Il percorso di alcuni artisti ha la caratteristica di cominciare tendendo verso una direzione specifica e spesso impulsiva perché affine allo stato d’animo del momento in cui la necessità di creare coincide con l’incapacità di lasciar emergere quelle sensazioni che diversamente resterebbero inespresse all’interno delle profondità interiori; tuttavia la maggiore consapevolezza della propria abilità comunicativa può indurre a una graduale evoluzione stilistica che da un lato corrisponde all’impossibilità di rimanere ancorati a un linguaggio che non coincide più con l’intenzione espressiva e dall’altro mostra una spinta a misurarsi con sfide differenti e assecondare una crescita della propria personalità artistica. Questo è esattamente il percorso effettuato dalla protagonista di oggi che lentamente ha associato la sua sensibilità interpretativa a uno stile più figurativo rispetto al passato eppure ancora fortemente in grado di coinvolgere l’emozionalità, anche se in modo più pacato e meditativo.
Intorno alla seconda metà dell’Ottocento fu evidente che l’arte intesa solo come mera rappresentazione dell’osservato non fosse più sufficiente né agli artisti, che avvertivano il bisogno di esplorare il significato più nascosto del senso dell’esistenza, né agli appassionati poiché l’avanzare della tecnologia fotografica stava cominciando a fornire un’alternativa più economica e decisamente più reale di tutto ciò che apparteneva alla quotidianità; dunque la pittura e la scultura per continuare a esercitare lo stesso fascino del passato, dovevano dare qualcosa di diverso, dovevano includere al loro interno caratteristiche che nessun mezzo meccanico o tecnologico avrebbe mai potuto dare. Fu proprio in quel delicato momento che nacquero stili pittorici completamente distanti dalle precedenti linee guida del Realismo, e cioè l’Impressionismo che scomponeva completamente l’osservato attraverso piccoli tocchi di pennello che solo in virtù della loro contiguità potevano rendere in maniera impeccabile le perfette tonalità cromatiche e avvolgere di luce i dipinti in cui venivano riprodotte in maniera inconsueta le immagini osservate; il secondo movimento fu invece il Simbolismo che, pur mantenendo un approccio pittorico tradizionale nella riproduzione del visibile, modificò l’intenzione espressiva perché si pose come obiettivo quello di lasciar fuoriuscire tutto ciò che si nasconde al di sotto del velo superficiale della realtà, quelle energie sottili che entrano in comunicazione con l’uomo attraverso il contatto con la natura, con l’ascolto attento di ciò che può solo essere percepito. Non a caso infatti molto simbolisti si avvicinarono al mondo dell’aldilà, come il celeberrimo Arnold Böcklin, o all’esplorazione delle trasformazioni impensabili della natura, svelandone particolari inquietanti, come nelle opere grafiche di Odilon Redon. Qualche anno dopo però, la necessità di approfondire l’ascolto delle proprie pulsioni interiori, di un mondo emotivo che prescindesse dall’oggettività, o meglio che potesse comunicare solo e unicamente il sentire suscitato dalle situazioni e gli eventi della realtà circostante, indusse un nutrito gruppo di artisti a dare vita all’Espressionismo, un movimento pittorico in cui l’autore di un’opera poteva tralasciare ogni regola formale e ogni ricerca di armonia esecutiva per dare assoluta priorità a quel mondo profondo che poteva anche compromettere completamente l’estetica e l’equilibrio, se questo era funzionale allo scopo finale e cioè quello di raccontare emozioni. Le deformità di Oskar Kokoshka ed Edvard Munch erano solo una delle sfaccettature interpretative di questo stile pittorico che cambiò per sempre il mondo dell’arte. Marijana Vukovic, artista austriaca cresciuta in Bosnia Erzegovina e poi rientrata nella regione austriaca della Stiria dopo lo scoppio della guerra, nel corso della sua carriera artistica, inizialmente avvertita come processo liberatorio di un’interiorità troppo ricca per riuscire a comunicare in maniera tradizionale, ha modificato il linguaggio pittorico partito da un completamente irrazionale e istintivo Espressionismo Astratto per poi affinarsi, ritrovare il contatto con la realtà che la circonda tendendo tuttavia verso una spiritualità, verso il significato intrinseco di tutto ciò su cui il suo sguardo si posa per giungere al Simbolismo Espressionista che la caratterizza nella serie di opere del periodo più recente.
