La musica danza tra le parole che si sciolgono fra le diverse lingue, che si guardano da sponda a sponda, mentre una nave compie il viaggio della vita portando con sé un messaggio di speranza, musica, che racconta attraverso l’armonia di parole, suoni armonici di eventi “densi”. Merito della splendida voce e della raffinata melodia che interpreta efficacemente lo stato d’animo di migliaia di stranieri che in questi ultimi anni hanno affidato alle traversate sul Mediterraneo i loro sogni di libertà. Tiziana Scimone nasce come commercialista ma ad oggi insegna in Romagna, specializzata in cantoterapia e musicoterapia, vocal coach ed esperta di Soul Voice. Il brano è stato scritto in piena pandemia a Roccella Ionica, tra il terrore del Covid e la paura che i migranti potessero portare il virus, quando, per loro, all’incognita di toccare terra si aggiunge l’incognita dell’accoglienza.
Una voce fuori dal coro si eleva e si sveste dal ruolo di politico, dando voce al padre che affrontò con umanità ed emergenza accogliendo tutti i migranti. Questo era il sindaco di Roccella Ionica Vittorio Zito. Questa situazione di estrema solidarietà, ha dato il “La” per comporre il brano avvalendosi del prezioso aiuto di Francesco Loccisano, Maestro di chitarra battente e Pasquale Morgante Maestro di pianoforte jazz, presso il conservatorio di Ferrara. Nella musica di Tiziana Scimone del “Il lamento del mare” vi è una commissione di diversi suoni, tra il calabrese e l’arabo, tra la chitarra battente e il Duk Duk (Gabriele Albanese) e il Kaval (Mirko Mungari), che hanno l’intento di creare una sinergia tra i diversi stati, che vivono l’arrivo di flussi di migranti.
Il popolo calabrese, proprio in questi tragici momenti, ci insegna per quale motivo la sofferenza sia, a tutti gli effetti, una condizione per annullare il male peggiore dell’attuale società, cioè quello dell’indifferenza. Le nostre radici magnogreche non mentono mai: l’ospite, il naufrago, lo straniero, sono sacri, vanno accolti, ospitati, rifocillati, onorati. In quanto esseri umani, anche nella disperazione si mantiene “l’umanità”. Se una madre mette su un barcone il proprio figlio, con tutte le incognite del viaggio è perché mossa dalla disperazione o per realizzare un sogno di speranza e di libertà. Una madre sa, che potrebbe perdere la vita e non arrivare mai a toccare terra, ma questo è l’ultimo ma di sicuro, il più grande gesto d’amore.
“Il lamento del mare” è uscito il 10 febbraio ma, a soli 15 giorni, quasi come una profezia dà voce a chi non ha voce, poiché diventa virale con la tragedia in mare dei Migranti di Cutro (KR). Subito Radio Vaticana e Rai 3 così come molti altri media in Italia e all’estero, supportano questa voce di dolore, di silenzi che arriva dal rumore del mare, dalla burrasca e della bonaccia, delle onde della risacca, e che del mare si sente solo il lamento. “Il lamento del mare” dove la vita è per sua natura cause ed effetto di mescolanza di Popoli, di cultura e, di Lingue e, di usanze, di religione, di suoni, di comportamenti. “Il lamento del mare” l’anno scorso partecipa a Sanremo rock e quest’anno, è stato selezionato per il Premio Voci per la Libertà di Amnesty International e grazie a Promuovi la tua Musica, che ne ha riconosciuto l’ulteriore valore, la voce del “Il Lamento del Mare”, si estende tra il Nord e il Sud dell’Italia ottenendo il Premio Comunicazione Radio e Stampa.
Nel silenzio arriva il rumore del mare, della vita che è contaminazione, e la contaminazione è bella: più di mille prediche, in cui In questo brano mescolato di arabo e di dialetto calabrese e di tutte le armonie gli strumenti musicali del Mediterraneo, questo dice. La musica fa il resto punto la musica non ha bisogno di traduzioni. La musica è, la musica scavalca oceani e steccati, e arriva al cuore. Come la Pietà, come il dolore, come l’amore. La musica, come una potente cassa di risonanza, dice tutto questo e arriva al cuore della gente. «Il mondo si può condividere in un eterno viaggio dell’umanità, poiché il fenomeno migratorio esige “un’anima grande, come il mare, seppur vasto, azzurro, immenso e spesso in burrasca, dentro cui, nella profondità silente, accoglie lo straniero, senza chiedere né visto né identità”», dice Tiziana.
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