Nel momento in cui un artista avverte l’impulso di ascoltare se stesso e tutto ciò che appartiene alla propria natura più profonda, si va a generare spesso uno stile pittorico introspettivo ma anche evocativo di tutte quelle interazioni, quei dettagli, che appartengono alla sua vita e al suo passato e che vanno a costituire la base di partenza di un’espressività profonda e significativa in cui l’osservatore è chiamato a lasciarsi coinvolgere dalle atmosfere narrate.
Indipendentemente dal fatto che il linguaggio artistico sia più o meno legato alla figurazione e al visibile, comunque questo tipo di interpretazione si armonizza alle linee sottili che si intersecano al di sotto della percezione concreta e si spingono a esplorare la connessione quasi magica che appartiene a tutto ciò che compone la realtà. L’artista di cui vi parlerò oggi mostra questa attitudine interiore svelando la capacità di osservare e rivelare le verità nascoste sotto i veli dell’ordinarietà apparente e che premono delicatamente per essere ascoltate.
Intorno alla fine dell’Ottocento, parallelamente alle innovazioni impressioniste, si affermò in Francia un altro movimento che indugiava su una rappresentazione più tradizionale dell’osservato dal punto di vista formale, ma che al contempo esplorò un tipo di raffigurazione distante da quella puramente estetica per dare maggiore rilevanza alla connessione profonda tra l’individuo e il mondo circostante, la natura, le sue sensazioni intime, il mistero che avvolge la realtà senza che l’essere umano ne sia consapevole. Il Simbolismo, questo il nome della corrente artistica, rivoluzionò letteralmente il modo di porsi nei confronti della quotidianità mettendo in evidenza da un lato la straordinarietà nascosta al di sotto dello strato di superficie colto dallo sguardo, e dall’altro la percettività del soggetto che diveniva dunque il punto finale della rivelazione dei segreti delle cose e della natura. Le tematiche simboliste furono assorbite qualche decennio dopo dall’interesse verso la psiche umana e le sue debolezze che permise a un eccentrico gruppo di creativi di dare vita al Surrealismo, orientato a narrare il mondo onirico, gli incubi e le paure che generavano veri e propri mondi paralleli abitati da mostri, ma anche, nelle sue accezioni più meditative, di suscitare riflessioni e considerazioni sul pensiero, sul senso della vita e della mente. Pertanto le atmosfere di René Magritte erano forse più affini all’esplorazione dell’ignoro compiuta dai più moderati tra i simbolisti. In quel vivace periodo di distacco dall’arte tradizionale tuttavia, vi furono altre correnti che vollero stravolgere le linee guida classiche e spostarsi verso una rappresentazione pittorica e scultorea inedita, dinamica e al contempo in grado di far emergere significati intensi senza però mostrarli nella loro immediatezza nascondendoli all’interno di una particolarità esecutiva che doveva prevalere sull’essenza. Il Cubismo stravolse letteralmente ogni regola realizzativa, la geometricità sopraggiunse ad annullare ogni prospettiva, ogni profondità, tanto quanto il chiaroscuro tradizionale, eliminando persino la tavolozza di colori realistica per spostarsi verso un’ulteriore interpretazione cromatica delle proprie regole.
Ciò che colpì più di ogni altra cosa fu la scelta di rappresentare la realtà su un unico piano, mostrando diverse sfaccettature dei soggetti nella simultaneità osservativa, permettendo così al fruitore di non dover più immaginare bensì di trovarsi davanti ai diversi lati del visibile, scomposti geometricamente e ricomposti secondo il sentire e l’immaginazione dell’autore, fosse egli il rivoluzionario Pablo Picasso o il più pacato Georges Braque. L’artista gagauzi Dimitri Ayoglu sembra voler fondere insieme le esperienze esplorative di entrambi i movimenti appena illustrati, il Simbolismo e il Cubismo, per dare origine a un linguaggio stilistico suggestivo e fortemente evocativo, quasi volesse esplorare le varie sfaccettature di una realtà che nel suo caso non appartiene alla quotidianità, piuttosto a una dimensione sospesa tra sogno e ricordo, tra nostalgia e capacità di accettare il presente proprio in virtù della forza di un passato atavico appartenente alle sue radici più profonde.
