L’emozione è la prima nota che si libera dai dipinti dell’artista protagonista di oggi, che attraverso un sapiente uso dei colori e di immagini che non possono non colpire lo sguardo poiché affondano nel conosciuto, in ciò che l’occhio è abituato a vedere quotidianamente, impregna le sue tele di significati profondi che si scoprono solo in un secondo tempo.
Nunzia Lastella, artista di origine pugliese ma romana di adozione, comincia presto il suo cammino verso l’arte, poiché percepisce immediatamente il fascino della figurazione come mezzo espressivo, al punto di iscriversi al Liceo Artistico di Corato e poi di perfezionarsi presso l’Accademia di Belle Arti di Bari. Tuttavia quella passione viene presto distratta da una magnetica attrazione verso la teologia e verso quella storia delle religioni che le impedisce di dedicarsi in maniera continuativa alla pittura. Eppure è stato proprio il secondo percorso a formarla e prepararla per il suo ritorno all’arte, arricchendolo di simboli che si legano alla spiritualità, quel cammino interiore di studio ma anche di approfondimento di sé che manifesta nelle opere che, di fatto, si trasformano in interrogativi, domande, desiderio di esplorare e trovare risposte che forse saranno rivelate proprio grazie alla sua capacità di esternarle attraverso la pittura. Il tratto è certamente neorealista, per l’abilità nel riprodurre la realtà così com’è ma al contempo intingendola in un’atmosfera romantica, ovattata, soffice e lieve che la Lastella riesce a infondere attraverso colori chiari e sfumati, luminosi, introspettivi ma sempre positivi, come se la speranza teologica fosse sempre presente per dare sostegno e guida all’umano.
Fuoriesce un desiderio di esortare l’uomo a liberarsi dalle gabbie che lo imprigionano, da quell’ego che gli impedisce di rapportarsi con chi gli è accanto in maniera semplice, sincera, spoglia da ogni utilitarismo, dal do ut des che sembra essere diventato l’imperativo della società contemporanea. Ma l’inclinazione di Nunzia Lastella verso le differenze più profonde che dovrebbero essere uno spunto di confronto e di crescita, non di contrasto e di spaccatura, appare evidente anche nel fascino che esercita su di lei l’Oriente, così tanto da renderne protagonisti scorci e tradizioni in opere come Chinmoku, che tradotto significa silenzio, inteso come quello stato che permette di andare in profondità del proprio animo, di guardarsi dentro, discernere, riconoscere, sviluppare e proteggere.
La cultura del silenzio in Giappone è alla base di ogni struttura della vita e del mondo del soggetto e della società, ed è su questo che la Lastella esorta l’osservatore a riflettere con quest’opera.
Così come la tenera Obon di luglio, nella quale i due bambini protagonisti sembrano inconsapevoli del senso tradizionale e dell’importanza delle lanterne lasciate andare nell’acqua, o, secondo una seconda chiave di lettura, in contrapposizione, con le loro vite appena iniziate, con la solennità della cerimonia che celebra le anime dei defunti i quali, secondo la tradizione, tornano per stringersi alle proprie famiglie per poi ripartire simbolicamente dentro quelle lanterne che vengono lasciate alle onde del mare. La vita e la morte, e la vita oltre la morte, sono temi da sempre protagonisti di dibattiti, discussioni e approcci differenti di religione in religione, ma che si collocano nel discorso più ampio e nell’ideale più alto di dare un senso all’intera esistenza umana, un tema molto caro a Nunzia Lastella.
Tutto nei suoi dipinti nasconde un significato differente da quella che è l’apparenza, il primo impatto, e induce l’osservatore a meditare su ciò che va oltre l’immagine, come per esempio in Self matador, in cui il protagonista sembra essere più un guerriero della vita che non un uccisore di tori nell’arena e il drappo rosso non è sventolato per agitare l’animale bensì diventa fune per salire in alto, una metafora forse dell’ambizione dell’uomo che non si accontenta di vincere e vuole sempre di più, troppo spesso dimentico di ciò che ha per inseguire ciò che non ha.
E la conferma di questo concetto si svela con un altro dipinto fortemente simbolico, Il Super ego sommerso, in cui la donna protagonista del dipinto sembra volutamente compiere un percorso di autocoscienza, di liberazione dalle spinte egoistiche della propria individualità per riemergere poi verso un modo di vivere nuovo, più aperto verso l’altro, più empatico e consapevole delle sensibilità altrui, oltre che solo e unicamente delle proprie, vittima di un narcisismo che troppo spesso chiude l’essere umano in una gabbia fatta di autocompiacimento e di egocentrismo.
E ancora, nell’opera Lutto, la Lastella mescola non solo i vari stati d’animo che accompagnano la dipartita di una persona cara, ma anche il differente approccio e accoglimento del trapasso in base al credo religioso di ognuno; dal dolore cristiano al festeggiamento orientale per l’ingresso verso un’evoluzione dell’anima, dalla riflessione sulle cause e gli eventi troppo spesso ingiusti alla rassegnazione serena che tutto ha una fine e non ci si può sottrarre a questo. Artista sensibile e profonda Nunzia Lastella è capace di sorprendere grazie alla capacità di condurre l’osservatore oltre la tela e oltre gli interrogativi dell’esistenza, avvolgendo le sue opere di un’anima che arriva diretta all’emozione.
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