Un grandioso piano di investimenti federali nelle energie a basso impatto ambientale, la creazione di milioni di posti di lavoro e un’economia 100% fossil flue free. Il tutto verrebbe finanziato attraverso una tassa sui super-ricchi, ovvero su coloro che guadagnano più di 10 milioni di dollari l’anno.
La rivoluzione auspicata dai democratici di Ocasio-Cortez si disegna infatti sul duplice fronte ecologico e sociale: entro il 2030 si dovrà arrivare al divieto dell’uso di combustibili fossili, ed entro il 2050 saranno azzerate le emissioni di gas serra; e l’obiettivo si dovrà raggiungere aumentando le imposte sui ceti privilegiati.
Tra gli elementi critici della decarbonizzazione delle fonti energetiche vi potrebbe essere la perdita di numerosi posti di lavoro, legati all’estrazione e alla raffinazione delle energie fossili; ma, di contro, spiega Ocasio-Cortez, si creeranno possibilità di occupazione maggiori di quelle perse, proprio in ragione delle numerose infrastrutture che saranno necessarie per la produzione delle energie rinnovabili. La rivoluzione energetica è prevista dai democratici del Green New Deal come inscindibilmente legata a un piano sociale: le comunità che hanno perso il lavoro saranno aiutate a trovarne immediatamente un altro.
Tra i firmatari del progetto troviamo l’economista neo-keynesiano Paul Krugman, il socialdemocratico Bernie Sanders, la senatrice democratica e candidata alle presidenziali 2020 Elizabeth Warren, l’economista greco Yanis Varoufakis, la studiosa di economia dell’innovazione Mariana Mazzucato.
Negli ultimi anni si sono moltiplicati i danni ambientali per gli Stati Uniti. E, se il presidente Trump continua a definire gli allarmi climatici ‘un’invenzione’, sempre più numerosi sono i parlamentari, sia democratici che repubblicani, che stanno valutando la necessità di un urgente piano per la ecosostenibilità. Contestualmente, si fa più vivace il dibattito sull’opportunità di un intervento consistente dello Stato nell’economia, in un momento in cui la ripresa economica incontra ostacoli e fatica a decollare.
La crisi finanziaria del 2007 e quella che ha colpito l’economia reale nel 2009 hanno portato più volte gli esperti a individuare analogie con la Grande depressione del ’29. Disoccupazione, fallimenti di aziende, diminuzione dei consumi sono fenomeni in crescita negli Stati Uniti e in alcuni dei principali Paesi dell’occidente industrializzato. E il mercato capitalistico regolato unicamente dalle leggi della domanda e dell’offerta sembrerebbe non essere in grado di garantire, da solo, la ripresa economica: a quanto pare, potrebbe essere necessario un intervento dello Stato. Una dei sostenitori del Green New Deal, l’economista Mariana Mazzucato, ha spiegato in uno dei suoi studi che in realtà negli Stati Uniti il principale motore dell’innovazione è stato proprio l’intervento pubblico: il web, i prodotti Apple, il motore di ricerca di Google, il sistema GPS sono nati grazie a ingenti investimenti statali. Secondo Mazzucato, ci sarebbe più intervento statale nell’economia americana che in quella europea. Ed è per questo che, afferma la studiosa, nel finanziare lo sviluppo di nuove tecnologie i governi dovrebbero esigere che una parte dei profitti venga reinvestita per il bene pubblico.
Da parte sua, Trump si è espresso contro il piano presentato da Ocasio-Cortez attraverso un sarcastico tweet: “Penso sia molto importante per i democratici portare avanti il loro Green New Deal. Sarebbe fantastico per il cosiddetto ‘Carbon Footprint’ eliminare definitivamente tutti gli aerei, le automobili, le mucche, il petrolio, il gas e i militari, anche se nessun altro paese farebbe lo stesso. Brillante!”. Dimostrando un’assoluta mancanza di disponibilità al dialogo, ha confermato ancora una volta il suo negazionismo climatico.
A cura di Barbara Miladinovic
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