La geometricità si pone come stratificazione e al contempo evidenziazione dei punti salienti delle opere, quelli che diversamente verrebbero trascurati o non notati ma che per l’artista sono invece altrettanto fondamentali quanto i soggetti o le parti più visibili delle tele, quasi come se l’eco delle emozioni percepite non potesse fare a meno di diffondersi e di invadere, sconfinando, l’atmosfera generale; la gamma cromatica è soffusa, delicata, intrisa dei simboli della pittura e delle decorazioni turche, terra di origine dei gagauzi che mai hanno dimenticato la loro lingua e la cultura millenaria a cui appartengono. Nelle innovative opere di Dimitri Ayoglu dunque la nostalgia che le pervade è rivolta proprio a quel passato atavico indimenticabile, a quella dimensione spirituale e percettiva che gli appartiene per tradizione e per indole e attraverso la quale non può fare a meno di sentire tutto ciò che scorre invisibile sotto il velo della realtà, le connessioni inspiegabili che emergono in circostanze e situazioni inattese come un pensiero fugace che però è in grado di imprimere fortemente l’impronta del suo passaggio.
Il tempo è dunque sospeso, il presente dei protagonisti si mescola con un passato costituito da emblemi allegorici che si intrecciano in un dialogo costante esaltato e sottolineato dalla presenza dei riquadri geometrici contraddistinti da gradazioni diverse di colori che amplificano l’eco delle sensazioni.
La luna è una delle raffigurazioni più frequenti nelle opere di Dimitri Ayoglu poiché essa rappresenta l’introspezione, la solitudine che va a stimolare una connessione intima con un io che grazie alla sua energia recupera l’amore per il sé spesso perduto ma fondamentale per raggiungere l’evoluzione personale; sono molti i dipinti che l’artista intitola al satellite terrestre rappresentato nella sua accezione più romantica e mistica, e in ciascuno di essi è presente la figura femminile, come se fosse attraverso la donna che il pianeta più intimista di tutti riuscisse a svelare la sua forza espressiva e comunicativa, come se attraverso la delicatezza della femminilità fosse possibile raggiungere una conoscenza più elevata del proprio sentire. In tutte le tele della serie Moon dunque la donna diviene un mezzo attraverso il quale è rivelata una realtà diversa da quella oggettiva, una realtà che appartiene a una dimensione sottile che può essere ascoltata attraverso un sentire inconsapevole con il quale giungere a concetti inafferrabili con la mente.
Gli abiti tipici della Gagauzia, e dunque della Turchia, costituiscono una linea comune delle tele di questa serie, perché è attraverso il legame con le proprie origini che le emozioni possono aprirsi a una comprensione più elevata, giungendo così ad ascoltare il linguaggio silenzioso di tutti gli elementi che ruotano intorno all’essere umano senza che questo, nella maggior parte dei casi, ne sia cosciente; la figura femminile rappresenta l’anima, la congiunzione con le profondità che l’uomo da solo sarebbe incapace di ascoltare perché per natura più predisposto a seguire la logica della mente ma che attraverso un percorso di sensibilizzazione riesce a trovare una dimensione più equilibrata, più adatta al suo autentico sé e maggiormente in grado di sorprendersi di quell’invisibile che lentamente diviene distinguibile.
La gamma cromatica, pur essendo sempre polverosa, esce dalle tonalità terrose del Cubismo e si amplia tendendo verso un Espressionismo morbido in cui ogni tonalità sembra legarsi a un’emozione, a una voce specifica della natura e delle cose che circondano le protagoniste, adeguandosi a quell’alternanza geometrica in cui ogni riquadro sembra racchiudere un suo proprio mondo distinto dall’altro sebbene sia solo attraverso la coralità dell’insieme che è possibile comprendere i messaggi della memoria e quelli dell’intuizione.
