Cinema

“Tutankhamon. L’ultima mostra”, il documentario al cinema: ecco quando

Il documentario con la voce narrante di Manuel Agnelli, diretto da Ernesto Pagano e prodotto da Laboratoriorosso e Nexo Digital sarà al cinema dal 9 all’11 maggio

Dal 9 all’11 maggio esce al cinema “Tutankhamon. L’ultima mostra“, il documentario con la voce narrante di Manuel Agnelli, diretto da Ernesto Pagano e prodotto da Laboratoriorosso e Nexo Digital, a cento anni dalla scoperta della tomba del Faraone che ha rivoluzionato la storia dell’archeologia. Per la prima volta gli spettatori cinematografici avranno così un’opportunità straordinaria: incontrare il faraone, rivivendo sul grande schermo quei momenti unici e seguendo in esclusiva lo spostamento di 150 oggetti del tesoro di Tutankhamon per la più grande mostra internazionale mai dedicata al Golden Boy che il fotografo Sandro Vannini ha seguito in esclusiva mondiale: l’ultima mostra in assoluto dedicata al tesoro perché per volere del governo egiziano ora questo patrimonio immenso diverrà inamovibile e potrà essere visitato solo nella sua sede del Cairo. A guidare lo spettatore attraverso la scoperta, la voce di Manuel Agnelli, sin da giovanissimo appassionato di Antico Egitto e rimasto folgorato dalla visita della tomba di Tutankhamon nel 1996.

TRAILER

Il docu-film offre un accesso esclusivo ad alcuni dei luoghi che ancor oggi rappresentano il cuore pulsante della leggenda di Tutankhamon, proprio a partire dai primi istanti che segnarono la scoperta della celebre tomba. “Fra il profondo silenzio, la pesante lastra si sollevò. La luce brillò nel sarcofago. Ci sfuggì dalle labbra un grido di meraviglia, tanto splendida era la vista che si presentò ai nostri occhi: l’effige d’oro del giovane re fanciullo”, annotò Howard Carter. Scopriremo questa storia attraverso i dipartimenti dell’area restauro del nuovo Grand Egyptian Museum di Giza, ancora chiuso al pubblico, e il Museo Egizio di piazza Tahrir del Cairo, dove – in occasione dell’ultima tournée internazionale organizzata per la mostra “KING TUT. Treasures of the Golden Pharaoh” – osserveremo a pochi centimetri di distanza gli oggetti del tesoro del faraone e i passaggi più impegnativi e poco noti del backstage della mostra, come lo spostamento dell’imponente Statua del Guardiano del Re in legno dipinto e dorato, mai più mossa da quando Carter l’aveva inviata da Luxor al Cairo alla fine degli anni ’20.

Grazie a uno dei più ricchi archivi fotografici privati del mondo dedicati al tesoro e grazie a materiali fotografici e cinematografici originali raccolti tra il Metropolitan Museum di New York e il Griffith Institute di Oxford, gli spettatori potranno rivivere i momenti più emozionanti della scoperta di Carter, l’eco della celebre maledizione di Tutankhamon, i frammenti della storia del giovane faraone: un ragazzino elevato al rango di semidio, morto prematuramente e accompagnato in una tomba di fortuna per intraprendere il viaggio attraverso l’eternità insieme al suo ricchissimo corredo funerario. Dopo un regno effimero, Tutankhamon morì nel 1824 a. C. e venne ben presto dimenticato. Ma per un intreccio di casualità, 3342 anni dopo la sua sepoltura, il suo nome è diventato, tra quello dei faraoni dell’antico Egitto, l’unico capace di travalicare ogni confine, guadagnando una forma di eternità del tutto inattesa: quella della celebrità. Il racconto storico permetterà di arrivare anche all’epoca contemporanea quando il celebre archeologo Zahi Hawass, Ministro delle Antichità Egizie fino al 2011, trasformò il Golden Boy in un ambasciatore d’Egitto nel mondo. Fu in quegli anni che per la prima volta venne fatta una TAC alla mummia del faraone per indagarne le cause della morte: proprio alle scansioni di quelle TAC è stato concesso l’accesso esclusivo in occasione del docu-film.