Denominatore comune dell’artista è la medesima necessità di narrare le proprie emozioni attraverso l’atto pittorico, ma mentre in precedenza l’irruenza comunicativa la spingeva a lasciarsi travolgere, e ad avvolgere l’osservatore, con il mondo della non forma dove ogni riferimento con l’osservato era messo in secondo piano rispetto all’impellenza espressiva, nel presente l’impeto ha trovato una nuova dimensione, quella della calma riflessiva attraverso cui Marijana Vukovic guarda e interiorizza ciò che il suo sguardo vede, cercando però di andare oltre, di scoprire il senso celato in ogni dettaglio.
La decontestualizzazione dunque è funzionale non tanto a infondere l’impressione di irrealtà o di mistero tipica del Surrealismo, piuttosto scende verso una sottile linea comunicativa che lega il mondo esterno con quello interno del soggetto, suggerendo la necessità di un approfondimento indispensabile a una maggiore consapevolezza e, nel caso specifico dell’artista, di un’interiorizzazione figurativa.
Ecco dunque che il simbolo emerge in maniera forte e preponderante, esce dall’immagine e si insinua nella necessità inconsapevole dell’osservatore di soffermarsi su dettagli e su una meditazione troppo spesso sfuggente in una realtà contemporanea dove la priorità è quella del vivere velocemente.
La tela Heart in chains rappresenta in pieno il concetto evocato dal titolo ma poi esce dalla rappresentazione che ci si aspetterebbe per rimanere sul senso più letterale della frase perché Marijana Vukovic rinuncia a una trasposizione più romantica per privilegiare l’impatto visivo che fuoriesce in maniera decisa dal simbolo della catena con il lucchetto, dal richiamo all’elettrocardiogramma che compie il suo picco proprio in corrispondenza di quel sentirsi intrappolato e senza possibilità di liberarsi; l’opera è un’allegoria dell’incapacità attuale di vivere in pieno secondo il ritmo della propria anima e dei propri sentimenti, come se comunicare la ricchezza interiore fosse qualcosa di cui vergognarsi anziché essere fieri, ecco il motivo per cui l’artista sceglie una pergamena che sembra costituire il luogo comune, l’abitudine a non considerare il singolo bensì a conformarsi alle abitudini della società che circonda l’individuo e alle sue leggi non scritte.
In Garden Eden invece Marijana Vukovic gioca con il senso delle parole perché racconta il giardino di matrice leggendaria attraverso un’immagine reale, quella degli uccelli del paradiso che vengono collocati in un contesto idilliaco, quasi magico, dove possono riprodursi indisturbati senza subire alcuna minaccia da un essere umano troppo spesso in contrapposizione con l’armonia della natura. Forse quello dell’artista è un modo per sensibilizzare su quanto sia fondamentale rispettare l’equilibrio delicato del mondo che ci ospita e che deve essere mantenuto intatto e preservato da ogni ingerenza, da ciascun disequilibrio che possa comprometterne il ciclo naturale; gli uccelli appaiono sereni e indisturbati nel dipinto della Vukovic, come se non avvertissero alcun rischio, come se davvero avessero raggiunto una dimensione ideale dentro cui rifugiarsi. Il tratto pittorico è chiaro, limpido, mentre la gamma cromatica è reale pur suggerendo attraverso il colore verde chiaro l’idea di equilibrio e di rinnovamento del ciclo della vita.
