Mare Fuori 2, intervista all’autore della colonna sonora Stefano Lentini

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Dopo il successo della prima stagione, Stefano Lentini si conferma come autore della colonna sonora di Mare Fuori 2: ecco l’intervista

Stefano Lentini
Stefano Lentini: foto di Roberta Krasnig

Dopo il grande successo della fiction targata Rai Mare Fuori, il musicista e compositore di fama internazionale Stefano Lentini è stato riconfermato come autore della colonna sonora del secondo capitolo. Sono tre, finora, le puntate che sono andate in onda su Rai 2, e visto il grande apprezzamento ottenuto lo scorso anno dalla soundtrack – con oltre 4 milioni di views su Youtube e più di 2,5 milioni di stream su Spotify – noi de L’Opinionista abbiamo deciso di intervistarlo per capire cosa lo ha ispirato.

Nella seconda stagione Stefano Lentini, infatti, grazie al contributo de L’Orchestra del Cinema e dei prestigiosi Forum Studios di Roma, ha diretto una produzione musicale audace che lo ha spinto a fondere il pop con il sacro. Rinnovata anche la collaborazione con Raiz, nella canzone Amore che fa male, a cui hanno partecipato anche i due giovani attori e protagonisti, Cardiotrap (Domenico Cuomo) e Gemma (Serena Codato).

L’intervista

Allora, io partirei da Mare Fuori 2, il nuovo capitolo della fiction Rai 2. Si tratta di una conferma importante, per una trama intensa. In che modo la storia di questi giovani protagonisti ti ha coinvolto nella fase compositiva?

La fase di scrittura è sempre la più eccitante e misteriosa, non so mai dove arriverò e spesso non so neanche da dove partire. Quando finisco una colonna sonora mi sembra sempre di aver scoperto qualcosa di importante su questo lavoro. Ma quando ne inizio un’altra mi sembra di non sapere proprio da dove poter cominciare…Per Mare Fuori 2 è stato diverso, c’era già un solido linguaggio musicale sviluppato nella prima stagione, mi sono chiesto in che modo i nuovi personaggi e le nuove storie potessero interagire con esso e come potessero modificarlo, cambiarlo o distorcerlo.

“L’amore è come la musica, ti colpisce ma non ti fa male”, recita il testo di Amore che fa male. Cosa hai cercato di trasmettere agli ascoltatori, da parte tua? A quale parte della tua anima musicale ti sei voluto affidare? Dopotutto l’eclettismo sembra un tuo marchio di fabbrica…

L’idea di fondo era quella di dare energia allo sfogo interiore del personaggio di Cardiotrap. Con questa canzone lui deve liberarsi, dichiararsi, trovare una via espressiva autentica. Il testo è di Raiz, che ha trovato una via geniale per esprimere questo sfogo attraverso una metafora molto forte. Musicalmente sono partito dall’idea che fosse proprio Filippo a portare una sua ispirazione musicale a Cardiotrap, quindi ho iniziato a lavorare sul pianoforte, da una cellula tematica che potesse fungere da reale ispirazione per un paroliere, un topliner. Ho immaginato il percorso di creazione di una canzone e ho cercato di replicarlo.

Quindi partendo da un’esperienza creativa “classica”, affine al pianoforte di Filippo, sono passato ad immaginare il tipo di contributo che avrebbe potuto aggiungere Cardiotrap, poi Sasà, e infine ho aggiunto il mio, come elemento esterno, facendo decollare il brano da musica diegetica a colonna sonora vera e propria. Un ruolo importante l’ha svolto anche la voce di Serena (Serena Codato, interpreta Gemma), che ha un timbro molto particolare, che mi è sembrato perfetto per elevare il messaggio ad un livello universale. Lei infatti apre e chiude la canzone come una sorta di coro greco dei nostri giorni.

Mare Fuori 2 vive un legame stretto con la città di Napoli, ma anche con alcune storie crude e poco convenzionali. Ci parli della tua collaborazione con Raiz? Come nasce la vostra intesa artistica?

Raiz è un talento, un creativo puro. Abbiamo parlato velocemente di cosa cercare, gli ho mandato la musica e nel giro di pochi giorni avevamo le canzoni. Mi piace molto la sua capacità di riuscire a declinare un tema in contenuti concreti, esperienza, oggetti e materia. Spesso tanti cantautori cadono nel tranello delle “esperienze universali”, parlano di pioggia per dire “difficoltà”, ghiaccio, per dire “freddezza”… ecc. Questa pseudo-poetica non lo riguarda, lui scrive di cose che accadono, inventa esperienze, e questa è una delle caratteristiche delle migliori parole in musica.

C’è un genere musicale che, nell’ambito delle soundtrack, non hai ancora sperimentato e che vorresti esplorare? Se sì, perché?

L’heavy-metal, quello più duro. È una passione e una tappa del mio percorso musicale. Immagino un universo sonoro a metà tra Pantera, Metallica e Tool. L’altra metà è da scoprire…

Ho sempre pensato alla musica, qualsiasi tipo di musica, come una forma d’arte, che spesso può essere una valvola di sfogo per dar voce ad interiorità complesse. Credi che sia così per ogni musicista/cantante/compositore?

Più cerco una risposta per tentare di capire cosa sia la musica e più sfugge dalle mani qualsiasi comprensione. Il concetto di arte è una bella griglia interpretativa che ci ha permesso di definire, parlare, maneggiare l’argomento. Resta tuttavia un mistero, e cioè: perché i suoni, oggetti intoccabili, riescono a trascinarci altrove? Perché la musica riesce a parlare all’anima, a comunicare messaggi o ad essere il luogo in cui proietti i tuoi contenuti interiori? Questo è uno di quei contesti in cui la domanda “perché” non può che portarti fuori strada. Devi solo darti la possibilità di vivere quell’esperienza. La comprensione è dentro le cose e le azioni, non nella testa.

Qual è la ricetta giusta per comporre un brano che comunichi ciò per cui è pensato?

Ciascun musicista vede le cose a modo proprio e può offrire un’interpretazione personale. Quindi la risposta è: chiedere alla persona giusta.