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Stefano Sesti, quando l’Astrattismo diviene esortazione alla ricerca dell’essenziale

Uno dei movimenti pittorici più incisivi della metà del secolo scorso, dal quale poi si sono generate ulteriori correnti artistiche, e che ha visto susseguirsi differenti evoluzioni e personalizzazioni del suo intento iniziale, è stato l’Astrattismo. Il protagonista di oggi ha proseguito quel percorso personalizzandolo e scoprendo un messaggio più interiore, più intimo e volto a un’analisi più profonda.

Il dover rinunciare alla forma per dare risalto all’essenza, al concetto e, soprattutto, alla libertà del gesto pittorico inteso come impulso creativo privo di ogni regola o gabbia espressiva, era un’esigenza irrinunciabile in un momento storico in cui non vi erano certezze perché le guerre avevano sgretolato ogni sicurezza sul presente e sul futuro, e perché il progresso tecnico e scientifico stava cominciando ad annullare l’umano che diveniva solo un mezzo per far funzionale le macchine. Inoltre l’avvento dei primi apparecchi fotografici aveva fatto nascere negli artisti dell’epoca una forte opposizione a ciò che poteva essere riproducibile anche attraverso i nuovi mezzi; il modo migliore per affermare la superiorità dell’arte diventò dunque quello di raccontare una realtà irreale, un universo in cui l’interiorità dell’artista si doveva esprimere attraverso linguaggi nuovi, inesplorati e non riproducibili con l’uso delle macchine fotografiche perché non appartenenti alla realtà visibile.

Stefano Sesti, artista di grande esperienza, giunge all’Astrattismo dopo aver seguito un lungo percorso all’interno della figurazione più classica, che non riusciva però a sentire completamente affine alle sue corde emotive, forse perché percepiva una naturale inclinazione verso una maggiore semplicità,

verso l’essenzialità di un messaggio che non ha bisogno di molti dettagli per raggiungere in modo incisivo e chiaro l’osservatore delle opere. Il suo stile personale e riconoscibile si pone come sintesi tra il Suprematismo Russo di Malevič per l’utilizzo della base bianca che è fondamentale a dare risalto al messaggio che di dipinto in dipinto desidera comunicare spogliandolo della pura estetica della figurazione, e il Surrealismo Astratto e assolutamente unico di Joan Mirò, per l’uso di forme e linee circolari che sottolineano la possibilità, spesso necessità, di arrotondare e ammorbidire gli spigoli e le rigidità – che siano caratteriali o della realtà in cui si sta vivendo poco importa -, la cui modificazione può cambiare completamente il punto di vista.

La pittura di Stefano Sesti è immediata, veloce, rapida proprio perché essenziale, concisa nell’esprimere concetti fondamentali che spesso vengono dimenticati nel vivere contemporaneo, come l’esigenza di accettare le reciproche differenze, di vedere l’altro non come un opposto bensì un completamento, una spinta ad approfondire la conoscenza di sé e a interrelazionarsi con il mondo emotivo circostante senza però trascurare di coltivare la propria di interiorità. Eppure ciò che ne esce non è l’impellenza irruenta dell’action painting anzi, i suoi dipinti emanano equilibrio, calma, la serenità di un messaggio che non ha bisogno di essere gridato per farsi ascoltare. Le tonalità scelte sono tenui quando suggeriscono e sottolineano la necessità di un confronto con l’altro, di un dialogo pacato e naturale perché è quello il modo migliore di entrare in connessione con tutto ciò che non fa parte della nostra sfera ma che, non per questo, non potrebbe invece rivelarsi un arricchimento e un’evoluzione di un noi fino a poco prima celato che si svela proprio quando entra in contatto con un differente modo di essere.

Quando però Sesti desidera raccontare di quanto sia importante il cuore, l’anima, il palpitare che non deve mai essere messo a tacere all’interno dell’oggettività, allora usa il rosso, il colore più vivo, più intenso e pulsante, e lo mette in correlazione con altre identità, quelle degli affetti che ruotano all’interno dell’esistenza e che restano accanto con il loro calore facendoci sentire al sicuro. È un mondo semplice, delicato, quello che auspica Stefano Sesti, svelando il suo punto di vista filosofico secondo cui solo attraverso un riappropriarsi della naturalezza nell’esprimere le proprie sensazioni e nell’accettare quelle degli altri, anche se diverse e in alcuni casi opposte, si può ritrovare il bello delle piccole cose, quella sottile felicità che avvolge l’animo nell’infanzia ma che poi si tende a perdere nel progredire della crescita, come se il timore che quella tendenza alla semplicità possa in qualche modo rendere debole l’adulto, l’uomo metropolitano che deve necessariamente mostrarsi forte, capace di stare in piedi sulle proprie gambe, senza aver bisogno di nessuno.

Eppure Sesti con le sue opere, mostra un’opzione diversa, racconta di scambio, di connessione, di dialogo e della necessità di comprendere che l’individualismo se estremizzato non è più una manifestazione di forza e di autostima, bensì diviene distacco e isolamento, e lo fa attraverso un linguaggio semplice, sognante, quasi incantato pur nel realismo dei concetti che le sue opere esprimono.

La serie dedicata alla contemporaneità, quella in cui Sesti si avvicina alla Pop Art di Mimmo Rotella pur oltrepassandola e personalizzandola con la sua sovrapposizione degli stralci di manifesti alla fotografia su tela che contamina poi con interventi cromatici volontari, è invece un suo sguardo sul consumismo contemporaneo, quello in cui l’oggi è già obsoleto, quello in cui tutto ciò che vale dura il tempo di un attimo perché subito dopo averlo ottenuto arriva qualcosa che sembra valere di più.

Ecco dunque il motivo dei manifesti strappati, perché la durata delle cose, degli oggetti che le persone corrono ad accumulare, è effimera, troppo breve, insignificante rispetto alla profondità di emozioni che restano per sempre e che sono linfa per un mondo interiore che deve essere tenuto sempre vivo. Nel corso della sua lunghissima carriera artistica Stefano Sesti ha partecipato a numerose collettive in Italia e sul territorio europeo – Londra, Parigi, Helsinki tra le più importanti -; artista eclettico e sperimentatore, è sempre alla ricerca di nuovi linguaggi espressivi e tende all’evoluzione artistica per lui fondamentale a scoprirsi e narrare il suo punto di vista.

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Pubblicato da
Marta Lock

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