esponeva la propria visione sociologica.

Quindi punto’ il bastoncino di liquirizia verso l’interlocutore, a mo’ di stilo:

“No, non interrompere Ubaldo. Questa mattina mi sento particolarmente ispirato. La Proprietà del giornale vuole centomila abbonati entro l’anno”.

Il giovane praticante pensò che il senso di quel discorso fosse chissà un recente litigio del direttore con la moglie, che era volontaria in un gattile; Ubaldo infatti voleva farglielo notare, ma il direttore lo prevenne:

“No non interrompere. Ebbene, vuoi una notizia? Segui un gatto. Che ti porterà – ovviamente – da una donna sfigata. Poi la donna sfigata ti porterà allo scoop!”.

Il praticante pensò a dinamiche meno perverse della professione che stava intraprendendo ed aprì appena la bocca…

“No, non interrompere. Sai perché ho voluto questo titolo bizzarro del giornale? Per dare ai lettori quello che vogliono realmente. D’ altra parte non si può scrivere altro che schifezze”.

Ubaldo non fece a tempo a dissentire: il direttore gli andò ad aprire la porta come congedo:

“Centomila abbonati! Segui un gatto!”.

Il giovane voleva salutare ma si ritrovò la porta chiusa in faccia.

Era dura per Ubaldo. Non scorgeva gatti in giro lungo la provinciale. Quindi ragionò qualcosa riguardo alla montagna e a Maometto ma prima che prendesse una direzione ben precisa, capitò la famosa occasione che capita di solito agli inetti: un micio bianco attraverso’ il marciapiede lentamente, come se lo stesse aspettando.

Il giovane era a piedi ma non ebbe dubbi: si mise a correre per paura di perderlo di vista. La Notizia boom sembrava a portata di mano. Il micio placidamente proseguì un percorso per qualche minuto, quindi si fermò davanti ad una cancellata che superò con un balzo. Una signora anziana, presumibilmente la padrona, lo prese con sapienza e se lo accoccolò sulle braccia.

Sul cancello era affissa una targa: Giardino Dona.

Ubaldo pensò con rassegnazione che tutto fosse finito lì, invece per sua fortuna era appena iniziato. Una lunga teoria di macchine automediche ed ambulanze si stavano avvicinando al cancello.

Scese un uomo con una tuta bianca e suono’ al citofono. La signora anziana, la padrona di casa, preme’ l’apertura automatica a si fermò a salutare.

“Questa sì che è una cosa strana! Eppure è una casa di famiglia!”.

Colse l’occasione ed interpellò l’uomo rimasto al cancello:

“Mi scusi signore, ma questa è una clinica privata?”.

Lui si mise a ridere: “Ma no!! Non conosce il Giardino Dona? La signora Dona, la proprietaria, è famosa per la Green-Therapy. Le sue piante medicinali sono conosciute dato che curano e guariscono; non sono palliative!”.

Questa sì che era una notizia-boom. Poteva diventarlo.

Il giovane tirò fuori il Pass della stampa, e l’infermiere lo fece entrare nel giardino. La signora Dona s’ accorse subito del nuovo ospite: “Un altro amico… o paziente?” chiese sorridendo. Il gatto bianco era scomparso.

“No signora, sono della Stampa. E molto molto curioso sull’attività svolta in questo Giardino. Infatti ho visto tanti malati accompagnati fino alle vostre serre e…”.

“Non parlo con la Stampa! Chi l’ha fatta entrare?” sbottò irritata la donna.

“Oddio non sapevo che…”.

“L’accompagno all’uscita. Non c’è altro. Buongiorno”.

In quattro e quattr’otto Ubaldo si ritrovò al di là del cancello. Ma le risorse di un disperato sono inesauribili ed il giovane ne possedeva una ad hoc: la passione per le arrampicate e roccia. Non fu difficile quindi trovare appigli per superare – con discrezione – il muro di cinta che non era altissimo. Tirò fuori il telefono ed iniziò a riprendere.

