Una chiacchierata con Riccardo, chirurgo e scrittore

113

studio medicoROMA – Ha posteggiato l’auto decappottabile davanti al “Caffè Rosati”. Il vigile non gli fa la multa: lo conosce, perché all’ora dell’aperitivo, verso sera, Riccardo esce puntualmente dalla sua auto con il suo fedele bastardo. E mentre Zingaro attraversa su e giù lo slargo che unisce le due chiese gemelle, il padrone pensa, incontra gli amici, si racconta.

Allora, professore, come spiega questo boom della medicina?
“La gente spera di vivere meglio e più a lungo. Qualcuno vorrebbe addirittura essere eterno. Noi ci proviamo, ma virus e batteri si sono organizzati”.

Si dice che sopravviveremo con organi di animali…
“Può essere. Ma accontentiamoci di mantenere sani quelli che abbiamo dalla nascita. Noi conosciamo il nostro fegato o il nostro cuore: ma anche loro conoscono noi, e ci parlano con un linguaggio misterioso”.

Come, ci parlano?
“Sul serio. Soprattutto di notte, quando siamo rilassati, e il cervello è più libero, non è sollecitato da fastidiosi imput esterni. Bisogna stare molto attenti per percepire le voci dei nostri organi, Ci sono flussi di cellule da uno all’altro. Un ping pong di segnali sordi, freddi, annacquati”.

Lei è anche uno scrittore, lavora di fantasia.
“Macchè. Io credo che la medicina sia miope. Ti cura quella parte del corpo, e solo quella parte. Non tiene conto dalla testa ai piedi, noi siamo creature compatte, attraversate costantemente da una corrente elettrica, da ruscelli di sangue che ci irrorano in forma capillare. Guardate Zingaro…”.

E mi indica il suo cane bastardo. Poveretto, ha una ferita vicino alla coda. E la bestia di pelo grigio, si curva all’indietro, fino a leccarla.

“Lo vedete? Si cura da solo. Ma non è soltanto la sua lingua che combatte la piaga, è la volontà di tutte le cellule del suo corpo. Così noi, Quando una parte del nostro corpo s’ammala, dentro di noi suona una specie di campanello d’allarme, e tutti gli organi ripensano e adeguano le loro funzioni per risolvere proprio e soltanto quel problema”.

Allora gli anticorpi, le medicine sono già dentro di noi?
“Certo. I medici lo sanno ma non lo dicono. Centinaia di prodotti costosi che trovate in farmacia servono a ben poco. Sollecitano soltanto dei semplici effetti placebo. Le medicine del terzo millennio le abbiamo inventate nella preistoria: abbiamo gangli di energia inespressa, che dobbiamo cominciare a sfruttare”.

Ci vuole fare sognare?
“No. Voglio svegliarvi. La mente di un uomo sensibile e attento, può intervenire su un organo malato. Può ridargli luce e ossigeno. Basta volerlo. Ma senza rabbia o fretta. Ci vuole calma. Concentrazione e ancora calma. E poi voglia di guarire, di vivere più a lungo possibile”.

E allora perché usate i bisturi, asportate, amputate?
“I bisturi è l’ultima spiaggia. Ma anche quello lo si può usare con amore. Non l’ho mai detto, ma quando sono costretto a tagliare anche dei vasi sanguigni, adopero il bisturi con amore, come se il corpo là sotto fosse quello di mia madre…è incredibile, ma i danni si limitano, il sangue si coagula. E io non credo di sfruttare con il bisturi tutte le mie energie mentali. Devo crescere ancora. Conoscere l’estremo dei miei limiti”.

Zingaro è ancora ai piedi di Riccardo. Si strofina contro i suoi pantaloni. Come se chiedesse di guarire più in fretta la sua ferita anche alle gambe del chirurgo.
“Cominciare a capire… Certo, lui cerca contatto con energie sane per aiutare la sua ferita a rimarginarsi. Gli anticorpi che ha dentro non gli bastano”.

Poi Riccardo, più poeta che chirurgo, osserva le due chiese gemelle.
“Quelle due costruzioni sono quasi identiche. Immaginate che siano due creature ammalate. Una morirà, e una si salverà: ‘la chiesa degli artisti’ o quella di ‘Maria dei miracoli’? Cederà per prima quella che aspeterà gli aiuti concreti dell’uomo. Guarirà quella che non mollerà la propria fede, che continuerà a pregare indipendente, senza aprire il portone agli scettici”.

Dunque nella medicina del futuro l’uomo riscopre l’uomo.
“L’ha capito persino Zingaro. La sua ferita, sta già guarendo”.