Saranno le fotografie ad altissima risoluzione di Sandro Vannini, fotografo tra i più prolifici del tesoro di Tutankhamon e unico ad aver avuto acceso al tesoro liberato dalle sue vetrine prima della partenza della tournée della mostra “KING TUT. Treasures of the Golden Pharaoh”, a raccontare come gli oggetti danneggiati nel corso della Rivoluzione del 2011 abbiano recuperato le loro fattezze originarie grazie al sapiente lavoro dei restauratori: il lavoro di Vannini è basato principalmente su tecnologie digitali sofisticate e d’avanguardia che, applicate alla ricostruzione virtuale, alla fotografia e alle riprese video, rappresentano la nuova frontiera della narrazione e della descrizione dei Patrimoni Artistici e Culturali. Attraverso le spettacolari e rivoluzionarie fotografie di Vannini si snoda anche la ricostruzione di stralci della vita e del rituale funebre del faraone della XVIII dinastia. Secondo gli egizi, l’eternità di un uomo finirà soltanto quando non ci sarà più nessuno al mondo a pronunciare il suo nome. Ma la maschera d’oro di Tutankhamon e il suo nome rimangono e rimarranno ben incisi e vivi nella memoria dell’umanità. E continueranno ad essere pronunciati ad alta voce, come accade in questo film.

COLONNA SONORA

La colonna sonora del film è firmata da Marco Mirk e sarà disponibile da maggio su etichetta Nexo Digital. Spiega Marco Mirk: “In fase di scrittura, la bellezza unica e ammaliante dei tesori della tomba di Tutankhamon mi ha portato a creare musiche orchestrali e sognanti, colorate da chitarre elettriche dilatate e pianoforti arpeggiati, mentre le scene del film legate agli aspetti ultraterreni del culto della vita eterna egizia mi hanno suggerito in modo naturale parti più psichedeliche con synth scuri e dal sapore enigmatico. Nella parte del film dedicata all’allestimento a Londra della più grande mostra su Tut mai realizzata, sono stato decisamente colpito dalla difficoltà logistica e dalla delicatezza dell’operazione di trasporto dei reperti archeologici dal Cairo all’Inghilterra, che mi hanno fatto optare per sonorità più post rock con batterie riverberate e chitarre desertiche”.

SINOSSI

Egitto. Valle dei Re. È il 26 novembre 1922 quando l’archeologo ed egittologo britannico Howard Carter, fatto un piccolo foro nell’intonaco di copertura di una parete sotterranea, getta per la prima volta lo sguardo nella camera sepolcrale della tomba del faraone Tutankhamon. La stanza è stracolma di oggetti e praticamente intatta e si appresta ad entrare nella leggenda.

“Vedete qualcosa?” – gli chiede Lord Carnarvon, archeologo dilettante e finanziatore della spedizione. “Sì, vedo cose meravigliose” – risponde Carter.

In occasione del centenario di quella rivoluzionaria scoperta, Tutankhamon. L’ultima mostra offre per la prima volta agli spettatori cinematografici la straordinaria opportunità di incontrare il faraone, rivivendo sul grande schermo quei momenti unici e seguendo in esclusiva lo spostamento di 150 oggetti del tesoro di Tutankhamon per la più grande mostra internazionale mai dedicata al Golden Boy.

Tutankhamon è un nome ormai entrato nell’immaginario collettivo mondiale: per tutti racchiude quanto di più imponente e misterioso possano evocare l’Antico Egitto, le sue piramidi, la leggenda della maledizione del faraone. Pochi, però, associano la sua celebrità a una convergenza di fatti unici e soprattutto all’ostinazione di quell’archeologo inglese che ne scoprì la tomba proprio negli anni in cui mezzi di comunicazione di massa cominciavano a rivoluzionare completamente le nostre vite.

Il docu-film ripercorre quella incredibile storia e offre un accesso esclusivo ad alcuni dei luoghi che ancor oggi ne rappresentano il cuore pulsante. Scopriremo così il Museo Egizio del Cairo osservando a pochi centimetri di distanza gli oggetti del suo tesoro, affiancheremo gli esperti durante i restauri e gli spostamenti delle opere, viaggeremo con loro in tournée, tra Los Angeles, Parigi, Londra.

Grazie a uno dei più ricchi archivi fotografici privati del mondo dedicati al tesoro e grazie a materiali fotografici e cinematografici originali raccolti tra il Metropolitan Museum di New York e il Griffith Institute di Oxford, gli spettatori potranno rivivere i momenti più emozionanti della scoperta di Carter, l’eco della celebre maledizione di Tutankhamon, i frammenti della storia del giovane faraone: un ragazzino elevato al rango di semidio, morto prematuramente a diciannove anni e accompagnato in una tomba di fortuna per intraprendere il viaggio attraverso l’eternità insieme al suo ricchissimo corredo funerario.