In Venice la pittura è fortemente simbolista al punto che l’artista decontestualizza completamente quelli che rappresentano i principali elementi legati alla città lagunare unica al mondo, dunque la gondola è al centro di un mare incredibilmente azzurro e attorniata dal muso del leone di San Marco, dalle sue ali, dal libro e dalla spada che nella scultura originale si trovano sotto le zampe dell’animale. Dunque tutto ciò che è un emblema universale viene messo in evidenza da Marijana Vukovic, scomposto e poi ricomposto per far giungere all’osservatore la sensazione di meraviglia e al contempo di forte connessione spirituale che ha sentito quando si è trovata di fronte alla suggestione e alla magia della città.
Marijana Vukovic, che ha recentemente realizzato un’opera monumentale di dieci metri di larghezza per due e mezzo di altezza intitolata Sunset XXL, ha al suo attivo la partecipazione a mostre collettive in tutto il mondo, molte delle quali presso musei e palazzi istituzionali, e ha vinto numerosi premi d’arte internazionali; dal 2022 ha iniziato un percorso di mostre personali la prima delle quali ha avuto luogo a Ferrara, a cui seguirà quella del 13 settembre 2024 a Trofaiach in Austria intitolata Benvenuti nel mondo di Marijana Vukovic Art.
MARIJANA VUKOVIC-CONTATTI
Email: marijanavukovic972@gmail.com
Sito web: www.marijanavukovicart.com/
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Instagram: www.instagram.com/marijana_vukovic/
The path of some artists has the characteristic of beginning by tending towards a specific and often impulsive direction because it is akin to the state of mind of the moment in which the need to create coincides with the inability to allow emerging those sensations that would otherwise remain unexpressed within the inner depths; however, the increased awareness of one’s own communicative ability can lead to a gradual stylistic evolution that on the one hand corresponds to the impossibility of remaining anchored to a language that no longer coincides with one’s expressive intention, and on the other hand shows a drive to measure against different challenges and to indulge in a growth of one’s own artistic personality. This is exactly the path taken by today’s protagonist, who slowly associated her interpretative sensibility with a style that was more figurative than in the past and yet still strongly capable of engaging the emotionality, albeit in a more calm and meditative manner.
Around the second half of the 19th century, it was evident that art understood merely as a representation of the observed was no longer sufficient neither for artists, who felt the need to explore the most hidden meaning of the meaning of existence, nor for art lovers, since the advance of photographic technology was beginning to provide a cheaper and decidedly more real alternative to everything that belonged to everyday life; therefore painting and sculpture, in order to continue to exert the same fascination as in the past, had to give something different, had to include within them characteristics that no mechanical or technological means could ever give. It was at this delicate moment that were born painting styles that were completely distant from the previous guidelines of Realism, that was Impressionism which completely disrupted the observed through small brush strokes that only by virtue of their contiguity could render the perfect chromatic tones and envelop the paintings in which the observed images were reproduced in an unusual manner; the second movement was Symbolism who, while maintaining a traditional pictorial approach in the reproduction of the visible, modified his expressive intention because it set himself the objective of letting out all that is hidden beneath the superficial veil of reality, those subtle energies that enter into communication with man through contact with nature, through attentive listening to what can only be perceived.
In fact, it is no coincidence that many Symbolists approached the world of the afterlife, such as the famous Arnold Böcklin, or the exploration of the unthinkable transformations of nature, revealing its disturbing details, as in the graphic works of Odilon Redon. A few years later, however, the need to listen more deeply to one’s inner drives, to an emotional world that was independent of objectivity, or rather that could only and uniquely communicate the feeling aroused by the situations and events of the surrounding reality, led a large group of artists to give birth to Expressionism, a pictorial movement in which the author of an artwork could leave aside all formal rules and any search for executive harmony in order to give absolute priority to that profound world that could even completely compromise aesthetics and balance, if this was functional to the final aim, which was to tell emotions.
