“Una canzone con due anime. C’è quella spensierata, che canta “popporoppò” sui tetti di Milano a ritmo di reggaeton. E c’è quella impegnata, che chiede, senza cortesia, di non sprecare tempo alienandosi nel virtuale, ma di tornare alle immagini concrete della vita vera”
Mercoledì 17 novembre 2021 (in distribuzione Sony Music e prodotto da Golpe Music) è uscito Zingaro, il nuovo singolo di Nyco Ferrari. Un nuovo capitolo per il cantautore di stanza a Milano: un brano sfacciatamente pop anche per chi non ascolta pop, per chi spesso cede ai clichè e per tutti quelli che si ritrovano sempre agli aperitivi, ma anche per chi ama il cinema d’autore e i circoli letterari. Qui Nyco Ferrari offre una versione ironica ed ossimorica di sé stesso: un’anima impegnata che si ritrova a ballare con poco.
Nyco Ferrari ci ha gentilmente concesso un’intervista.
“Zingaro” è il tuo nuovo singolo, di che cosa si tratta?
Zingaro è il mio primo tentativo esplicito di farti ballare! Si apre in un mood un po’ conscious con la proposta di evadere da tutto. Poi ti butto lì un ritornello leggero come una canzonetta di Saremo anni ’50, ma solo per farti cascare addosso tutta l’energia del “POPPOROPPO” del drop reggaeton. Anche qui però nascondo un messaggio: alla fine dico “Po-po-po-POCO.” Perché Zingaro è prima di tutto un invito alla leggerezza, a spogliarsi di tutto e ballare con poco.
Che cosa vuoi trasmettere con questo brano?
Easy. Voglio che tu vada easy nella vita, almeno mentre te la ascolti. Mi sono fatto davvero tante tante pare, e invece con Zingaro mi va bene tutto. Spero di trasmetterti questa vibe. Solo una quartina si cala esplicitamente nella critica sociale: “scrollo tik tok / vedo gente sotto shock / vite intere in caps lock / non sanno che basta poco.”Perché un conto è la leggerezza di un sorriso, un conto è la superficialità dello scroll. Sono due atteggiamenti molto simili ma che portano a conseguenze opposte. Con la prima assapori la vita in ogni sua sfumatura. Con la seconda ti trovi all’improvviso davanti ad uno specchio e ti accorgi di non aver mai vissuto. È sempre stato il mio terrore, non vivere a pieno, sempre, tutto.
Che tipo di accoglienza ti aspetti?
A proposito di pare: non mi aspetto nulla. Spero solo che Zingaro piaccia, che stupisca, che diverta, che scuota, e che ti ricordi che nessuno si deve permettere di giudicarti. O meglio, che lo facciano pure, ma poi ricordati che tu hai il tuo mondo, le tue passioni, i tuoi amici, o la tua amata solitudine… puoi anche metterti da solo sotto alla tangenziale a ballare scalzo su un materasso abbandonato. Cioè, questo è quello che farei io, tu fai quello che vuoi insomma!
Come ti sei avvicinato al mondo della musica?
Un po’ era in famiglia: Mio zio è sempre stato un musicista sotto copertura. Però è solo quando a tredici anni ho visto in spiaggia un gruppetto di ragazzi e ragazze che suonavano cantavano insieme che ho voluto prendere in mano la chitarra. Poi dopo la botta di adrenalina del primo concerto mezzo punk all’oratorio era chiaro che ci sarei rimasto sotto.