Studio Cgia, nelle liti con il fisco il contribuente perde 4-3

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ROMA – Davanti alla Commissione tributaria la ‘partita’ tra fisco e contribuente si chiude con 4 a 3 per il primo. Infatti, come rileva la Cgia, in tutte le Commissioni tributarie provinciali del paese, nel 45% dei casi definiti nel 2016 ha avuto ragione il fisco contro il 31,5% dei contribuenti. Lo scarto aumenta quando il risultato e’ riferito al valore economico del giudizio: sempre nel 2016, gli importi delle sentenze pro fisco sono stati pari al 48,1%, mentre la percentuale di vittoria ad appannaggio del contribuente si e’ fermata al 23,4.

Anche in Commissione tributaria regionale si registrano piu’ o meno gli stessi differenziali sempre a vantaggio degli uffici del fisco. Le cifre che si deve sobbarcare il contribuente, oltre al tempo, variano di molto in relazione alla complessita’ e al valore della pratica e sono dell’ordine delle migliaia di euro. Si consideri poi che il ricorso non evita il versamento, anche se parziale, di quanto richiesto dal fisco: ad esempio a fronte di un avviso di accertamento e’ prevista la riscossione di 1/3 delle imposte contestate, mentre prima di ricorrere in secondo grado (in caso di sentenza avversa al contribuente in primo grado) si deve versare 2/3 degli importi dovuti a titolo di imposta ed interessi (al netto di quanto gia’ versato).

Se a cio’ si aggiunge che il tempo medio della giustizia tributaria e’ di circa 2 anni e 2 mesi per ognuno dei due gradi del giudizio, si comprende come per importi “piccoli” al contribuente convenga pagare piuttosto che ricorrere. L’analisi dei giudizi pendenti presso le Commissioni Tributarie evidenzia come a partire dal 2012, si registri un calo progressivo che ha portato la giacenza a scendere al di sotto delle 500 mila unita’ nel 2016 (469.048 liti pendenti). Si tratta di un risultato che dipende essenzialmente dalla riduzione dei ricorsi pervenuti, questo in seguito all’introduzione dell’istituto della “mediazione”.

Dal 2012 infatti, nel caso di controversie di importo sino a 20.000 euro, vi e’ una fase anteriore alla procedibilita’ del ricorso in primo grado. In questa fase, l’Agenzia delle Entrate prendono in considerazione il reclamo presentato dal contribuente che puo’ contenere anche una proposta di accordo (mediazione). L’istituto della “mediazione” risulta particolarmente efficace nello scoraggiare il contenzioso in quanto si e’ rilevato che, oltre la meta’ dei reclami presentati non si e’ tramutato in contenzioso evitando un ulteriore processo tributario. Un risultato pregevole che ha indotto di recente il legislatore ad innalzare tale limite a 50.000 euro.