The deformities of Oskar Kokoshka and Edvard Munch were only one of the interpretative facets of this style of painting that changed the art world forever. Marijana Vukovic, Austrian artist grown up in Bosnia Hertzegovina and then returned to the Austrian region of Stiria after the outbreak of the war, over the course of her artistic career, initially perceived as a liberating process of an interiority too rich to be able to communicate in a traditional manner, has modified her pictorial language, starting from a completely irrational and instinctive Abstract Expressionism and then refining it, rediscovering contact with the reality that surrounds her, tending however towards a spirituality, towards the intrinsic meaning of everything that her gaze rests on, to arrive at the Expressionist Symbolism that characterises her series of works of the most recent period. The artist’s common denominator is the same need to narrate her emotions through the act of painting, but whereas previously the communicative impetuosity drove her to allow herself to be overwhelmed, and to envelop the observer, with the world of non-form where all reference to the observed was put in second place to the expressive impellence, in the present, the impetus has found a new dimension, that of the reflective calm through which Marijana Vukovic looks and internalises what her gaze sees, but seeks to go beyond, to discover the meaning concealed in every detail.
The decontextualisation is therefore functional not so much to instil the impression of unreality or mystery typical of Surrealism, but rather descends towards a subtle communicative line that links the external world with the subject’s inner one, suggesting the need for a deepening indispensable to a greater awareness and, in the specific case of the artist, to a figurative interiorisation. Here, then, the symbol emerges in a strong and preponderant manner, coming out of the image and insinuating itself into the observer’s unconscious need to dwell on details and on a meditation that is all too often elusive in a contemporary reality where the priority is that of living fast. The canvas Hearts in Chains fully represents the concept evoked by the title but then moves away from the representation one would expect in order to remain on the more literal sense of the phrase because Marijana Vukovic renounces a more romantic transposition in favour of the visual impact that emerges decisively from the symbol of the chain with the padlock, from the reference to the electrocardiogram that peaks precisely at that feeling of being trapped and with no possibility of freeing oneself; the artwork is an allegory of the current inability to live fully in accordance with the rhythm of one’s own soul and feelings, as if communicating one’s inner wealth were something to be ashamed of rather than proud of, which is why the artist chooses a parchment that seems to represent the commonplace, the habit of not considering the individual but conforming to the habits of the society surrounding the individual and its unwritten laws.
In Garden Eden, on the other hand, Marijana Vukovic plays with the meaning of words as she recounts the legendary garden through a real image, that of the birds of paradise which are placed in an idyllic, almost magical context, where they can reproduce undisturbed without being threatened by a human being too often in contrast with the harmony of nature. Perhaps the artist’s is a way of raising awareness of how fundamental it is to respect the delicate balance of the world that hosts us and that must be kept intact and preserved from any interference, from any imbalance that might compromise its natural cycle; the birds appear serene and undisturbed in Vukovic‘s painting, as if they felt no risk, as if they had truly reached an ideal dimension in which to take refuge. The pictorial stroke is clear, limpid, while the chromatic range is real while suggesting through the light green colour the idea of balance and renewal of the cycle of life. In Venice the painting is strongly symbolist to the point that the artist completely decontextualises those that represent the main elements linked to the unique lagoon city.
Thus, the gondola is at the centre of an incredibly blue sea and surrounded by the snout of St. Mark’s lion, its wings, the book and the sword that in the original sculpture are under the animal’s legs. Thus everything that is a universal emblem is highlighted by Marijana Vukovic, broken down and then reassembled to convey to the observer the feeling of wonder and at the same time of strong spiritual connection that she felt when she was confronted with the suggestion and magic of the city. Marijana Vukovic, who has recently created a monumental artwork ten metres wide by two and a half metres high entitled Sunset XXL, has participated in group exhibitions all over the world, many of them in museums and institutional buildings, and has won numerous international art prizes; since 2022 she has been holding solo exhibitions, the first of which took place in Ferrara, to be followed by the one on 13 September 2024 in Trofaiach, Austria, entitled Welcome to the world of Marijana Vukovic Art.
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