“Cari spettatori e lettori di Schifezzestories, sono qui a riportare dei fatti veramente sorprendenti. Come potete scorgere voi stessi, sono in un vasto giardino pieno di serre: il Giardino Dona. Ma non è per la bellezza delle piante alberi fiori che mi sono introdotto di nascosto. Eh no, ma per una ragione incredibile. Ve la sto filmando. Ebbene è proprio come la vedete: malati in barella o carrozzina che entrano nelle serre accompagnati dagli infermieri. Poi dopo pochi minuti ognuno dei malati cammina da solo – guardate! ricordate il vecchietto in barella, quello con gli occhiali! Incredibile ora è uscito dalla serra e cammina e saluta tutti felice… Non ho parole. Non capisco cosa succeda: vado anch’io dentro e filmero’ tutto!”.

Con il cuore a mille Ubaldo s’ addentrò fino agli ultimi cespugli della serra più grande. Attese che una ragazza con le stampelle entrasse e, mentre l’infermiera era concentrata sull’ assistenza, le seguì prima che si chiudesse la porta.

Riaccese il telefono: “Sono veramente emozionato: qui l’aria è quasi irrespirabile dal caldo umido. Si vedono piante gigantesche sono proprio enormi molto di più del naturale riconosco Eucalipto, Altea, Angelica tutte ammassate tutte insieme. Sto riprendendo un ruscello nel mezzo. Ma… non ci posso credere guardate guardate! La ragazza! La pianta rampicante! Oh no no la sta avvolgendo tutta e le spirali le stanno entrando nelle narici, orecchie e bocca! Il filmato non mente vedete?? Oddio davvero mai veduta una cosa simile. Speriamo che la ragazza… Ma no, lei si è ripresa! Sta bene! Il rampicante gli è entrato nella testa… l’ha guarita?? Cerco di vedere se…”.

Ma Ubaldo non riuscì a riprendere nient’altro. Un’ombra minacciosa lo sovrastò all’improvviso. Alle spalle, un’enorme corolla rossa di una pianta carnivora lo ingoiò come fosse un insetto. Ubaldo non morì d’ infarto in quel momento perché per assurdo pensò più a salvare il telefono ed il filmato che se stesso. Gli sembrò di essere caduto in una fogna calda e puzzolente.

Sentì rumori ovattati per qualche secondo, poi una voce più stridula che diceva: ”Ruggero, sputalo! Ruggero sputaaa!”.

E Ruggero lo risputò violentemente in terra.

Il disgraziato Ubaldo sotto shock e ricoperto di bava dalla testa ai piedi tremava, mentre una schizzatissima signora Dona lo aiutava a rialzarsi: “Deficiente! Spia! Un cretino! Ti ho salvato la vita: non si ripeterà!” Li raggiunse uno degli infermieri più muscolosi che non si perito’ a cacciarlo a pedate.

“Che ti serva di lezione idiota! E non una parola che ti vengo a cercare!” Ubaldo tremava.

A tratti vomitando e saltellando sulla bava che ancora gli scendeva dai pantaloni cercò di raggiungere la redazione del giornale. Il telefono? Addio: mangiato da Ruggero.

Davanti al direttore si presentò un Ubaldo con gli occhi di fuori, il vestito incollato da uno sporco grigiastro, e le mani tremanti.

“Direttorehoseguitoilgattounapiantacannibalemihaingoiatosichimaruggeroleihadatoordinedisputarmilepianteguarisconoloro…”

Il direttore non si scompose:

“Che merd*! Sei finito in un fosso? Ok ok va’ a cambiarti fatti una doccia e scrivi l’articolo. Esce domani”.

Ubaldo annuì piangendo. A casa riprese forza e si ripulì. Poi, con le dita ancora tremanti, cominciò a colpire con i polpastrelli i tasti del computer come fosse una macchina da scrivere:

Schifezzestories ed il Giardino Dona
“Il mondo va male perché…

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Pubblicato da
Alice Brunner

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