In Spiritual garments emerge in modo incisivo anche la scoperta di una spiritualità imprescindibile per l’esistenza consapevole, in cui Dimitri Ayoglu affida agli abiti il compito di generare quella forza che appare come una corazza nei confronti dell’esterno perché spesso è necessario proteggersi da tutto ciò che potrebbe turbare la purezza del sentire; ecco dunque che il copricapo e la parte anteriore dell’abito costituiscono un’armatura ideale, come se essa fosse coscienza della propria profonda connessione con il misticismo che avvolge l’esistenza schermandosi dalle ingerenze dell’esterno. I volti delle donne, sempre in stile fortemente realista, esprimono l’orgoglio, la determinazione, il coraggio con cui le origini, le memorie, la cultura, vengono trattenuti all’interno di sé e tramandati di generazione in generazione, a prescindere dalla distanza da esse.
Dimitri Ayoglu, nel corso della sua carriera, ha partecipato a molte mostre collettive e simposi in Turchia, Moldavia, Russia, Francia Inghilterra, Ucraina, Germania, Slovenia e Paesi Bassi, nel 2014 gli è stato assegnato il più alto riconoscimento nel campo dell’arte in Gagauzia, dall’Ordine di Mihail Chakire e nel 2023 ha ricevuto dal Kazakistan la medaglia Turan per la sua carriera artistica.
DIMITRI AYOGLU-CONTATTI
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Instagram: www.instagram.com/dimitriayoglu/
The moment an artist feels the impulse to listen to himself and everything that belongs to his deepest nature, he often generates a style of painting that is introspective but also evocative of all those interactions, those details, that belong to his life and his past and that form the basis of a profound and meaningful expressiveness in which the observer is called upon to allow himself to be involved in the narrated atmospheres.
Regardless of whether the artistic language is more or less linked to figuration and the visible, in any case this type of interpretation harmonises to the subtle lines that intersect below concrete perception and explore the almost magical connection that belongs to everything that makes up reality. The artist I am going to tell you about today shows this inner aptitude by revealing the ability to observe and detect truths hidden beneath the veils of apparent ordinariness and gently pressing to be heard.
Around the end of the 19th century, in parallel with the Impressionist innovations, emerged in France another movement that lingered on a more traditional representation of the observed from a formal point of view, but at the same time explored a type of depiction far removed from the purely aesthetic to give greater relevance to the profound connection between the individual and the world around him, nature, his intimate feelings, the mystery that envelops reality without the human being being being aware of it.
Symbolism, this is the name of the artistic current, literally revolutionised the way of looking at everyday life by highlighting on the one hand the extraordinary hidden beneath the surface layer caught by the gaze, and on the other hand the perceptiveness of the subject, which thus became the final point of revelation of the secrets of things and nature. The Symbolist themes were absorbed a few decades later by the interest in the human psyche and its weaknesses that allowed an eccentric group of creatives to give birth to Surrealism, oriented towards narrating the oneiric world, the nightmares and fears that generated real parallel worlds inhabited by monsters, but also, in its more meditative meanings, to provoke reflections and considerations on thought, on the meaning of life and the mind.
Thus, René Magritte‘s atmospheres were perhaps more akin to the exploration of the unknown carried out by the more moderate of the Symbolists. In that lively period of detachment from traditional art, however, there were other currents that wanted to disrupt the classical guidelines and move towards an unprecedented pictorial and sculptural representation that was both dynamic and capable of bringing out intense meanings without, however, showing them in their immediacy by hiding them within a particularity of execution that had to prevail over essence. Cubism literally overturned every rule of execution, geometricity came to nullify all perspective, all depth, as much as traditional chiaroscuro, eliminating even the realistic colour palette to move towards a further chromatic interpretation of its own rules.
