Le numerose immagini di tele e fotografie inserite nell’opera vogliono così sottolineare la stretta interconnessione tra segno verbale e grafico, tra arti figurative e letteratura, con particolare riguardo alla musica: “Musica, pittura, poesia / espressioni sfaccettate della stessa Arte, / insieme legate / nella creatività” (Nella musica).
Dalla simultaneità di diversi codici espressivi scaturisce un fitta trama di efficaci sinestesie capaci di evocare intense sensazioni ed espressioni della propria interiorità: “Anima mia, hai reagito / alle tempeste della vita con energia e pazienza; […] Con me l’ansia esistenziale vivi, / in carta opaca avvolgi il mio dolore, / e parole suggerisci al cuore/perché attenta io il cammin prosegua […]” (Colloquio con l’anima). Altre volte i componimenti prendono l’avvio da un complesso gioco di “ispirazioni parallele” (Miano) che sprigionano l’immaginazione e conducono il lettore in atmosfere incantate, dominate dalla dolcezza dei paesaggi o di figure ritratte dopo la contemplazione di un dipinto attraverso perfette corrispondenze tra il sapiente tocco del pittore e il linguaggio lirico (Un album di fotografie), mentre il suono di antiche melodie genera suggestivi scenari onirici: “Attorno al silenzio danzano improvvise / dolci nostalgiche note di Beethoven. […] Sommesso ma a tratti esaltante / il Notturno di Chopin / che momenti di magia sveglia in me / gli ultimi sogni affrescando […]” (Nella musica).
La peculiarità di Lombardi è quella di dipingere con il verbo, realizzando alla perfezione quanto già asserito dal poeta latino Orazio, per il quale poeti e pittori godono della stessa capacità di osare per dare forma alla materia: “Specchio della parola / una stupenda tela / ove il sorriso e la malinconia / soave si intrecciano / al fascino di un paesaggio, / alla grazia di un interno […]” (Dipinto di poesia).
La lirica di apertura è dedicata all’impressionista Federigo Zandomeneghi, affettuosamente chiamato con il diminutivo Zandò, con cui la scrittrice rivela grande affinità, come sottolinea Rossella Cerniglia: “la poetessa traduce in parole l’arte di questo straordinario pittore, mettendo automaticamente in parallelo certe delicatezze formali di quella pittura con un sentire che le appartiene” (cit.). La lirica ritrae con minuziosa precisone il soggetto della tela dell’artista, la fanciulla al balcone, cogliendo l’intima essenza del dipinto: “Tratti delicati nella tela, / vaporosa veste ferma in vita / con capelli sulla nuca raccolti, / e i pastelli della pittorica tua arte / nell’eleganza intinti / col garbo della veneta tua gente, / dell’intimo tuo cuore / […]” (A Federigo Zandomeneghi). La vicinanza con il pittore è testimone dalla frequente ricorrenza dell’aggettivo possessivo tuo e della particella pronominale ti disseminata in tutto il testo, mentre le anastrofi, i chiasmi e l’assenza di segni di interpunzione accentuano la freschezza del dettato poetico e l’attualizzano: “I colori sfavillanti i contrasti accesi / a segnar geniali abiti ottocenteschi / nastri svolazzanti cappellin piumati / più d’altre opre grati […]” (cit).
Lo stile sobrio e raffinato, la compresenza di due diversi registri linguistici, uno piuttosto aulico con l’uso di termini preziosi e un altro invece maggiormente colloquiale, costituiscono l ’originalità dei testi in cui l’autrice fonde tradizione classica e innovazione, anche in virtù di piacevoli incursioni in un vastissimo patrimonio culturale che si trasfigura in una preziosa fonte a cui abbeverarsi (Mamma, Una scultura del Canova). L’io lirico porge grande attenzione ai silenzi, ai profumi, ai colori e ai suoni impercettibili che racchiudono una natura idilliaca, come si può ben vedere soprattutto nella delicata serie di Haiku (Estate), anche se a volte lontana e distaccata dalle cose terrene ( L’indifferenza, La felicità).
Echi leopardiani risuonano nelle immagini e nelle tematiche affrontate, quali il sogno, il trascorrere del tempo, i ricordi e i rimpianti (Mamma) e nel dispiegarsi di riflessioni filosofiche sul significato dell’esistenza, come in Vanità, dove l’aspetto esteriore diviene metafora del contrasto tra l’essere e l’apparire, tra la realtà e l’illusione: “Sentimento mai sopito vanità. / Esso serve a rinnovarsi,/ad apparir sempre migliori e in forma”. Qui il tessuto fonico con il prevalere di sibilanti suggerisce proprio “l’infinita vanità del tutto” (Leopardi, A se stesso), ma, a differenza del recanatese, Wanda Lombardi conclude con una nota di speranza: “Ben venga allora sobria vanità/se essa almeno, breve tratto, / al mondo darà / parvenza di nitore”.
Non mancano riferimenti alla mitologia (Le Naiadi) o alla spiritualità (Il dono di padre Pio) e spesso le poesie nascono da particolari sensazioni visive, come in Onde, dove le diverse tipologie di flutti, riprodotte anche graficamente con l’alternarsi di versi brevi e lunghi, si associano all’inesauribile flusso dei pensieri e dei sentimenti (“Onda sottile un pensiero buio / che a marina brezza rapida s’increspa, / onda possente ad alimentar costante / crudo destino, / onda lieve di fantasia / che nell’azzurro libera i sogni”), in un continuo movimento dal basso verso l’alto che contraddistingue la silloge e trova il suo correlativo nel “volo di una lucciola smarrita / al fresco di una pianta rigogliosa” (Notte d’argento), simbolo di quell’assoluta libertà che Lombardi ha trovato nella poesia.
Gabriella Veschi
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