“Vivaci trasparenze” la mostra delle ceramiche di Yaozhou a Venezia

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Chicago cat. No. 18 – Vaso istoriato, Grès con invetriatura verde-azzurra, Fornaci di Yaozhou, Dinastia Song, Settentrionale (960-1127) H. 15.5 cm. Collezione Shang Shan Tang

Il Museo d’Arte Orientale di Venezia ospita dal 7 settembre al 23 ottobre 2022 la mostra di ceramiche delle manifatture di Yaozhou

VENEZIA – Yaozhou, distretto della Cina settentrionale, situato a circa 100 km a nord di Xi’an dove si trova il celeberrimo esercito di terracotta del Primo Imperatore, diventa protagonista di “Vivaci Trasparenze: ceramiche di Yaozhou dalla collezione Shang Shan Tang” la mostra di ceramiche interamente dedicata alle manifatture di Yaozhou che si terrà al Museo d’Arte Orientale di Venezia dal 7 settembre al 23 ottobre 2022, con l’organizzazione di Fondazione Università Ca’ Foscari e MAOV.

Università Ca’ Foscari Venezia, con il suo Dipartimento di Studi sull’Asia e Africa Mediterranea, e Museo d’Arte Orientale della Direzione regionale Musei Veneto tornano ancora una volta a collaborare per la realizzazione di eventi di elevato profilo scientifico e insieme divulgativo, in una sinergia di intenti utile e necessaria per la diffusione della conoscenza delle culture extraeuropee.

La fornace di Yaozhou, attiva tra l’VIII e il XIII secolo, rivoluzionò la produzione di ceramiche del genere celadon, diventando la manifattura più influente di tutto l’impero. In ambito ceramico la Cina detiene diversi primati: è stata infatti il primo paese ad inventare la porcellana tra la fine del VI e l’inizio del VII secolo (mentre in Europa ci sono riusciti mille anni dopo gli alchimisti alla corte di Augusto il Forte (1670-1733) a Meissen), ma, ancora prima, nel XIII secolo a.C., lì erano stati realizzati oggetti dal corpo altamente refrattario rivestito con uno strato di invetriatura verde (con varie sfumature), comunemente noti in Occidente con il nome di celadon e in Cina come qingci (gres con invetriatura verde-azzurra). Questo genere ceramico ha riscosso un successo enorme proprio per le sue tonalità verdi-azzurre che evocano la giada, il materiale simbolo della Cina, o la patina sui bronzi antichi, altro emblema della millenaria civiltà cinese.

Le 96 opere in esposizione provengono tutte da una collezione privata straniera, la上善堂 Shang Shan Tang, alla lettera “Sala del sommo bene”, che include una delle raccolte di ceramiche di Yaozhou più complete al mondo, con esemplari di eccellente qualità, che testimoniano lo sviluppo della manifattura.

Tutti i pezzi saranno esposti nella suggestiva sala 12 del Museo d’Arte Orientale, che nel 1928 fu destinata a ospitare le porcellane cinesi di quella che fu un tempo la collezione di Enrico di Borbone. Lo storico allestimento ideato da Nino Barbantini è stato preservato da allora e armonizza gli straordinari pezzi asiatici con i caratteri di un appartamento rococò, adorno di specchi e stucchi settecenteschi, creando un ambiente di grande fascino.

La fornace delle meraviglie

La storia della fornace di Yaozhou è sorprendente: da opificio modesto, nel X secolo si era già specializzata nella produzione di celadon di alta qualità (fino a quel momento appannaggio delle manifatture meridionali), attraverso una serie di conquiste tecnologiche dettate dall’esigenza di risolvere difetti e inconvenienti. Nota in seguito soprattutto per la fabbricazione di celadon dalla tonalità verde oliva con motivi decorativi incisi o impressi sotto l’invetriatura, era stata impiantata per produrre ceramiche con coperta nera per uso quotidiano domestico e il genere a smalti policromi sancai (“tre colori”) destinato per lo più ai corredi funerari. La Cina settentrionale era nota per la produzione di porcellana e gli artigiani di Yaozhou si cimentarono anche nella fabbricazione di ceramica bianca (falsa porcellana), realizzata coprendo le impurità presenti nelle argille del corpo con uno strato di ingobbio bianco prima dell’applicazione della vetrina trasparente incolore. I risultati erano però deludenti: più che bianco, il rivestimento risultava di un giallo poco attraente che indusse i fuochisti ad avventurarsi nel complesso, e per loro sconosciuto, sistema della cottura in atmosfera riducente (priva di ossigeno).