What struck more than anything else was the choice of representing reality on a single plane, showing different facets of the subjects in the simultaneous observation, thus allowing the viewer to no longer have to imagine but to find himself in front of the different sides of the visible, geometrically broken down and recomposed according to the feeling and imagination of the author, whether he was the revolutionary Pablo Picasso or the more placid Georges Braque. The Gagauzi artist Dimitri Ayoglu seems to want to fuse together the exploratory experiences of both movements just illustrated, Symbolism and Cubism, to give rise to an evocative and strongly evocative stylistic language, almost as if he wanted to explore the various facets of a reality that in his case does not belong to the everyday, but rather to a dimension suspended between dream and memory, between nostalgia and the ability to accept the present precisely because of the strength of an atavistic past belonging to its deepest roots. The geometricity is set up as stratification and at the same time highlighting the salient points of the works, those that would otherwise be overlooked or unnoticed but that for the artist are instead just as fundamental as the subjects or the most visible parts of the canvases, almost as if the echo of the perceived emotions could not help but spread and invade, encroaching on, the general atmosphere; the chromatic range is soft, delicate, imbued with the symbols of Turkish painting and decoration, the homeland of the Gagauzi who have never forgotten their language and the thousand-year-old culture to which they belong.
In Dimitri Ayoglu‘s innovative artworks, therefore, the nostalgia that pervades them is aimed precisely at that unforgettable atavistic past, at that spiritual and perceptive dimension which belongs to him by tradition and character and through which he cannot help but feel everything that runs invisibly under the veil of reality, the inexplicable connections that emerge in unexpected circumstances and situations like a fleeting thought that is nevertheless able to strongly imprint its passage. Time is therefore suspended, the protagonists’ present mixes with a past constituted by allegorical emblems that intertwine in a constant dialogue enhanced and emphasised by the presence of the geometric panels marked by different gradations of colour that amplify the echo of sensations.
The moon is one of the most frequent depictions in Dimitri Ayoglu‘s works because it represents introspection, solitude that stimulates an intimate connection with an ego that, thanks to its energy, recovers the love for the self that is often lost but fundamental to achieving personal evolution; there are many paintings that the artist names after the earthly satellite, represented in its most romantic and mystical meaning, and in each of them is present the female figure, as if it were through the woman that the most intimist planet of all could reveal its expressive and communicative power, as if through the delicacy of femininity it were possible to reach a higher knowledge of one’s own feeling.
In all the canvases of the Moon series, therefore, the woman becomes a medium through which a reality other than the objective one is revealed, a reality that belongs to a subtle dimension that can be listened to through unconscious feeling with which to reach concepts that cannot be grasped with the mind. The typical garments of Gagauzia, and thus of Turkey, constitute a common line of the canvases in this series, because it is through the link with one’s origins that emotions can open up to a higher understanding, thus coming to listen to the silent language of all the elements that revolve around the human being without the latter being aware of them in most cases; the female figure represents the soul, the conjunction with the depths that man alone would be incapable of listening to because by nature he is more inclined to follow the logic of the mind, but through a path of awareness he is able to find a more balanced dimension, more suited to his authentic self and more able to be surprised by the invisible that slowly becomes distinguishable.
The chromatic range, while still dusty, moves away from the earthy tones of Cubism and broadens out towards a soft Expressionism in which each tone seems to be linked to an emotion, to a specific voice of nature and of the things that surround the protagonists, adapting to that geometric alternation in which each frame seems to enclose its own world distinct from the other, although it is only through the chorality of the whole that it is possible to understand the messages of memory and those of intuition. In Spiritual garments also emerges in an incisive manner the discovery of an essential spirituality for conscious existence, in which Dimitri Ayoglu entrusts clothes with the task of generating that strength which appears as an armour against the outside world because it is often necessary to protect oneself from everything that could disturb the purity of feeling; thus, the headgear and the front part of the dress constitute an ideal armour, as if it were consciousness of one’s own profound connection with the mysticism that envelops existence, shielding it from the interferences of the outside.
The women’s faces, always in a strongly realistic style, express the pride, determination, and courage with which origins, memories, and culture are held within and handed down from generation to generation, regardless of the distance from them. During his career, Dimitri Ayoglu has participated in many group exhibitions and symposia in Turkey, Moldova, Russia, France England, Ukraine, Germany, Slovenia and the Netherlands, in 2014 he was awarded the highest award in the field of art in Gagauzia by the Order of Mihail Chakire and in 2023 he received the Turan medal from Kazakhstan for his artistic career.
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