Tutankhamon, dopo un regno effimero, morì nel 1323 a. C. e venne ben presto dimenticato. Ma per un intreccio di casualità, 3342 anni dopo la sua sepoltura, il suo nome è diventato, tra quello dei faraoni dell’antico Egitto, l’unico capace di travalicare ogni confine, guadagnando una forma di eternità del tutto inattesa: quella della celebrità.

DENTRO LA TOMBA DI TUTANKHAMON: IL MONDO TERRENO, IL MONDO ULTRATERRENO

Per gli antichi Egizi la morte non rappresentava la fine di tutto, ma costituiva il momento di passaggio verso un’altra forma di vita. Perché il corpo del defunto potesse continuare a vivere nell’aldilà, era necessario che fosse preservato integro attraverso la mummificazione. La mummia di Tutankhamon era conservata nel suo celebre sarcofago, custodito in santuari di legno dorato, arricchiti dalle incisioni della mappa del viaggio che lo attendeva e della mappa dei ricordi della sua vita terrena. Sulle porte del secondo santuario in legno laminato d’oro furono impresse le scene che raccontavano questo ciclico peregrinare: Iside, dea della maternità e della magia, presenta Tutankhamon ad Osiride, dio dell’Oltretomba. In maniera speculare, Maat, dea dell’Ordine, conduce Tutankhamon dal dio solare, il raggiante Ra Orakhti. Tra la luce e il buio, in moto ciclico e perpetuo, ricalcando il moto della terra che produce il giorno e la notte, c’è lui, il re, testimone e artefice del miracolo della luce del sole, che a ogni alba risorge sulla sabbia del deserto, sui campi, sul fiume Nilo. Ancor oggi le pitture murarie della tomba del faraone ci raccontano il corteo funebre che accompagnò Tutankhamon al suo sepolcro, mentre gli ornamenti posti sul corpo ci parlano della sua metamorfosi da creatura organica a creatura divina e dorata, perché è d’oro, il metallo eterno, la carne degli dei. Sulle dita di mani e piedi sono posti ditali d’oro, sul suo corpo ricadono centinaia di gioielli e amuleti protettivi. Il suo volto, coperto da una maschera d’oro di dieci chili, diventa il volto di Osiride, dio dell’Oltretomba. E così ogni volto, forgiato sui sarcofagi che lo racchiudono è sempre quello del dio dei morti, raffigurato con la tipica barba raccolta in una treccia.

Ma com’era l’Egitto, quello terreno, da cui proveniva il re? Ce lo raccontano i contenitori per il cibo, accatastati in grandi quantità sotto uno dei suoi letti. “Aprendo” uno di questi contenitori entriamo in un racconto per immagini che ci porta, con le pitture murarie, ad assaggiare il pane di cui si nutriva il popolo, la birra che lo confortava dopo la fatica nei campi, il vino che scorreva a fiumi nei banchetti di nobili e semidei, quale era il faraone. Quel bambino, figlio di un re eretico, Akhenaton, si sarebbe fatto carico del fardello della corona a soli nove anni. Ma cosa sappiamo davvero di quel ragazzino? Quasi nulla. Tuttavia, dei frammenti della sua storia vanno ricercati sul suo corpo. Era zoppo al piede sinistro. Lo dice il suo scheletro scandagliato dalla TAC e lo dice anche la sua collezione di bastoni, ammucchiati a centinaia nella sua tomba. Era probabilmente anche molto devoto ad Ankhesenamon, la sua sposa, raffigurata con tratti delicati mentre lo accompagna in diversi momenti della vita quotidiana.

Poche altre sono le informazioni che lo riguardano. Gli storici sono concordi nel dire che, tutto sommato, fu un re effimero, la cui tomba aveva avuto la fortuna di essere dimenticata in mezzo a tombe di faraoni ben più noti. Questo la risparmiò dal saccheggio e assicurò, forse a lui solo, l’eternità.

Secondo gli egizi, l’eternità di un uomo finirà soltanto quando non ci sarà più nessuno al mondo a pronunciare il suo nome. Ma la giostra dei media e delle mostre internazionali, così come dei documentari e dei libri fotografici, continua a vorticare, luccicante e piena di fascino, attorno al nome e al volto del faraone bambino. Quella maschera d’oro, quel nome, rimangono e rimarranno ben incisi e vivi nella memoria dell’umanità. E continueranno ad essere pronunciati ad alta voce.

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Redazione
Argomenti: filmtrailer

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