Le analisi chimiche hanno mostrato che la ricetta per corpo e invetriatura rimase invariata, ma grazie alla cottura in riduzione, la coperta risultava di un verde più che soddisfacente, quando il titanio contenuto nell’ingobbio non interferiva ingiallendola. Per ovviare a questo problema, i ceramisti iniziarono a rivestire completamente gli oggetti prima di ingobbio bianco e poi di vetrina. Tale metodo presentava però un’altra sfida: durante la cottura, l’invetriatura diventa una potentissima colla, rendendo quindi necessario limitare il più possibile i punti di contatto del piede di ogni oggetto con il fondo del contenitore nel quale veniva inserito per la cottura. Anche in questo caso i vasai di Yaozhou dimostrarono grande ingegno raffinando progressivamente la tecnica fino a concepirne una che lasciava soltanto tre piccole cicatrici sulla base. Tale pratica è comunemente associata alle celebratissime ceramiche Ru (prodotte dalla fine dell’XI secolo per un centinaio di anni) e considerata una grande conquista dei ceramisti di Ru, ma in realtà furono i colleghi di Yaozhou a inventarla centocinquanta anni prima. Una nuova sfida si presentò nell’XI secolo, quando i fuochisti adottarono il carbone (in sostituzione della legna che scarseggiava) come combustibile per alimentare le fornaci. La diversa resa del carbone rispetto alla legna impose modifiche significative alla pianta dei forni, mentre il rapido raffreddamento alla fine del ciclo di cottura garantiva invetriature trasparenti (al contrario di quelle precedenti che invece erano translucide).

La trasparenza era importante affinché i motivi decorativi eseguiti sul corpo sottostante fossero ben leggibili: il nuovo gusto estetico, infatti, prediligeva oggetti intensamente ornati, ma, sotto una coperta translucida, i decori apparivano nebulosi; perciò, i fuochisti di Yaozhou sfruttarono la piena maturità raggiunta dalle vetrine cotte nei forni alimentati a carbone, raffreddandole rapidamente. Quanto alla sfumatura verde oliva che contraddistingue le coperte di questo periodo, recenti analisi chimiche hanno indicato una modifica della ricetta, probabilmente dovuta alla composizione delle materie prime locali, caratterizzata da un aumento della percentuale di titanio, responsabile di questa tonalità.

L’invetriatura opalina tornò in auge tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo con le ceramiche Ru, molto apprezzate dall’imperatore Song Huizong (r. 1100-1126) che le volle utilizzare a corte. Ancora una volta i ceramisti di Yaozhou seppero rispondere prontamente alla nuova moda, creando la cosiddetta vetrina “chiaro di luna”, dall’aspetto simile alla giada, translucida, brillante, morbida, e caratterizzata da una tonalità di verde molto tenue (al contrario del celeste tipico degli esemplari Ru). Nel XIII secolo le manifatture di Yaozhou andarono in disuso per essere riscoperte attraverso una serie di campagne archeologiche soprattutto negli anni ‘90 del secolo scorso che ne hanno dimostrato il ruolo cruciale nello sviluppo della storia della ceramica cinese.

Dalla tecnologia ai temi decorativi

Per apprezzare appieno la produzione di Yaozhou, la mostra è organizzata per temi, a partire da quello tecnologico in modo da cogliere la sofisticatezza degli esperimenti condotti nel tempo dai ceramisti di Yaozhou, sempre pronti a raccogliere le sfide poste dalle caratteristiche intrinseche alle materie prime locali, a innovare costantemente la produzione e ad adattarsi alle mode del momento. Alcune teche sono centrate intorno ai motivi decorativi intagliati, incisi, o impressi che contraddistinguono i celadon di Yaozhou: peonie (metafora della sensualità femminile), crisantemi (simbolo dell’autunno e della saggezza che si acquisisce con gli anni), loti (introdotti con il buddhismo), bambini che giocano (augurio di progenie numerosa e discendenza ininterrotta), anatre mandarine in uno stagno (emblema di fedeltà coniugale), mini sculture raffiguranti tartarughe applicate sul fondo di piccole tazze per dare l’impressione che stiano nuotando nel liquore che vi si verserà, animali mitologici che evocano storie straordinarie. Altre vetrine sono invece incentrate sulla funzione delle forme utilizzate in ambito domestico, ma anche religioso (soprattutto buddhista).

Una teca è dedicata agli esemplari contrassegnati da iscrizioni, una delle quali di particolare importanza poiché indica che già all’epoca delle Cinque Dinastie (907-960), le fornaci di Yaozhou avevano raggiunto l’eccellenza nella fabbricazione di celadon, tanto da essere incluse nel sistema di tributi per la corte imperiale. Se le manifatture di Yaozhou sono famose per le loro ceramiche dal colore verde oliva, è importante sottolineare che esse eccelsero anche nella produzione dei generi rosso ruggine e nero, quest’ultimo monocromo o chiazzato di rosso con un effetto molto moderno, e infatti una vetrina accoglie le varie tipologie mettendone in evidenza i colori.

A CURA DI
Prof. Sabrina Rastelli Phd
Professore ordinario di Archeologia e Storia delle Arti e filosofia dell’Asia orientale presso l’Università Ca’ Foscari Venezia

INAUGURAZIONE
dalle ore 17 alle ore 19 con presentazione e visita alla sala espositiva. Entrata libera

ORARI DI VISITA
Dal martedì alla domenica
10.00 – 18.00 La mostra è compresa nel ticket d’ingresso al Museo

MAOV Museo d’Arte Orientale di Venezia
Ca’ Pesaro, Sestiere di Santa Croce n. 2076, Venezia