Fa causa contro la società che lo ha licenziato perché vegano, la sentenza del tribunale del lavoro gli dà ragione: non si può discriminare un dipendente in base alla sua fede vegana
LONDRA ‒ Il veganesimo etico è paragonabile a un credo religioso o filosofico, e di conseguenza chi abbraccia questo pensiero non va discriminato.
Lo stabilisce la corte di Norwich, che ha emesso una sentenza storica. Jordi Casamitjana, 55enne residente a Londra, era stato licenziato. L’azienda per cui lavorava, la League Against Cruel Sports, è un’organizzazione benefica a difesa degli animali e contro gli sport violenti come la caccia alla volpe. Jordi aveva più volte avanzato obiezioni in merito al fatto che il fondo pensioni dell’associazione faceva investimenti in ditte farmaceutiche che effettuano test sugli animali: una evidente contraddizione. Che per lui, profondamente vegano, era inaccettabile. È stato ammonito, e in seguito licenziato per “grave inadempienza”. In realtà, secondo lui e i suoi legali il licenziamento sarebbe dovuto al suo credo vegano, e non alla “cattiva condotta”.
La corte di Norwich ha dato ragione a lui.
Il veganesimo etico si impegna per l’esclusione di ogni forma di sfruttamento degli animali. La filosofia vegana porta infatti Jordi a spostarsi a piedi anziché prendere il bus per evitare di investire accidentalmente uccelli o insetti, o a non utilizzare banconote perché contengono sostanze animali: coinvolge, insomma, molti aspetti fondamentali della sua vita.
Ai sensi dell’Equality Act del 2010, la sentenza stabilisce che il veganesimo etico è un “credo filosofico” e come tale va difeso da ogni discriminazione al pari delle altre categorie tutelate da questa legge, ovvero età, sesso, orientamento sessuale, razza, religione, maternità, disabilità, matrimonio. “Sono molto felice per questo verdetto”, ha affermato Jordi: “spero che abbia conseguenze positive per tutti i vegani”.