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UILPA: “La pressione fiscale sta distruggendo le classi medio basse del Paese”

“I dati che si rilevano dal Rapporto 2017 sulla finanza pubblica della Corte dei Conti confermano le nostre preoccupazioni: la pressione fiscale sta distruggendo le classi medio basse del Paese”. Lo afferma in una nota il Segretario Generale della UILPA, Nicola Turco, il quale aggiunge: “Il reddito da lavoro dipendente viene praticamente dimezzato dai prelievi fiscali e contributivi, un onere che eccede di ben  10 punti quello che si registra mediamente nel resto d’Europa”.

“Ma – continua Turco –  se da una parte la pressione fiscale è oltre i limiti della sostenibilità, dall’altra si rileva l’incapacità di rendere esigibili i crediti accertati e vantati dal fisco italiano che, sempre secondo i dati forniti dal massimo organo della magistratura contabile,  hanno superato i 730 miliardi di euro, di cui purtroppo troppi sono ormai divenuti inesigibili. E la mancanza di dati certi sulle somme effettivamente recuperate dall’evasione fiscale rendono del tutto  aleatoria l’effettività del loro frequente utilizzo a fronte di maggiori spese o riduzioni di entrate, ricorrenti nelle manovre di finanza pubblica”.

“E’ un gatto che si morde la coda – incalza il Segretario Generale della Uilpa – ma a farne le spese sono sempre lavoratori dipendenti e pensionati. Il prelievo coattivo alla fonte garantisce allo Stato il maggior introito da entrate tributarie, un fatto, questo, che ha determinato il progressivo impoverimento delle buste paga e l’erosione del potere di acquisto fino a livelli insopportabili”.

“E se queste sono le conseguenze della mancanza di una politica fiscale strutturata e soprattutto equa – conclude Turco – dobbiamo  insistere nel sollecitare un’inversione di tendenza. Occorrono misure in grado di alleviare il peso del fisco e,  nel Pubblico Impiego,  vigileremo in primis per rendere esigibili, come nel mondo del lavoro privato, gli strumenti necessari per la defiscalizzazione del salario accessorio, prevista nell’Accordo Governo Sindacati dello scorso 30 novembre”.

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Redazione L'Opinionista

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